I lettori attenti di questa rubrica sapranno che mi piace citare di tanto in tanto l'osservazione di Karl Marx secondo cui la storia si ripete, “la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa.” In quelle righe pubblicate originariamente nel 1852, Marx si riferiva al colpo di stato in Francia dell'anno precedente compiuto da Luigi Napoleone, nipote del ben più noto Napoleone Bonaparte. Ma da allora, il suo aforisma è stato applicato in molti contesti in cui gli eventi attuali riecheggiano il passato. La citazione di Marx mi è tornata in mente analizzando i recenti sviluppi in Afghanistan. Nel 1996, quando i talebani presero per la prima volta il potere in quel Paese in frantumi, quella fu senza dubbio una tragedia; innanzitutto per il popolo afghano, ancora una volta privato dell'opportunità di promuovere una politica democratica, e poi per gli Stati Uniti e il resto del mondo. Gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti, il cui 23° anniversario è stato solennemente celebrato la settimana scorsa, avevano trovato brodo di coltura proprio in Afghanistan, dopo che i talebani vi avevano fornito un rifugio sicuro a Osama bin Laden e ad Al-Qaeda. Quella terribile atrocità proprio all'inizio del millennio ha cambiato il corso della storia, innescando una battaglia epica tra la democrazia liberale occidentale, con la sua enfasi sul pluralismo e sui diritti individuali, e una forma islamista di totalitarismo che cercava di schiacciare sul suo cammino qualsiasi cosa che ritenesse una deviazione dalla sua visione.
Puntualmente fecero seguito delle guerre, prima in Afghanistan e poi in Iraq, minacce già esistenti e nuove, in particolare dalla Repubblica islamica dell'Iran, si intensificarono proprio nel momento in cui l'opinione pubblica occidentale si era stancata degli interventi e delle guerre combattute in terre straniere, preparando così il terreno per una rinascita sia dell'anti-imperialismo di sinistra che dell'isolazionismo di destra. Infine, nel 2021, a fronte del disastroso ritiro americano dall'Afghanistan, i talebani tornarono al potere, in una straziante conferma che i 20 anni precedenti erano stati un colossale spreco di sangue e denaro. Anche questa è stata una tragedia, e tuttavia ci sono elementi di farsa che suggeriscono, almeno a mio avviso, che la storia può ripetersi allo stesso tempo come tragedia e come farsa.
Mentre il XX secolo cedeva il passo al XXI, solo pochi specialisti sul posto ed esperti di politica afferrarono la grave minaccia rappresentata dai Talebani. Il resto di noi fu scosso dal suo sonno quando quegli aerei passeggeri si schiantarono contro il World Trade Center, il Pentagono e un campo in Pennsylvania. Vent'anni dopo, con una nuova generazione che stava raggiungendo la maggiore età, abbiamo smesso di preoccuparci e volevamo solo andarcene.
Tutto ciò era ed è una tragedia, e il ritorno dei Talebani è l'aspetto più tragico di tutti.
Ma dov'è la farsa? Tutto questo può essere riassunto in una parola: Gaza. Nonostante l'incompetenza e la corruzione dei loro leader, i palestinesi sono da tempo stati abili nello sfruttare il senso di colpa per il colonialismo e la lunga tradizione di antisemitismo nei Paesi occidentali, anche se molti di loro snobbano i valori che le nostre civiltà rappresentano.
Questo è avvenuto dall'immediato periodo successivo al massacro dell'11 settembre, quando molti hanno ballato per strada e distribuito caramelle per festeggiare, al pogrom del 7 ottobre dell'anno scorso, nel momento in cui Hamas e i gruppi terroristici alleati hanno assassinato, violentato e rapito persone nel sud di Israele. Il risultato?
Come sottolineano costantemente i sostenitori pro-Israele sui social media, apparentemente senza risultato, le nostre strade sono vuote di manifestanti quando si versa sangue in Ucraina o in Sudan o, in effetti, in Afghanistan, ma non appena un missile delle Forze di difesa israeliane colpisce un centro di comando di Hamas a Gaza City o a Rafah, questi escono come topi da una fogna.
Qui sta la farsa. Ecco perché il movimento pro-Hamas deve essere inteso come qualcosa che riguarda molto più dei soli israeliani e palestinesi. La fissazione con la Palestina è una delle ragioni principali per cui l'opinione pubblica occidentale rimane essenzialmente indifferente, e persino sprezzante, verso la sofferenza dei non palestinesi. E forse nessuna situazione attuale illustra questo punto meglio dell'Afghanistan.
Tre settimane prima delle commemorazioni dell'11 settembre di quest'anno, i talebani hanno introdotto la loro “Legge sulla propagazione della virtù e la prevenzione del vizio.”
I suoi obiettivi principali sono le donne, a cui è proibito andare al lavoro o a scuola; a loro è lecito usare i trasporti pubblici solo se scortate da un accompagnatore maschio; e a loro è d’obbligo coprire completamente il viso e il corpo quando sono in pubblico. La cosa più disgustosa di tutte è che alle donne afghane è ora vietato, pena la prigione o l'esecuzione, parlare in luoghi pubblici. Definire queste misure “medievali” significa fare un'ingiustizia al periodo medievale.
Non ci sono state proteste di alcun tipo. I milioni di persone che hanno partecipato alle manifestazioni pro-Hamas in tutto il mondo se ne fregano. Nei circoli politici occidentali, la legge mostruosa dei talebani non viene quasi per niente toccata ; quando il candidato repubblicano Donald Trump e la candidata democratica Kamala Harris si sono scontrati sull’esperienza degli Stati Uniti in Afghanistan durante il loro dibattito presidenziale del 10 settembre, nessuno dei due ha pensato di menzionarlo.
Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tutto ciò che è stato messo insieme è stata una dichiarazione di condanna, e anche quella non è stata unanime, sostenuta com'era da 12 dei 15 membri del Consiglio. Non è un caso che i tre Paesi che si sono opposti alla dichiarazione, i membri permanenti Russia e Cina e il membro non permanente Algeria, siano tutti fermamente allineati con l'Iran e i suoi delegati come Hezbollah e Hamas.
E così ti chiedi invano se i “fottuti figli di papà col fondo fiduciario” della Columbia University e di altri campus, per citare l'indimenticabile descrizione di un funzionario sindacale i cui membri laboriosi sono stati intimiditi e molestati dalla folla delle kefiah il semestre scorso, parleranno mai per le donne afghane (non lo faranno). Ti chiedi invano se il Segretario Generale delle Nazioni Unite, che condanna Israele quotidianamente, troverà il tempo di condannare l'abuso sistemico delle donne con la stessa urgenza e frequenza.
Ti chiedi invano perché uno stupratore di Hamas che ottiene ciò che si merita, venga reinventato come un civile innocente assassinato in un “genocidio”, mentre le donne in Afghanistan vengono trasformate in proprietà personali ed in schiave, e il silenzio intorno a ciò, come il silenzio imposto a loro, è assordante. Ti chiedi invano perché tolleriamo un mondo in cui la moralità è distorta in modo così abominevole.
E poi ti rendi conto: ovunque la tragedia alzi la testa, la farsa non sarà lontana.