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Il Foglio Rassegna Stampa
13.09.2024 Tariq Ramadan doveva essere giudicato a Teheran
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 13 settembre 2024
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il piissimo Tariq scopre che l’occidente liberale è meglio della sharia. Se condannato per stupro in Iran, penzolerebbe dalla forca»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/09/2024, a pag. 1, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Il piissimo Tariq scopre che l’occidente liberale è meglio della sharia. Se condannato per stupro in Iran, penzolerebbe dalla forca".  

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Tariq Ramadan, nipote di Hassan al Banna (fondatore dei Fratelli Musulmani), beniamino della sinistra europea, è stato condannato per stupro a Ginevra. Se fosse vissuto in Iran o in un qualsiasi altro regime che applica la legge coranica che lui vuole, ora sarebbe condannato a morte.

In Pakistan, lo stupro è punibile con la morte. Come in Qatar e in Egitto. In Arabia Saudita, la decapitazione. In Afghanistan, un colpo alla testa. In Iran, impiccagione dalle gru o lapidazione. Avendo lavorato per PressTv, l’emittente inglese del regime iraniano, o essendo stato pagato dal Qatar quando insegnava a Oxford, il piissimo Tariq Ramadan in questo momento si ritiene estremamente fortunato: ha capito che l’occidente liberale, laico e garantista non è poi così male rispetto alla sharia.

E’ vero che se fosse stato giudicato secondo la legge islamica la testimonianza delle sue accusatrici in tribunale sarebbe valsa la metà della sua. Ma se Ramadan fosse stato ritenuto colpevole di stupro nell’islam, anziché i tre anni inflitti dai giudici di Ginevra (è accusato di aver violentato quattro donne fra il 2009 e il 2016), penzolerebbe da una forca. Fortunato predicatore incluso da Time fra i cento che contano, che deroga alla propria morale, che sul Corsera parlava della “ragione al servizio di Allah”, Tariq sosteneva che le donne “devono tenere lo sguardo fisso a terra per strada” e che se usano il profumo non seguono il “volere di Allah”, a essere giudicato da noi “miscredenti”. Tariq “non è Charlie”, come disse dopo il 2015, ma oggi non vuole essere neanche Khamenei.

“Chi ha paura di Tariq Ramadan? L’Europa di fronte al riformismo islamico”. Autrice, Nina zu Fürstenberg. Editore, Marsilio. Uscì qualche anno fa questo libretto in cui si spiegava che il nipote del fondatore dei Fratelli musulmani era la speranza riformatrice che serviva all’Europa. “Tariq Ramadan: il silenzio dei suoi amici inglesi”, titola il magazine francese Marianne. “Colui che all’indomani degli attentati di Londra del luglio 2005 incarna sulle onde della Bbc e sulle pagine dei giornali britannici il volto soave di un islam progressista, continua a beneficiare della sorprendente

buona volontà oltremanica. Insegnando a Oxford (incarico finanziato dal Qatar) per una decina d’anni, Ramadan era riuscito a convincere giornalisti e accademici britannici che il multiculturalismo inglese lo aveva salvato da una repubblica francese le cui autorità lo vessavano continuamente”. Della condanna per stupro di Ramadan in Inghilterra non si parla quasi per niente. “Anche se, a partire dal caso Harvey Weinstein, i media britannici si sono concentrati su una serie di scandali sessuali che hanno colpito tutti gli ambiti professionali, dal cinema al teatro, dalla stampa a Westminster”. Caroline Fourest, che a Ramadan ha dedicato libri e inchieste, li chiama i “complici del tartufo islamista”. Intellettuali, femministe pro hijab, politici, associazioni. Edgar Morin, il filosofo con cui Ramadan ha pubblicato un libro, “Il pericolo delle idee”. Christopher Hitchens, compianto contrarian, al Festival della letteratura di Mantova provò a polemizzare con Tariq Ramadan, capo della confraternita dei devoti. “Ramadan padroneggia il gergo postmoderno e sociologico e se la cava molto bene con gli eufemismi”, scrisse Hitchens. “E a Mantova si affretta ad aggiungere che una condanna netta della lapidazione diminuirebbe la sua ‘credibilità’ agli occhi del pubblico musulmano. Ramadan si affida all’ignoranza del pubblico occidentale”.

In ogni caso, lo studioso che voleva rischiarare l’illuminismo con la sharia light in queste ore tira un lungo sospiro di sollievo.

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