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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.08.2024 Sinwar, capo Hamas, non ancora eliminato
Analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 agosto 2024
Pagina: 5
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Fantasma Sinwar»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/08/2024, a pag. 5, con il titolo "Fantasma Sinwar" l'analisi di Guido Olimpio

Terrorismi» di Guido Olimpio in libreria - Corriere.it Guido Olimpio

Yahya Sinwar, il capo di Hamas continua a nascondersi e dopo l'uccisione di Ismail Haniyeh è al comando supremo del gruppo terrorista. Elude la caccia e continua a dare ordini, oltre a far saltare ogni tentativo di mediazione.

Se Yahya Sinwar si volta indietro vede la lunga striscia dei predecessori eliminati da Israele uno dopo l’altro. E allora deve guardarsi non solo le spalle. Perché il colpo può arrivare da un drone, da un caccia, da un infiltrato, dal militante.

I precedenti

I leader possono essere «a tempo», estromessi oppure fatti fuori, senza che la loro scomparsa intacchi la lotta. Il fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, è stato ucciso da un raid nel marzo 2004 a Gaza e il successore, Abdel Aziz Rantisi, è stato dilaniato qualche settimana dopo. Omicidi costati al movimento figure importanti. Solo negli ultimi mesi hanno ammazzato Saleh al Arouri e Ismael Haniyeh, poi centinaia di dirigenti militari, compreso — secondo l’Idf — Mohammed Deif, il responsabile delle Brigate al Aqsa. Una fine, però, negata dai suoi uomini. Le contromisure adottate, una volta che l’esercito ha invaso la Striscia, sono state superate. Come sono state violate all’estero: non importa se i rappresentanti fossero a Beirut o nell’accogliente Teheran sotto l’occhio (poco attento) dei pasdaran.

Le comunicazioni

Le ricostruzioni, spesso intossicate dalla propaganda, ripetono il ritornello. Sinwar ha usato i telefoni (compresa una vecchia linea fissa) nella prima fase della crisi, poi come altri si è affidato ai corrieri personali. Tattica resa ancora più urgente dall’impiego massiccio della tecnologia da parte dello Shin Bet, dell’esercito e della Cia che ha fornito suoi equipaggiamenti a Tel Aviv per «indagare» nelle viscere di Gaza. I cellulari possono essere intercettati ma anche diventare delle armi. Un altro Yahya, Ayyash, lo stratega delle azioni suicide, è stato ammazzato nel gennaio del 1996 con un’operazione sofisticata. Gli israeliani hanno agganciato un collaboratore e a sua insaputa hanno celato una carica nel telefonino che ogni tanto era usato dal militante. E quando hanno colto la «chiamata» hanno attivato da remoto la bomba. Tracciando gli apparati telefonici i russi hanno liquidato il separatista ceceno Dzhokar Dudayev; gli americani hanno scoperto in Pakistan la mente dell’11 settembre Khaled Sheikh Mohammed (ha utilizzato incautamente sim europee) così come diversi qaedisti. Un duello tra astuzia e invenzioni. Non a caso sono stati più «longevi», Osama bin Laden e Ayman al Zawahiri. Il primo ha usato mille cautele. Durante il periodo afghano aveva una «lepre», un mujahed incaricato di muoversi con il satellitare del capo in modo da confondere i «battitori». Poi, una volta in Pakistan, è rimasto «disconnesso» passando ordini attraverso messaggeri.

E infatti lo avrebbero individuato cercando i «postini». Al Zawahiri è stato localizzato solo quando si è spostato a Kabul e lo hanno falciato dopo aver «marcato» un talebano complice nel trasferimento. Storie che Sinwar conosce da sempre, avendo creato l’unità di sicurezza di Hamas e diretto l’azione contro le spie.

I trucchi

Si è parlato poi di possibili travestimenti, di mimetizzazioni mescolandosi al grande numero di profughi, al ricorso a mezzi comuni. Cocktail di indiscrezioni inverificabili, alcune messe in giro dai nemici. Di sicuro il leader ha limitato i contatti, lasciando al fratello Mohammed il ruolo di filtro e schermo. Un compagno di fede può tradirti per mille ragioni (soldi, frustrazione, ragioni personali), difficile sia un parente stretto a pugnalarti. Probabili depistaggi, esche lasciate per distrarre informatori, logorare gli avversari. È a Khan Younis, come dicono la maggioranza delle fonti, oppure è tornato a Nord? Si trova a Rafah contando sulle gallerie clandestine che portano in Egitto? I media israeliani insistono sul nascondiglio nei tunnel, attorniato da 22 ostaggi in catene a fare da scudi. Ipotesi che vale sempre. Lo si diceva di altri «most wanted» jihadisti ma alla fine è emerso che al loro fianco c’erano solo un pugno di fedelissimi e i familiari. Infatti, l’unica traccia visibile, sia pure con dubbi, è il video che ha mostrato il presunto Sinwar in un cunicolo insieme al fratello, alla moglie e ai figli. Il resto sono indizi superati, rifugi abbandonati.

La narrazione del grande fuggitivo-fantasma, costretto a vivere sottoterra, è controbattuta dalla certezza che è sempre lui ad avere in mano parte del gioco.

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