Basta con il culto di San Obama Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 22 agosto 2024 Pagina: 1/13 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Basta col culto di Obama. Come presidente fu un autentico disastro»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 22/08/2024, a pag. 1/13, con il titolo "Basta col culto di Obama. Come presidente fu un autentico disastro", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Ci hanno sfinito, non se ne può più. Diciamolo senza fronzoli: questo culto di Obama, questa religione dogmatica e farlocca che ormai imperversa da oltre un quindicennio, ha stufato. Come ha stufato il “credo” gemello: quello per cui, se vuoi essere una persona gentile, con il cuore e la testa al posto giusto, decente, accettata in società, tu debba per forza tifare per la Harris. Se per caso preferisci Trump, o anche solo se osi dubitare della santità di Kamala, sei automaticamente buttato nell’inferno degli impresentabili, dei “deplorables” (copyright Hillary Clinton), dei nemici del bene e delle migliori virtù umane.
Ora, con tutto il garbo possibile ed evitando di passare al turpiloquio: ma che roba è? Che modo di ragionare è? Come vi permettete – lo dico ai fanatici del culto progressista – di impostare la questione in termini così integralisti, così anti-laici, così rozzamente fondamentalisti?
Quanto al primo “credo” – quello di stretta osservanza obamiana – è venuto il tempo di dire che la storia sarà assai più severa con Obama di quanto lo sia stata una cronaca fin troppo indulgente con lui. Diciamolo: Obama, pur fascinoso ed eloquente, pur così figo e “cool”, quando era alla Casa Bianca non ne ha azzeccata una. E – tra qualche anno, quando le cose saranno auspicabilmente esaminate con minore partigianeria – contenderà a Jimmy Carter il titolo di peggior presidente americano degli ultimi 50-60 anni.
ERRORI FATALI
Ha sbagliato in Libia, così come ha sbagliato la scommessa sulle primavere arabe. Ha sbagliato con l’Iran: ora lo sappiamo che è proprio Teheran la testa del serpente. L’aveva capito Donald Trump, che costruì gli Accordi di Abramo isolando l’Iran e favorendo il dialogo tra Arabia Saudita e Israele. E invece non l’avevano capito – anni prima – Barack Obama e Joe Biden (a quei tempi, presidente e vicepresidente Usa), che riempirono di risorse e di legittimazione politica il regime di Teheran. Tornato alla Casa Bianca da Presidente, Biden ha ripetuto pari pari lo stesso errore: nella fretta di smontare ciò che Trump aveva edificato, ha creato il gelo con Riad e ha ripreso il dialogo con Teheran, con gli sconfortanti risultati che purtroppo abbiamo dovuto constatare.
E ancora – tornando a Obama – ha sbagliato nel non avere alcun orgoglio occidentale: anzi, provando vergogna per molti tornanti della storia americana. Cominciò con la sua catastrofica teoria, quando era presidente, del “leading from behind”, per non dire del giro del mondo (gli avversari lo definirono efficacemente: “apology tour”, il viaggio di chi chiede scusa) quasi con l’obiettivo di invocare il perdono per le nefandezze vere-presunte-passate-presenti dell’Occidente. Il vizio non gli è passato: qualche mese fa, perfino dopo gli eventi del 7 ottobre e la conseguente crisi mediorientale, l’ex presidente si è abbandonato ad attorcigliate considerazioni improntate al “siamo tutti colpevoli”. Parli per sé, al massimo.
E da ventiquattr’ore (l’altra notte gli Obama hanno parlato alla convention democratica) ci arriva da Chicago – Libero era stato preveggente – una colata di bava da corrispondenti e inviati: per Barack solo violini e petali di rose. Perfino dopo la rozza allusione (degna di un film con Bombolo) alle presunte limitate dimensioni della virilità trumpiana. Ma si sa: i progressisti sono sempre eleganti, mentre è la destra che è cafona e burina.
E questo ci porta dritti al secondo “credo”: l’idea di una sorta di inaccettabilità morale – prim’ancora che politica – della candidatura Trump. Anche qui, diamine, ma come vi permettete? C’è voluta l’autorevolezza del Wall Street Journal, ieri, per ricompitare concetti perfino elementari, banali, che dovrebbero rappresentare il minimo sindacale della convivenza civile: e cioè che è perfettamente legittimo che gli elettori, dopo una presidenza democratica deludente, cerchino un’alternativa. Di più: negli ultimi 16 anni, per ben 12 alla Casa Bianca c’era un democratico. Possibile che la colpa di tutti i mali del pianeta sia di Trump?
CONDANNE PREVENTIVE
Ma il gioco è fin troppo scoperto: non si tratta solo di pompare Kamala, a cui – come sappiamo – è stato mediaticamente condonato e sbianchettato un passato di errori, gaffes, fallimenti politici.
Non si tratta nemmeno – altra operazione acrobatica – di provare a offuscare e obliterare l’emozione destata dal recente attentato contro Donald Trump: quell’alone di leggenda va fatto evaporare, e il tycoon deve tornare “lo stronzo di prima” nel racconto mediatico preferito dai progressisti. No, siamo addirittura oltre: si stanno ponendo le basi di una colpevolizzazione morale preventiva perfino degli elettori che si permettano di votare a destra. Come dire: se stai con Trump, non sei una persona dabbene, sei fuori dalla categoria degli esseri umani a cui si possa stringere la mano.
I “buoni” del regime progressista nemmeno se ne rendono conto, ma stanno creando le condizioni per il ritorno della violenza politica (l’attentato a Trump ne è la testimonianza perfetta: se il nemico è Satana, bisognerà esorcizzarlo in qualche modo...) e per una sorta di guerricciola civile a bassa intensità, in virtù della quale mezza America (vedremo se leggermente maggioritaria o leggermente minoritaria) risulterà moralmente bollata come popolata da cittadini di serie b, meno “buoni” e “accettabili” degli altri. Deriva inquietante, che qualcuno vorrebbe importare anche in Italia.
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