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Il Giornale Rassegna Stampa
08.08.2024 Teheran punta su Sinwar, il teorico del terrorismo e del sacrificio dei rapiti
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 08 agosto 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Teheran punta su Sinwar, il teorico del terrorismo e del sacrificio dei rapiti»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 08/08/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Teheran punta su Sinwar, il teorico del terrorismo e del sacrificio dei rapiti".


Fiamma Nirenstein

Yahya Sinwar, il nuovo capo politico di Hamas, già capo dei terroristi a Gaza, è la mente del 7 Ottobre. Hamas, scegliendo lui, punta alla guerra totale. Sinwar è quello che ha dichiarato in pubblico che più morti subisce la popolazione palestinese e meglio è per la causa di Hamas.

Sembra più una convulsione in articulo mortis che una vera scelta di leadership, eppure i suoi contenuti sono molto illuminanti: sulla neve senza vele e quasi senza cannoni di Hamas è salito sul cassero Yehiye Sinwar come nuovo capo del “political bureau” dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran la settimana scorsa. Intanto, una chiara dichiarazione dopo le ridicole analisi, che ne volevano fare un provetto diplomatico, su Ismail Hanyieh. Chi lo sostituisce è nient’altri che Sinwar, uno dei più feroci terroristi del mondo, con cui si contendeva la palma della leadership di Hamas. Lo ha eletto il consiglio della Shura, 50 membri importanti scelti a Gaza, nell’West Bank, la diaspora tipo Qatar e fra i prigionieri nelle carceri: cioè, l’intera Hamas ha deciso di confermare, nonostante le pretese dei giorni scorsi che esistesse dentro l’organizzazione terrorista religiosa una parte più moderata, più diplomatica, più internazionale… la linea del 7 ottobre, quella di Sinwar, generale e resa realtà nell’involucro delle gallerie, per cui si sgozzano bambini, si violentano donne, si uccidono famiglie nel modo più crudele possibile, si rapiscono vecchi, giovani, neonati come i piccoli fratelli Bibas. Questo è Sinwar. È la sua linea generata dal ventre di Gaza in collaborazione pluriennale con l’Iran, che certamente ha avuto nella scelta del nuovo vecchio capo una parte fondamentale, dato che è solo con l’aiuto degli Ayatollah che ora preparano i loro missili sperando di colpire al cuore lo Stato Ebraico, che Hamas si è fatta attore principale del terrorismo internazionale ed è stato uno dei suoi migliori proxy, ora sulla via del tramonto.

Il contendente diretto di Sinwar era Khaled Meshaal, un altro terrorista messianico, ma la cui integerrima fede islamista propende con decisione totale verso la Sunna, anzi, verso i Fratelli Musulmani, ed è quindi sospettosa e distante dall’egemonia shiita dell’Iran, anche se ne accetta la incidentale collaborazione. Meshaal è anche un preferito di Doha, e anche questo per gli iraniani, gelosi della loro esclusiva egemonia sul Medioriente, non è un punto a favore. Intanto dal Qatar si sente dire anche che avrebbe favorito la candidatura di Sinwar nella prospettiva che egli adesso possa essere, nel suo nuovo ruolo, sfilato da dentro Gaza lasciando il campo libero al futuro, a una qualche soluzione conveniente per i rapporti internazionali delle parti in causa come il Qatar. E forse anche a una linea meno decisa sui rapiti, che Sinwar usa come suo scudo di difesa, e di cui si dice che siano costretti a una continua vicinanza fisica con lui nelle gallerie o chissà dove. Israele o non sa dove si trovi l’uomo di cui certo vorrebbe la testa, o non può avvicinarsi per prudenza verso la vita dei rapiti. Ma per Israele l’ha detto chiaro il portavoce dell’esercito Daniel Hagari: “Il suo posto è già assegnato, vicino a quello di Mohammed Deif”, il braccio destro di Sinwar che svolgeva soprattutto un ruolo militare, eliminato da Israele.  La linea di Sinwar è nota, sillabata, urlata, ripetuta in molti suoi discorsi magari tenendo in braccio un bambino con un piccolo mitra in mano e la fascia verde sulla fronte. 

Nel 2022 celebrando l’anniversario della sua organizzazione disse: “Noi vi verremo addosso come un torrente in piena, con innumerevoli proiettili, una cascata di armati senza limiti e vi sommergeremo a milioni, un’ondata dietro l’altra”. Non sono parole in libertà: la “nukba”, che appunto è stata chiamata da Hamas “uragano”, ha rappresentato la prima realizzazione del grande cambiamento annunciato da Sinwar quando nello scambio per Gilad Shalit tornò a Gaza nel 2011: qui spiegò che la battaglia non era più quella per il territorio, per “due Stati per due popoli”, che ogni prospettiva siglata ad Oslo veniva cancellata in nome del progetto della distruzione totale dello Stato d’Israele. Nella sua visione è probabilmente compresa l’immensa propensione personale, forse legata al tumore al cervello diagnosticato dal dentista e curato in carcere con i mezzi più generosi e moderni, per lo spargimento di sangue. Sangue: quello dei nemici, tutti coloro che non fanno parte del suo Islam, e prima di tutto degli Ebrei. Ma anche l’insegnamento per cui si deve uccidere anche fra i palestinesi con le proprie mani chiunque sia sospettato, di collaborare con gli Israeliani: raccontò in particolare come aveva strangolato con una kefiah un palestinese accusato di questo crimine. E anche, dopo il 7 di ottobre, sua è l’affermazione della necessità imprescindibile di versare più sangue possibile del proprio popolo, di catturare il favore del mondo tramite il suo sacrificio. Non a caso Sinwar e i suoi sono sempre rimasti sottoterra esponendo nelle infrastrutture civili di Gaza tutto l’apparato di organizzazione e di guerra, e persino di detenzione dei rapiti nelle case della sua gente, peraltro molto ben disposta.

Sinwar è, per quello che si sa, è il superstite del gruppo dirigente che ha disegnato Gaza come una città di cartone, una zona nazificata che addensi la popolazione su una rete di ragno senza fine di gallerie piene di armi, di materiali di riserva, di passaggi e nascondigli cui si accede da tutte le strutture civili della Striscia, dagli ospedali e dalle scuole, dalle case di ciascuno. Adesso certo nel suo buco aspetta che iraniani e Hezbollah si avventino su Israele. Forse allora si riaffaccerà all’aria, ma certo non solo i suoi lo aspettano. 

 

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