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Libero Rassegna Stampa
04.08.2024 Chi tradì Anna Frank
Commento di Marco Patricelli

Testata: Libero
Data: 04 agosto 2024
Pagina: 24
Autore: Marco Patricelli
Titolo: «Il grande mistero di chi ha tradito Anna Frank»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/08/2024, a pag. 24 con il titolo "Il grande mistero di chi ha tradito Anna Frank", il commento di Marco Patricelli.

Marco Patricelli
Marco Patricelli

Anna Frank. Chi ha svelato il suo nascondiglio? 

Karl Silberbauer era trasalito senza riuscire a nasconderlo quando, durante la perquisizione in quell’alloggio segreto di Amsterdam, aveva visto spuntare fuori un capo d’abbigliamento da ufficiale dell’esercito imperiale tedesco. Lui era austriaco, indossava l’uniforme da maresciallo SS (Hauptscharführer) e lavorava per la Gestapo, ma aveva avuto un improvviso rigurgito di onore militare. L’aveva manifestato cambiando il tono autoritario nei confronti degli ebrei che stava arrestando, mostrando quasi comprensione umana.
Era un venerdì, quel 4 agosto 1944, al civico 263 del canale Prinsengracht dove era nascosta dal 1942 la famiglia di Otto Frank, ebreo tedesco che aveva combattuto per il kaiser con i gradi da tenente, padre dell’adolescente Anna che da tempo teneva un diario destinato a commuovere il mondo, e quella di Hermann van Peels. Quella mattina era arrivata una telefonata anonima al quartier generale della Sicherheitsdienst alla quale aveva risposto l’ufficiale Julius Dettman: se volevano gli ebrei potevano andare a prenderli a quell’indirizzo. Dettman aveva subito dato l’incarico al sottufficiale Silberbaum che si era fatto accompagnare da tre poliziotti olandesi. Le massime autorità amministrative olandesi (Segreterie generali) rimaste dopo la partenza del governo in esilio a Londra, erano favorevoli alla cooperazione con gli occupanti e avevano diramato direttive di applicazione dei regolamenti tedeschi.
Poche e isolate resistenze a titolo individuale non avevano cambiato lo stato delle cose. I quattro poliziotti si erano così presentati alla ditta Opetka dove il magazziniere Willem Van Maaren li aveva indirizzati all’ufficio al piano di sopra. Non è un’irruzione ma i modi sono quelli della Gestapo.
Uno tiene la pistola verso la titolare Miep (Hermine) Gips, un altro la punta verso Victor Kugler, un suo collega.
Sanno chi cercare e anche dove.
Arrivano a una libreria girevole che nasconde una scala che porta a un appartamentino a due piani. Inutile il tentativo di far credere si tratti solo di uno scaffale. Silberbauer trova quasi subito il meccanismo di scatto. Il rumore dei poliziotti sulle scale di legno significa che è davvero tutto finito.
In breve le due famiglie si ritrovano radunate, con le mani in alto e gli occhi verso il basso. I coniugi Hermann e Auguste van Peels, il figlio Peter, Otto ed Edith Frank e le figlie Anna e Margot, il dentista Fritz Pfeffer, devono consegnare qualsiasi oggetto di valore abbiano con loro, e per raccoglierli Silberbauer utilizza una cartella di Otto. All’interno c’erano fogli e quaderni scritti a mano, ai quali aveva dato un’occhiata distratta e poi li aveva rovesciati a terra con noncuranza. Dice che hanno cinque minuti per mettere insieme vestiti e oggetti necessari a un viaggio, ma quando vede quel ricordo dell’uniforme imperiale cambia totalmente atteggiamento. È tollerante, usa toni bassi, frasi garbate. I componenti delle due famiglie sono arrestati assieme a chi ha dato loro rifugio e protezione: Victor Kluger e Johannes Kleiman. Altri sono riusciti ad allontanarsi alla chetichella ma vedono tutto quello che succede, e pure quando salgono su un camioncino che li porta tutti alla sede della SD dove vengono rinchiusi e poi singolarmente interrogati per allargare le maglie di quell’operazione. Ma non possono denunciare nessuno, se anche volessero, perché i Frank e i van Peels sono stati rinchiusi per 25 mesi senza vedere né sentire nessuno.
Kluger e Kleiman sono mandati in carcere, gli otto ebrei in un altro luogo di detenzione temporanea, preludio alla deportazione. Miep Gies e la giovanissima collega di lavoro Bep (Elisabeth) Voskujil erano salite insieme al rifugio dove avevano visto tutti i fogli sparsi per terra, e avevano subito capito che si trattava del diario di Anna. Miep li aveva raccolti e li aveva messi da parte, salvandoli dalla bufera della guerra e dell’odio, nella speranza di poterli riconsegnare alla quindicenne destinata, a morire a Bergen-Belsen nel febbraio 1945 ma a vivere per sempre nel ricordo col suo diario simbolo della Shoah. La donna era austriaca di nascita ed era finita in Olanda, appena undicenne, dove era stata adottata. Otto Frank l’aveva in seguito assunta nella sua ditta, l’Opetka, che produceva preparati per marmellate. Con l’occupazione dell’Olanda Miep e il marito Jan, con i colleghi Kluger, Kleiman e Voskujil e altri, si erano offerti di proteggerli a rischio della vita, procurando un asilo sicuro, cibo, medicinali, vestiti, tutto, dal 6 luglio 1942 fino al maledetto 4 agosto 1944. Lei era scampata all’arresto solo perché austriaca come Silberbauer, al quale con grande coraggio si era presentata l’indomani offrendogli una consistente somma di danaro raccolta tra amici per liberare i prigionieri. Inutilmente.
Solo Otto Frank tornerà dal lager, e a lui Miep, appresa della sorte di Anna, consegnerà gli scritti che non aveva mai voluto leggere e che saranno pubblicati in forma di diario nel 1947 in olandese per essere poi tradotto in tutto il mondo. Anche Kluger e Kleiman erano sopravvissuti ai campi di concentramento. Silberbauer alla fine della guerra era entrato a far parte della sezione investigativa della polizia di Vienna, ma la pubblicazione del Diario di Anna Frank aveva acceso una luce sul suo ruolo in quell’arresto.
Il “cacciatore di nazisti” Simon Wiesenthal era arrivato a lui solo nel 1963: Otto Frank non aveva voluto aiutarlo a identificarlo, spendendo per lui parole scriminanti, parlando di atteggiamento corretto e sostenendo che non poteva fare nulla per impedire quello che era accaduto. Silberbauer, morto nel 1972, se pure sapeva chi aveva denunciato i Frank, non ne ha mai fatto il nome pur sostenendo che si trattava di una fonte autorevole. Ben tre inchieste non sono riuscite a rivelare chi avesse tradito le due famiglie ebree. Quasi l’80% degli ebrei olandesi non sopravvisse alla Shoah: la percentuale più alta dell’intera Europa occidentale.

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