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Libero Rassegna Stampa
02.08.2024 I progressisti piangono il capo di Hamas
Editoriale di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 02 agosto 2024
Pagina: 1/15
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «La sinistra in lutto per il capo di Hamas»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 02/08/2024, a pag. 1/15, con il titolo "La sinistra in lutto per il capo di Hamas", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Integralisti islamici in lutto per la morte di Haniyeh. Ma anche la sinistra italiana e i cattolici si uniscono al coro. La stampa italiana, a partire da Avvenire, il quotidiano dei vescovi, parrebbe rimpiangerlo come "uomo del negoziato". Quindi le condoglianze espresse al popolo ebraico il 7 ottobre, per il pogrom di Hamas, erano solo ipocrisia, se oggi rimpiangono la morte del suo principale mandante.

Contrordine, compagni! Subito dopo il 7 ottobre, sull’onda dell’orrore e dell’emozione suscitati da quell’atroce pogrom anti-israeliano, ci erano stati ripetuti ossessivamente tre concetti da parte di chi – ora lo sappiamo: con ipocrisia e animo insincero – esprimeva da sinistra formali e frettolose condoglianze al popolo ebraico. Primo. Dicevano: nessuno è pro Hamas, semmai ci esprimiamo a favore del popolo palestinese. Secondo. Scandivano: non sono accettabili azioni israeliane che coinvolgano la popolazione civile di Gaza, servono invece raid mirati contro i capi dell’organizzazione terroristica. Terzo: bisogna distruggere Hamas, affinché mai più possa ripetersi una pagina del genere.
Noi sappiamo bene (e lo sapevamo da sempre) che purtroppo non tutti quei tre obiettivi erano materialmente raggiungibili: in particolare, come dimostra la storia dei mesi passati, non sarebbe stato possibile salvaguardare del tutto i cittadini di Gaza, vista la scelta criminale di Hamas di usare la sua stessa gente come un immenso scudo umano. E dunque era inevitabile che anche la popolazione civile palestinese pagasse un prezzo elevato: da mettere tuttavia – moralmente – sempre sul conto di Hamas, responsabile del sangue versato tanto dagli ebrei quanto dagli stessi palestinesi.
Stadi fatto che però, nell’azione israeliana di due giorni fa, coordinata dal Mossad, che ha portato all’eliminazione in Iran di Ismail Haniyeh, si sono perseguiti esattamente quei tre obiettivi con ammirevole coerenza e disciplina. Non si è colpito nemmeno un civile palestinese; ci si è concentrati chirurgicamente su uno dei supercapi di Hamas riuscendo a colpirlo in trasferta; si è lavorato per decapitare l’organizzazione e auspicabilmente per avviarla prima o poi alla sconfitta e alla distruzione.
In un contesto di minima onestà intellettuale, anche a sinistra, anche da parte dei nemici politici e mediatici di Benjamin Netanyahu, si sarebbe dovuta riconoscere l’efficacia e soprattutto la corrispondenza del raid israeliano a quei tre principi ispiratori.
E invece no. Come oggi Libero vi racconta in questa pagina, buona parte dei media e dei commentatori italiani stanno in lutto, soffrono, non si danno pace. Guida il gruppo – e non è certo un titolo di merito – il quotidiano dei vescovi, Avvenire, che pure ieri ha pubblicato un editoriale di incredibile durezza contro Gerusalemme.
Ma, con eccezioni che si contano sulle dita di una sola mano, l’intero panorama mediatico oscilla dalla freddezza verso Israele a un incredibile tentativo di addossare a Gerusalemme tutte le responsabilità passate, presenti e future. Con un rovesciamento delle cose che lascia basiti: uno stato democratico viene fatto oggetto di un trattamento di mostrificazione, mentre i mostri veri – cioè i terroristi islamici – sono trattati in guanti bianchi. La stessa spregevole storia di Haniyeh è stata quasi trasfigurata: con questo macellaio del terrore presentato come un “pragmatico”, se non addirittura un moderato.
Ma come? Era tra quelli che avevano pensato e voluto il 7 ottobre; e anche dopo, era tra quelli che avevano invocato la necessità di far scorrere più sangue, sia proprio che altrui. Sarebbe stato questo il suo “pragmatismo”?
Ma la mistificazione non conosce limiti. Mentre si criminalizza Israele, non c’è alcuna esitazione nel descrivere come riflessivo e – anch’esso – “pragmatico” un regime sanguinario come quello iraniano, quasi comprendendo, se non giustificando preventivamente, la rappresaglia preannunciata da Teheran contro Gerusalemme.
Per paradosso, non c’è nemmeno – e sarebbe già stato uno scempio logico – un’equiparazione tra i due contendenti, una propensione a metterli sullo stesso piano. No: ormai si registra un’autentica esplosione di ostilità verso chi dovrebbe esserci più vicino.
E gli altri? Quelli che dovrebbero esserci lontani per definizione? Vale la pena di ricapitolare che la dittatura iraniana perseguita il suo popolo, punisce e uccide i dissidenti, segrega le donne, avvelena l’intero Medio Oriente, finanzia e alimenta gruppi terroristi (Hamas, Hezbollah, Jihad Islamica), e punta esplicitamente a cancellare Israele dalla faccia della terra. Eppure, in questo costante capovolgimento morale, in questo testacoda etico ed intellettuale, verso Teheran e la sua orrenda teocrazia islamista i nostri media usano ogni cautela. Per Israele, che invece combatte anche per noi e i nostri valori (e in qualche caso lo fa... nonostante noi), ci sono solo gelo e ostilità, ormai nemmeno minimamente nascosti o attenuati.

 

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