Polveriera Libano con l’appoggio dell’Iran Analisi di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 30 luglio 2024 Pagina: 8 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Polveriera Libano»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/07/2024, a pag. 8, l'analisi di Guido Olimpio dal titolo"Polveriera Libano".
Il Libano è un’eterna polveriera, fatta saltare di volta in volta da fazioni, potenze straniere, giochi di corto respiro e strategie di lungo termine. A rimetterci la popolazione, le poche infrastrutture, un Paese già devastato dalla crisi socioeconomica. Guerra d’attrito Con l’assalto di Hamas del 7 ottobre si è inasprita la guerra d’attrito tra l’Hezbollah e Israele. Il primo è l’attore militare principale locale, ha un peso politico regionale in quanto fa da schermo alla comunità sciita, è l’anima dell’Asse della Resistenza (l’insieme di milizie che vedono in Teheran il faro ideologico), è l’alleato principale degli ayatollah. Per gli iraniani è un pungolo formidabile nei confronti dello Stato ebraico, se ne servono per logorare il nemico, diventa un partner bellico in caso di conflitto generale ma anche uno strumento per tenerlo impegnato. Ha, inoltre, una proiezione esterna: appoggia il regime di Assad, assiste Hamas e altre realtà, si coordina con le tante «brigate» che si ispirano, con gradazioni diverse, agli insegnamenti dell’imam Khomeini. Stretta la cooperazione con la divisione Qods dei pasdaran. A guidare il movimento Hassan Nasrallah, personaggio carismatico, grande oratore, costretto però a vivere in un bunker. Controllo Disciplinato, addestrato, Hezbollah deve dimostrare la sua solidarietà attiva ai palestinesi ma essere cauto nell’usare il «fuoco controllato» con Israele in modo da evitare una crisi totale che si rovescerebbe sulle spalle di milioni di civili. A Beirut temono di far la fine di Gaza e non tutti si riconoscono nell’Hezbollah e tantomeno nella Repubblica Islamica. Solo che ordigni e combattenti non sono infallibili. Ecco la strage a Majdal Shams, tra i ragazzini drusi del Golan. A provocarla un Falaq 1, razzo neppure troppo sofisticato di concezione iraniana, con una carica da 50 chili e un raggio d’azione di circa 10 chilometri. In parallelo all’Hezbollah si agitano Hamas, fazioni minori, la Jemaa Islamya, nuclei arrivati da Siria e Iraq. In alcune aree operano trafficanti di droga sintetica (Captagon) collegati agli sciiti e terroristi del Califfato. Lungo il confine sud, nel rischioso ruolo di interposizione, il contingente Onu del quale fanno parte anche reparti italiani. Gli israeliani duellano con l’avversario (e l’Iran) dai primi anni Ottanta, quando il «partito di Dio» — questa la denominazione — ha occupato il vuoto provocato dalla cacciata del Fatah di Yasser Arafat. E già questa è una lezione. La campagna Lo Stato ebraico ha lanciato una campagna che ha preso di mira l’organizzazione in Libano e in Siria. Ha eliminato in questi anni leader, dal segretario Abbas Mussavi al capo dell’apparato clandestino Imad Mughniyeh. Si è affidata alla lotta segreta subendo la ritorsione con attacchi diretti e operazioni terroristiche (Argentina, Bulgaria). L’obiettivo di Israele: contrastare a qualsiasi costo il miglior partner dell’Iran. A partire dall’autunno, se sono veri i dati, Israele ha ucciso circa 500 quadri, ufficiali e comandanti localizzati grazie alle spie, a una evidente penetrazione dello schieramento. Molti sono stati sorpresi a bordo dei loro veicoli, in mezzo a una strada, all’uscita da un villaggio. Una campagna che dovrebbe indebolire la struttura di vertice privando le unità — a partire dalla Radwan, la migliore, guidata da Ibrahim Aqil — di figure preparate. L’arsenale Gli ultimi decenni di storia libanese, però, hanno dimostrato come l’Hezbollah abbia grandi capacità. Supera l’onda e riparte grazie al sostegno di Teheran. Allo stesso tempo i generali israeliani, dopo una serie di interventi diretti e invasioni nel teatro libanese, si sono trovati davanti un avversario ancora più deciso. Il movimento ha realizzato una rete di tunnel nella fascia a sud del fiume Litani, studiata per la difesa o condurre manovre che possano portare alla conquista di kibbutz. Le stime dicono che Hezbollah ha accumulato 130-150 mila tra missili e razzi (non guidati) che possono «battere» obiettivi in profondità. Cresciuto in qualità e quantità il numero di droni kamikaze. Li hanno usati con efficacia per raid, si sono serviti di quelli da ricognizione per voli con un doppio obiettivo: ricerca del target e messaggio propagandistico attraverso la diffusione di video. Migliorato lo scudo antiaereo (infatti hanno abbattuto droni israeliani), in dotazione equipaggiamenti antinave, anche se datati. Grandi sforzi nella messa a punto di contromisure elettroniche e intercettazioni, impegno dell’intelligence con il reclutamento — anche da remoto — di infiltrati. Di recente voci hanno riferito sulla possibile presenza di nuove armi fornite da Teheran. Temuta la «divisione» segreta, affidata al veterano Talal Hamiyah con «agenti in sonno» anche lontani dal Medio Oriente. Una scelta per portare la minaccia ovunque sia necessario.
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