Il 21 luglio 1942, una nota della Prefettura di polizia riportava il “risultato delle operazioni del rastrellamento degli ebrei effettuate a partire dal 17 luglio”: 3.118 uomini, 5.919 donne e 4.115 bambini. Questo “successo” era stato ottenuto nell’ambito della “Rafle du Vel d’Hiv” – il più grande arresto di massa di ebrei effettuato in Francia durante il regime di Vichy. Detenuti nel Velodromo invernale in condizioni igieniche deplorevoli e quasi senza acqua né cibo per cinque giorni, essi furono poi stipati nei treni della morte. Ne sono tornati meno di cento, solo adulti. L'operazione era stata avviata su richiesta della Germania nazista e venne espletata grazie all’attiva collaborazione di novemila poliziotti e gendarmi francesi. La caccia agli ebrei continuò senza pietà e nell’indifferenza generale, nonostante l’eroismo dei Giusti. Oggi, riecheggiano tragicamente le parole di uno di questi giusti. Monsignor Jules-Géraud Saliège, arcivescovo di Tolosa, profondamente scosso dai resoconti di quanto era accaduto, non esitò a sfidare il regime di Vichy e gli occupanti nazisti. E scrisse una lettera pastorale che fece leggere domenica 23 agosto 1942 in tutte le chiese della sua arcidiocesi: “Che dei bambini, delle donne, degli uomini, dei padri e delle madri venissero trattati come un vile gregge, che i membri della stessa famiglia fossero separati gli uni dagli altri e spediti verso una destinazione sconosciuta, è stato riservato ai nostri tempi di vedere questo triste spettacolo… si sono verificate scene di terrore...” Un testo che avrebbe potuto essere applicato così com’è alle atrocità perpetrate dai palestinesi di Gaza il 7 ottobre. Ma nella Francia del 2023 non c’è stato alcun prelato che dal pulpito sia insorto contro quanto era appena accaduto. Non c'è stato nemmeno un vasto movimento di indignazione nazionale, nessuna manifestazione che chiedesse l'immediata liberazione degli ostaggi. Ciò è indubbiamente dovuto al fatto che il resto della lettera pastorale purtroppo non è più accettato all’unanimità: “Gli ebrei sono degli uomini, le ebree sono delle donne, gli stranieri sono degli uomini, le straniere sono delle donne. Non tutto è permesso contro di loro, contro questi uomini, contro queste donne, contro questi padri e madri di famiglia. Loro appartengono alla razza umana. Loro sono nostri Fratelli come tanti altri. Un cristiano non può dimenticarlo.” Oggi si stanno moltiplicando gli appelli alla distruzione dello Stato ebraico. “Dal fiume al mare la Palestina sarà libera” urlano in coro studenti e uomini politici. Il fiume è il Giordano e il mare è il Mediterraneo. In questa Palestina, per fortuna ancora virtuale, non ci sarà posto per gli ebrei, che saranno massacrati, o che si salveranno solo con la fuga. Il Vaticano non sente la necessità di far sentire la propria voce. Neppure in Francia ci si sente in dovere di condannare. Gli sforzi volti a demonizzare ed a delegittimare lo Stato ebraico hanno avuto successo. Chi si azzarderebbe a difendere un regime descritto – a dispetto della realtà – come “genocida” non rischierebbe di pagare con la vita questo coraggio? Il deputato di un partito che sostiene ufficialmente la “Palestina” pretende che agli atleti israeliani sia vietata la partecipazione ai Giochi Olimpici. Quanto agli ebrei, che Monsignor Saliège chiamava fratelli, vengono aggrediti impunemente sulla pubblica piazza e perfino nelle loro case, e i loro monumenti sono vandalizzati.