La scrittrice ucraina: in Europa spesso dite “pace”, ma intendete “resa” Intervista di Irene Soave a Katja Petrowskaja
Testata: Corriere della Sera Data: 13 luglio 2024 Pagina: 5 Autore: Irene Soave Titolo: «I bimbi bombardati ci tolgano ogni cautela Kiev va armata di più»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/07/2024, a pag. 5, con il titolo 'I bimbi bombardati ci tolgano ogni cautela Kiev va armata di più'" l'intervista di Irene Soave a Katja Petrowskaja.
«Un ospedale infantile. Col reparto oncologico. Bombardato, uccidendo bambini e dottori. Quali sono i distinguo necessari perché l’Europa si decida ad armare l’Ucraina come si deve, e cioè fino ai denti? Bombardano i bambini col cancro: cosa aspettate?»
Nata a Kiev, espatriata a Berlino nel 1999, la scrittrice Katja Petrowskaja è un fiume in piena. Il suo romanzo storico "Forse Esther" ha meritato il premio Strega europeo; in questi giorni è ospite di alcuni festival italiani — oggi a Cortina al festival «Una montagna di libri» — con la raccolta di saggi "La foto mi guardava" (Adelphi) e si dice «oltraggiata da quel che mi sento dire qui, in faccia, da molte persone. Anche intellettuali, anche progressisti. In Germania si chiamano Putinversteher: quelli che “capiscono Putin”, perché argina la Nato. È dalla seconda guerra cecena che la Russia porta avanti un’escalation: la Georgia, la Siria, il Donbass. Nella più assoluta comprensione occidentale. Ora i “distinguo” sulle armi, sui soldati. Una mia ospite, molto cordiale, mi ha detto candidamente che sull’Ucraina non sa cosa pensare. È mortificante».
Cosa la irrita di più?
«Sentir parlare di “pace”: è un bel concetto ma voi intendete “resa”. Come se un Paese saccheggiato e devastato, dopo due anni di stupri di guerra e di città rase al suolo, possa arrendersi senza riavere nulla. Penso che Putin abbia intensificato i bombardamenti in vista dei colloqui di pace: vorrà sedersi al tavolo e vederci supplicare, per imporci una resa incondizionata».
Lei pensa che le opinioni pubbliche europee siano manipolate dalla Russia?
«Ne sono certa. In Russia ho vissuto e il modello di Putin è lo stalinismo. Ottenere il consenso con manipolazione e terrore. In Europa resta dalla Seconda guerra mondiale la reverenza per i russi liberatori. E in Italia in più patite una fascinazione per l’uomo forte: qui da voi se uno ha potere ha per forza anche ragione, e Putin ha potere».
Si parla anche di «stanchezza della guerra»: gli europei ne vogliono sentir parlare sempre meno, è un argomento impopolare.
«Per favore, parliamo della stanchezza degli ucraini, delle loro città distrutte come dai barbari, degli stupri. Delle torture sui bambini. La sola cosa di cui hanno bisogno, prima che di una pax russa, sono le vostre armi, a partire da un’efficace difesa antiaerea. Non è difficile».
Il suo libro mescola scritti e foto. Pensa che le immagini possano servire più delle parole a formare opinioni?
«In guerra le foto sono spesso manipolate, apocrife, e vanno osservate con consapevolezza. Restano comunque documenti. Il libro l’ho chiuso prima dell’invasione russa, presto ne farò uno di sole foto di guerra. Una, che ho già pubblicato, ritraeva una scuola di flamenco a Kiev. Niente riscaldamento, lezione a lume di candela. Un colosso tedesco dell’energia l’ha vista e ha mandato in Ucraina decine di generatori. Molti europei sono stufi di sentir parlare di noi. Molti altri, però, fanno per noi cose meravigliose».
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