Le capre democratiche non sanno neppure scrivere i quesiti dei referendum Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 13 luglio 2024 Pagina: 1/14 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Le capre democratiche non sanno neppure scrivere i quesiti dei referendum»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 13/07/2024, a pag. 1/14, con il titolo "Le capre democratiche non sanno neppure scrivere i quesiti dei referendum", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Che spettacolo la scombiccherata consecutio temporum della sinistra: prima depositano i quesiti referendari alla Corte di Cassazione e soltanto poi leggono quello che hanno scritto (e s’incazzano tra loro a scoppio ritardato). Prima fanno le foto in posa tutti sorridenti, inclusi i rappresentanti di Anpi e Wwf (più una rediviva e se possibile ancora più incattivita Rosy Bindi), e soltanto dopo si accorgono di aver fatto una solenne cazzata.
Eppure gli sarebbe bastato leggere Libero per fermarsi un attimo a riflettere. Con sportività e spirito cavalleresco, infatti, li avevamo avvisati in epoca non sospetta del fatto che un referendum totalmente abrogativo della legge che istituisce l’Autonomia differenziata sarebbe stato incostituzionale.
È una vecchia storia (solo apparentemente tecnica): poiché la Corte Costituzionale è da sempre stata ostile verso l’istituto referendario, ad ogni occasione ha esteso, aggravato e complicato la sua giurisprudenza in materia, aggiungendo ogni volta un nuovo criterio per non ammettere un quesito, oltre alle ipotesi già fissate direttamente dall’articolo 75 della Costituzione.
Ecco, il quesito di abrogazione totale della legge sull’Autonomia, in un colpo solo, viola a nostro avviso almeno tre di quei criteri (è un ddl collegato alla legge di bilancio, è una legge ordinaria cosiddetta costituzionalmente necessaria o obbligatoria, e la sua abrogazione causerebbe un vuoto normativo e inevitabili problemi di funzionamento delle Regioni). Per tutte queste ragioni, la Consulta adesso - perderebbe la faccia se, smentendo una trentina d’anni di sua giurisprudenza, ammettesse il quesito di Schlein e compagni.
I quali allora, pensando di essere furbissimi, hanno predisposto due referendum: uno di cancellazione totale delle norme sull’Autonomia (quasi certamente illegittimo, come abbiamo appena visto), e un altro più limitato di abrogazione parziale. Senonché alcuni (grillini in testa, par di capire) si sono resi conto a scoppio ritardato che questo secondo quesito sarebbe troppo limitato nella sua portata demolitrice, insomma cancellerebbe troppo poco. Morale: se anche passasse, resterebbe confermato il grosso dell’impianto legislativo predisposto dal centrodestra.
Il piccolo “dettaglio” è che di tutto questo a sinistra si sono accorti solo a babbo morto, come si dice, cioè dopo aver avviato la macchina referendaria. Il che rende inevitabili due considerazioni. La prima: su tutta questa materia, i compagni stanno accumulando figure barbine. L’Autonomia è stata notoriamente (fin dal 1994) anche una loro proposta: e soltanto ora, in odio a Meloni e Salvini, hanno iniziato a gridare contro. Di più: uno dei governatori promotori della consultazione referendaria (il neo eurodeputato Bonaccini) aveva schierato la sua Emilia Romagna al fianco di Lombardia e Veneto all’inizio di questa vicenda. Ora invece, arrampicandosi sugli specchi, il tapino prova a sostenere che la “sua” Autonomia era diversa da quella attuale: ma sono scuse abbastanza patetiche. Ormai è chiaro che i compagni si sono mossi per puro spirito di contrapposizione, cioè per fare una chiassata anti-governo e trasformare il casus belli dell’Autonomia nell’occasione per metter su l’ammucchiata che abbiamo visto immortalata nella foto davanti alla Cassazione. Ma la seconda considerazione se possibile - è ancora più sconfortante. Possibile che i partiti della sinistra, prima di depositare i quesiti, non siano nemmeno riusciti a organizzare tra loro una riunione, un “tavolo”, insomma un momento di minimo coordinamento per mettersi preventivamente d’accordo? Ecco, se si sono comportati in modo così irresponsabile e dilettantesco per promuovere un referendum, immaginate che cosa accadrebbe se quel caravanserraglio dovesse trovarsi un domani (il buon Dio ce ne scampi...) ad affrontare questioni come l’Ucraina, il Medio Oriente, le tasse, le grandi opere, e così via. Sarebbe un pandemonio: con queste premesse, non riuscirebbero nemmeno a mettersi d’accordo per ordinare i caffè, figurarsi per stendere un programma di governo. Dunque, le maschere sono cadute: non c’è nessuna serietà, nessun approfondito esame di merito delle questioni, ma solo la volontà di schierarsi pregiudizialmente «contro le destre». È una logica da assemblea studentesca, da gruppo di occupazione al liceo, da rumorosa piazzata. Ma non parlateci di «alternativa» e di «cultura di governo», per favore.
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