Sì, sono già trascorsi nove mesi da quel tragico 7 ottobre quando la barbarie di Hamas si è scatenata contro i villaggi e i kibbutz del sud di Israele. I terroristi di Gaza hanno violentato, torturato e massacrato uomini, donne e bambini, anziani e neonati. Contemporaneamente, migliaia di missili venivano lanciati su tutto il Paese. Lo Stato ebraico non ha avuto altra scelta che rispondere, lanciando una massiccia offensiva per fermare gli attacchi e liberare i suoi cittadini rapiti e portati via con la forza per servire da ostaggi e da scudi umani. Questa, almeno, è la versione presentata da Israele, perché Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha subito relativizzato i fatti. Per quanto criminali possano essere state le azioni dei palestinesi a Gaza, a suo avviso è stata una reazione naturale a più di mezzo secolo di occupazione oppressiva. Pertanto si è dimostrato decisamente meno comprensivo nei confronti dell’operazione militare israeliana. Oggi, come lui, per molti, dopo nove mesi di guerra, la distruzione della Striscia di Gaza trasformata in un cumulo di macerie, il disagio delle popolazioni, le minacce di carestia e genocidio, ci sono temi più urgenti del destino degli israeliani ancora detenuti.
A proposito, quanti sono ancora vivi? È chiaro che se non sono stati liberati, la colpa è del governo israeliano di estrema destra, che non è disposto ad accettare le proposte di Hamas, del cui leader continua a dare la caccia. Se è così ansioso di rivedere i suoi cittadini, non deve fare altro che fermare i combattimenti, ritirare le sue truppe e aprire le porte delle sue prigioni, che sono così affollate che non c’è più posto per i militanti arrestati in questi giorni a Gaza . Dopotutto, in cambio del soldato Shalit, avevano riacquistato la libertà un migliaio di patrioti di Gaza, che i sionisti chiamano terroristi. Tra cui c’erano Yehia Sinwar e Ismaïl Hanniyeh. Molti di loro hanno poi ripreso la lotta contro l’occupante? Niente di più normale. Ciò è in conformità con lo statuto di Hamas, che Israele – e alcuni altri Paesi occidentali – si permettono di qualificare come organizzazione terroristica. Lo statuto del movimento chiede infattil'eliminazione dello Stato ebraico e l'istituzione di un califfato islamico che applichi la legge della Sharia in tutta la Palestina storica. Cosa potrebbe esserci di più legittimo, urlano milioni di studenti in America e in Europa. Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera! Abbiamo visto che avevano il sostegno di gran parte dell'opinione pubblica e di personalità politiche di spicco. Di più, diversi Paesi hanno già riconosciuto una Palestina, per quanto virtuale; da un lato, essa non ha confini definiti, nessuno di questi Paesi sembra pronto a sostenere lo slogan degli studenti che chiedono la scomparsa di Israele; dall’altro, chi sarebbe chiamato a governarla? L’Autorità Palestinese con sede a Ramallah o i leader di Hamas che hanno preso il potere a Gaza con un sanguinoso colpo di Stato? Eppure, è in suo nome che gli ebrei vengono ancora una volta braccati per le strade della vecchia Europa...