Decisamente il mondo è capovolto. La carestia minaccia gran parte dell’Africa, la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina si trascina, facendo temere una conflagrazione regionale. Taiwan vive nell’ossessione di un’invasione cinese. Ma non è questo che occupa la prima pagina della stampa occidentale. Essa dedica lunghe trattazioni a un argomento molto più importante: Israele. Sfortunatamente, questo non è per lodare i suoi risultati o discutere dei suoi problemi. L’impegno per delegittimare lo Stato ebraico non è mai stato così forte. Un vero e proprio maremoto popolare invoca la sua distruzione e la sua sostituzione con una Palestina ancora virtuale di cui nessuno conosce né i contorni né i rappresentanti. A parte il fatto che sarebbe inoltre dominata da un islamismo in stile Hamas, cosa che non sembra sollevare alcun problema. Questo appello è amplificato non solo dai social network ma anche dai maggiori organi di stampa, in Medio Oriente come in Europa. Niente sembra poter scalfire questo straordinario slancio di solidarietà per la “causa palestinese.” Né le atrocità commesse il 7 ottobre, né il calvario degli ostaggi israeliani. La sorte dei neonati uccisi quel giorno o rapiti non commuove le masse; la storia delle violenze sessuali subite dalle giovani prigioniere viene accolta con indifferenza se non addirittura con il rifiuto. Curiosamente, proprio coloro che fino a poco tempo fa protestavano con indignazione contro l'equazione antisionismo = antisemitismo, ora accusano tutti gli ebrei di essere sionisti e come tali colpevoli di sostenere uno Stato che i suoi nemici definiscono “genocida”, senza preoccuparsi della realtà dei fatti. E quindi si arrogano il diritto di insultarli, addirittura di attaccarli. Una situazione che non lascia indifferenti gli elettori dei Paesi democratici nel momento in cui sono in corso grandi consultazioni elettorali. La bandiera palestinese è onnipresente nella maggior parte dei raduni popolari mentre le bandiere nazionali sono rare. Da qui il dilemma che i partiti politici si trovano ad affrontare. Esprimersi a favore della Palestina, tema unificante, non è realmente impegnativo, hanno pensato alcuni; adottare un atteggiamento più misurato non è invece privo di rischi. Le scelte da loro compiute hanno trasformato la scena politica tradizionale e offuscato le distinzioni tra destra e sinistra. Tuttavia, c’è un Paese europeo che ha rifiutato di lasciarsi conquistare da questa ondata di populismo e di cedere alle sue pressioni. Questo Paese è la Germania. Sta mettendo in atto dei meccanismi per tutelarsi. D'ora in poi, chiunque desideri acquisire la cittadinanza tedesca dovrà rispondere a domande specifiche sulla sua posizione riguardo all'antisemitismo, al diritto all'esistenza dello Stato di Israele e alla vita degli ebrei in Germania. Alcuni diranno che, se rispondere bene è essenziale, ciò non significa che ci sia convinzione. Ciò significherebbe però dimenticare la clausola che consente allo Stato di intervenire entro 10 anni se si scopre che il candidato ha mentito durante il suo processo di naturalizzazione. Naturalmente, diranno alcuni, la Germania ha un passato pesante da ripulire. Perché, la Francia no?