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Libero Rassegna Stampa
03.07.2024 Zelensky dice no a Orban
Cronaca di Giovanni Longoni

Testata: Libero
Data: 03 luglio 2024
Pagina: 9
Autore: Giovanni Longoni
Titolo: «Orban a Zelensky: tregua, Kiev dice no ma è nei guai»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/07/2024, a pag. 9, con il titolo "Orban a Zelensky: tregua, Kiev dice no ma è nei guai", analisi di Giovanni Longoni.

Giovanni Longoni.
Giovanni Longoni

Orban è andato per la prima volta in visita a Kiev, incontrando il presidente ucraino Zelensky. Ma non si smentisce: di fatto ha proposto all'Ucraina di arrendersi, accettando una tregua e condizioni di pace vergognose. Bisogna capire che l'Ue deve far vincere l'Ucraina e non può permettersi un presidente di turno, quale è Orban, che rema contro. Orban è la fine di un'Europa seria ed è un altro sintomo di un Occidente debolissimo.

Viktor Orban ci ha provato. Come viaggio inaugurale del semestre ungherese di presidenza dell’Unione europea, il primo ministro di Budapest è volato a Kiev. Una scelta sorprendente dati i cattivi rapporti fra i due governi ma che va letta consideranto il ruolo che Orban cerca di ritagliarsi in una Europa in cui la destra ha un peso sempre maggiore e gli Stati Uniti si preparano verosimilmente al bis di Donald Trump.
Il leader di Fidesz è in un periodo di superattività: a Bruxelles sta creando un nuovo gruppo parlamentare di destra mentre ieri ha chiesto agli ucraini di arrivare alla tregua per facilitare i colloqui di pace.
«Ho chiesto al presidente di considerare se un rapido cessate il fuoco potrebbe accelerare i colloqui di pace», ha dichiarato il leader ungherese in una conferenza stampa accanto a Zelensky, aggiungendo che la cessazione delle ostilità da lui immaginata sarebbe a tempo determinato.
Orban a marzo era negli Stati Uniti per parlare con Trump, l’uomo che ha promesso di far finire la guerra sarà la priorità del suo eventuale secondo mandato. Anche nel recente dibattito tv con Biden, Donald ha sparato a palle incatenate contro un conflitto che non sarebbe dovuto iniziare e che sta costando 200 miliardi di dollari ai contribuenti americani. Che l’ungherese sia l’inviato del tycoon per l’Ucraina è una possibilità concreta.
Cosa ha in testa il candidato repubblicano si può capire da un intervento di Keith Kellogg e Fred Fleitz (due militari che sedevano nel Consiglio di sicurezza nazionale di Trump) pubblicato sul sito dell’America First Policy Institute, think tank della destra. Kellogg e Fleitz propongono di porre fine al più presto alle ostilità tra Russia e Ucraina, portando le due nazioni al tavolo delle trattative. Mosca verrebbe persuasa a trattare anche grazie alla promessa di una sospensione a lungo termine dell’adesione dell’Ucraina alla Nato. Qualora Kiev decidesse di sottrarsi ai negoziati, il piano prevedrebbe di interromperle completamente ogni sostegno, mentre – viceversa – se Mosca dovesse rifiutare i colloqui, Washington aumenterebbe gli aiuti al Paese invaso.
Per Mosca sarebbe un successo: terrebbe ciò che si è presa (e che nessuno è in grado di toglierle, se non la Nato in una guerra devastante per tutti) e in più l’Ucraina non avrebbe la garanzia dell’ombrello atlantico. Che è l’unico che conta. Zelensky è alla canna del gas: la prospettiva di Trump alla Casa Bianca sarebbe devastante per lui molto più che per il suo Paese. E l’attuale situazione politica in America ed Europa, con le leadership liberal in crisi, non lo aiuta.
Il presidente ucraino quindi ha ascoltato Orban anche se Viktor gli prospettava una soluzione inaccettabile. Non solo: Kiev avrebbe accettato di sistemare una buona volta il contenzioso che la oppone a Budapest da decenni.
Le frizioni sono dovute alla presenza in Ucraina di una minoranza di magiari. Sono appena 150mila, non amano i russi, si arruolano per combattere Putin ma al tempo stesso sentono minacciata la loro identità in un Paese che, per cementare l’identità nazionale, non riconosce alle minoranze il diritto di usare la loro lingua.
Grazie alla visita di Orban, ha detto Zelensky, «il rapporto tra Ucraina e Ungheria sarà completamente diverso»; anche il leader di Fidesz aveva espresso il desiderio di «migliorare» le relazioni bilaterali.
Alla fine però, una volta che l’ospite se ne era andato a prendere l’aereo, la presidenza ucraina ha respinto la proposta ungherese di proclamare il cessate il fuoco. Lo ha dichiarato nel corso di una diretta televisiva il vicecapo dell’ufficio presidenziale di Zelensky, Ihor Zhovkva. «L’Ungheria non è il primo Paese a parlare di questa ipotesi. Il presidente dell’Ucraina ha ascoltato il suo interlocutore, ma in risposta ha dichiarato la sua posizione, che è chiara, comprensibile e conosciuta», ha detto Zhovkva. Il funzionario ha ricordato che l’Ucraina ritiene che per concludere il conflitto occorra organizzare un secondo vertice globale di pace. Secondo Zhovkva, i rappresentanti della Russia potranno partecipare all’evento se Mosca non porrà degli ultimatum all’Ucraina.
Zelensky ha «invitato l’Ungheria e il primo ministro Orban ad unirsi» agli sforzi compiuti «in vista dell’organizzazione di un nuovo vertice per la pace», dopo quello di giugno in Svizzera dove Kiev ha cercato di mobilitare quanti più Paesi possibile attorno alle sue proposte. Il leader ucraino aveva già rifiutato in passato l’idea di una tregua, ritenendo che Mosca ne avrebbe approfittato per rafforzarsi; chiede il ritiro totale delle truppe russe dal Paese, inclusa la Crimea, annessa da Mosca nel 2014, e il pagamento dei danni causati dall’invasione. Richieste che, ogni giorno che passa, si dimostrano irrealizzabili.

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