lunedi` 16 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
02.07.2024 La sinistra processa il popolo
Editoriale di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 02 luglio 2024
Pagina: 1/3
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Dall'Europa agli Usa, la sinistra processa il popolo degli elettori»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 02/07/2024, a pag. 1/3, con il titolo "Dall'Europa agli Usa, la sinistra processa il popolo degli elettori", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Macron e Biden, i due grandi sconfitti di questo inizio estate. Ma se gli elettori non li vogliono più, allora è colpa degli elettori. Non dei loro errori. Così la sinistra processa il popolo.

Siamo arrivati al nocciolo della questione. Ieri, commentando – in apparenza – le elezioni francesi, Giorgia Meloni è arrivata dritta al cuore di un rilevantissimo nodo politico e mediatico italiano.
Leggiamo bene la sua frase -chiave: «Noto qualcosa che in forme diverse avviene anche in Italia: il tentativo costante di demonizzare e mettere all’angolo il popolo che non vota per le sinistre. È un trucco che serve a scappare dal confronto sul merito delle diverse proposte. Ma è un trucco in cui cadono sempre meno persone: lo abbiamo visto in Italia, si vede sempre di più in Europa e in tutto l’Occidente».
Dalle parti di Libero, ne siamo convinti da tempo. Il pregiudizio con cui viene commentato il voto francese e con cui viene seguita la campagna elettorale americana è fin troppo chiaro. Da una parte, anche i grandi giornali mainstream sono costretti ad ammettere ciò che non funziona a sinistra: gli antisemiti e i tifosi di Hamas arruolati da Melenchon (e ora indirettamente abbracciati pure da Macron, nel momento in cui si imbarca in un “campo largo” senza confini), così come – al di là dell’Oceano – l’evidente inadeguatezza della ricandidatura di Joe Biden. Ma dall’altra, non di rado con una simmetria fin troppo sospetta, si coglie lo sforzo costante e quasi ossessivo di molti osservatori di prospettare fantasmi e spauracchi a destra: descrivendo Le Pen e Bardella come xenofobi e razzisti, o una nuova presidenza Trump come l’anticamera dell’Apocalisse.
In questo senso, l’operazione culturale in corso è ancora più sofisticata e insidiosa di quella denunciata da Meloni: non c’è solo la demonizzazione della destra, ma un tentativo di far corrispondere ad ogni inevitabile critica alla sinistra una altrettanto severa (e se possibile ancora più aspra) contestazione ai possibili vincitori della parte opposta.
Che strano: appena poche settimane fa, una copertina dell’Economist e una prima pagina del Financial Times sembravano per lo meno constatare – e quasi accettare con occhio benevolo – il protagonismo di Meloni e Le Pen nel nuovo scenario europeo. E invece ora, che si tratti di Parigi o di Washington, sembra andare molto di moda una logica “né né”, “né con questi, né con quelli”. Come se si tentasse – in un colpo solo – di delegittimare i quasi certi vincitori non progressisti, e di favorire opzioni centriste prive di consistenza elettorale, o comunque reiteratamente rifiutate dagli elettori.
Il primo tema è fin troppo chiaro. Nella cultura dominante in Italia, è come se fosse stata sancita da anni una sorta di “illegittimità” di un centrodestra in Italia; è come se, nel nostro paese, un centrodestra vincente e di governo non fosse di per sé accettabile. Diciamolo fuori dai denti: è come se l’idea stessa di destra o centrodestra fosse di per sé scandalosa e insopportabile, da bandire, agli occhi di molta parte dell’establishment.
Il secondo tema rappresenta una forzatura ancora maggiore: cercare di riproporre soluzioni “terze” che, in tempi di polarizzazione spinta, ben difficilmente possono trovare vasto supporto popolare. Eppure si continua a spingere in tal senso, non di rado con il retropensiero di disarticolare e sfaldare lo schieramento che in Italia è oggi a supporto di Meloni.
Ragionevolezza dovrebbe indurre anche i più testardi a fare i conti con la realtà: il mitico “centro”, in Italia, è un luogo affollatissimo di politici ma assolutamente non frequentato dagli elettori. Al massimo, per operazioni di quel tipo, si possono immaginare risultati lusinghieri, intorno al 10%, soltanto nelle prime quattro-cinque città del paese, e poi zero o quasi altrove.
E proprio l’esperienza francese (con un Macron divinizzato ed esaltato per anni dai nostri media) dovrebbe insegnare che non solo questo tipo di soluzioni sono respinte dagli elettori, ma – peggio ancora - le ricette tecnocratiche o “tecnoprogressiste”, lungi dallo spegnere il disagio, lo alimentano, finendo per fortificare le spinte antisistema.
Forse anche questo – tra le righe – si può leggere nelle parole di ieri, a mio avviso particolarmente azzeccate, di Giorgia Meloni. La quale tuttavia è troppo esperta per non sapere che tocca a lei non solo denunciare un rischio, ma operare in positivo per evitare che esso si concretizzi. Come? Accelerando sul progetto (che allo stato pare purtroppo fermo) di un grande partito conservatore e liberalconservatore, mostrando una disponibilità ad accogliere, ad aprirsi, a interpretare le esigenze anche di elettori non tradizionalmente di destra (o comunque non già “acquisiti” a Fdi). Tutto questo vuol dire farsi carico di istanze “sviluppiste”, pro impresa, anti tasse.
Vuol dire dare l’idea di una cultura politica ariosa e polifonica, non monolitica (e talora rivolta al passato).
E vuol dire anche – senza rinunciare a nulla della propria storia e identità – mostrare un approccio meno ideologico in materia di libertà personali e temi etici rispetto a quanto facciano alcuni esponenti dell’attuale centrodestra: nessuna norma su queste materie è cambiata (e su questo Meloni ha ragione da vendere), ma purtroppo il tono usato da alcuni parlamentari rischia di collaborare – inconsapevolmente – all’operazione di marginalizzazione delle “destre” che altri hanno in animo per le ragioni che abbiamo visto.
È questo insieme di fattori che può concorrere a spiegare le difficoltà di un centrodestra (pur maggioritario a livello nazionale) nelle grandi città, o il suo essere in minoranza rispetto al voto giovanile.
Dunque, ancora una volta, tocca a chi ha coraggio e visione politica interpretare le attese degli elettori, scombinare i giochi di qualche vecchio mandarino, difendere e anzi rafforzare il bipolarismo, e al tempo stesso – condizione necessaria – accelerare il percorso di modernizzazione della destra italiana.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT