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Libero Rassegna Stampa
29.06.2024 Anche i leader UE troveranno un Trump
Editoriale di Mario Sechi

Testata: Libero
Data: 29 giugno 2024
Pagina: 1/14
Autore: Mario Sechi
Titolo: «Anche i Biden d'Europa troveranno il loro Trump»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/06/2024, a pag.1/14 con il titolo "Anche i Biden d'Europa troveranno il loro Trump" l'editoriale di Mario Sechi.


Mario Sechi

Biden bollito alla Casa Bianca. Scholz e Macron anatre zoppe nei loro paesi. Eppure continuano a voler sostenere la vecchia politica, a voler rinominare la vecchia commissione a guida von der Leyen, senza ascoltare il parere degli elettori.

La storia del bollito della Casa Bianca è una grande lezione di vita, la senilità senza lucidità non è un valore, ma un drammatico problema per la prima potenza mondiale. Mentre Biden balbettava tra i suoi vuoti e Trump impietosamente lo infilzava, il pensiero è corso ai leader dell’Unione europea che avevano appena chiuso la partita delle nomine, il tempo è passato, un periodo archiviato e non se ne rendono conto, si ostinano a non voler vedere la realtà e arriverà anche per loro un «momento Trump». Bocciati dagli elettori in patria, con seri problemi di tenuta politica, Olaf Scholz e Emmanuel Macron hanno deciso di riproporre una formula politica che vacilla sotto i colpi della storia. Al primo ostacolo vero, al primo confronto con la realtà - come già accaduto a Biden con Trump - verrà fuori la verità: la maggioranza virtuale che regge l’Unione Europea è bollita come il vecchio Joe. Guardate la Francia, Emmanuel Macron è un presidente in crisi nera, assediato dai suoi errori, impopolare per arroganza, sulla via di una doppia clamorosa sconfitta ha detto: «Io resto». Mon Dieu, può farlo ma la sua posizione è quella di un galletto che becca i fili dell’alta tensione. Osservate Olaf Scholz, ha 66 anni, gli occhi stretti disegnano due fessure che ricordano Biden quando si spreme le meningi in cerca di sé stesso, il cancelliere della Germania sembra uno che per caso attraversa la pianura della Fossa Renana. Rintracciate il presidente della Spagna, Pedro Sanchez, ha varato un governo -capestro con gli indipendentisti catalani, ha trasformato la Spagna in un Paese filo-arabo e anti-israeliano, di cosa possa andar fiero non si sa. Si legge lo spaesamento nello sguardo di Manfred Weber, leader dei Popolari europei che ha sì vinto le elezioni, ma ancora una volta si è auto -consegnato al «nemico», imprigionato in uno schema di potere con i Socialisti, un’alleanza in cui non credono più neanche loro.
Hanno indicato Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, così facendo replicano gli errori della scorsa legislatura.
I leader europei camminano su un sentiero parallelo a quello dei democratici americani, si nutrono di illusioni, fanno finta che vada tutto bene, vanno dritti contro il muro di titanio del tempo, della decadenza negata, della verità nascosta. Giorgia Meloni questo dettaglio lo ha colto, quando ricorda di «ascoltare» gli elettori europei dice a tutti che non sarà possibile continuare con la formula del come prima più di prima. Per questo ha espresso il suo disaccordo sulle candidature. L’Italia non è «isolata» come amano ripetere i pappagalli che non sanno leggere lo spirito del tempo, è invece saggiamente in attesa, sulla riva del fiume. Ursula von der Leyen ha bisogno di voti e nell’Europarlamento pullulano i franchi tiratori, come è già successo. Siamo solo al primo round della partita europea, la maggioranza balla la rumba al pallottoliere, ma è già scivolata sotto il tavolo sul piano politico. La mossa di Meloni ha una ragione tattica (far valere i suoi voti in aula all’occorrenza) per negoziare al meglio, ma ancora più importante è il ragionamento politico che ne ispira le decisioni: l’alleanza tra Socialisti e Popolari è debole in partenza, il voto francese sarà un Big Bang, l’Italia è l’unico Paese dell’Unione che ha stabilità. In una farsesca recita i leader hanno detto che «senza l’Italia non c’è l’Unione europea» ma poi hanno seguito il pilota automatico con la speranza di trascinare nella loro avventura verso l’ignoto anche l’Italia. Un’altra illusione, con Meloni si può negoziare tutto, tranne la resa.
La sinistra italiana e i gazzettieri di complemento fanno finta di non conoscere la realtà, obbediscono all’ossessione anti-meloniana, dimenticano la lunga traversata che li attende in casa (mancano tre anni alle elezioni politiche), sono in uno stato d’allucinazione permanente e si sono trasformati in profeti del tanto peggio tanto meglio. Non si rendono conto che fanno male soprattutto a se stessi, sono immersi nella bolla culturale di un progressismo decadente e quello che accade in America sta arrivando, come sempre, anche da noi, sono le ondate dei cicli storici. È una profonda crisi di identità che ha isolato la mente dei democratici americani al punto da mascherare ai loro occhi la figura di un presidente incapace di combattere.
La Casa Bianca da tempo non ha un «Commander in Chief» e si spiegano così gli errori, le incertezze, i tentennamenti, le fughe in avanti e i disordinati passi indietro (il più grave, il ritiro caotico dall’Afghanistan che ha incoraggiato i dittatori), la gabbia ideologica del «noi» e «loro» che ha finito per spaccare l’America ancora di più, proprio con Biden che aveva giurato di voler costruire ponti. Guardate gli Stati Uniti, dai grattacieli della Grande Mela ai ranch dei cavalli selvaggi, è un Paese che ruggisce. L’Unione europea - che non ha neppure un esercito - sta facendo altrettanto di fronte alle sfide della contemporaneità, la classe dirigente dei partiti «mainstream» non ha un grammo di senso storico, non conosce la minaccia esistenziale della guerra, non coglie gli elementi fiammeggianti di un’epoca rivoluzionaria, un tempo lungo cominciato proprio con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016.
Otto anni dopo il botto del Maga, l’Europa scopre che l’uomo di Manhattan è a un passo dalla vittoria, mentre Biden può solo perdere e allora bisogna correre ai ripari e sostituirlo in una corsa dove c’è un solo bolide in pista, quello di The Donald.
La storia si ripete sulla corsia parallela nel Vecchio Continente, piombato in un limbo di stanca senilità, tronfio nelle sue certezze, inetto nelle soluzioni, esposto ai colpi di cannone della Storia. Gli elettori hanno lanciato l’allarme con il loro voto l’8 e 9 giugno, il Consiglio europeo non ha fatto un plissé. Al risveglio, questa Europa sonnambula cadrà e scoprirà quello che anticipa il presente: i suoi leader sono invecchiati e impotenti.
Saranno tutti improvvisamente dei piccoli Joe Biden, senza neppure un briciolo della sua tragica grandezza di uomo solo al tramonto.

 

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