“Val-de-Marne: un ragazzino di 10 anni chiamato “sporco cristiano” e “sporco ebreo” da altri due bambini per strada” E’ successo lo scorso 20 giugno ad Alfortville. Considerato come semplice mancanza di educazione, di questo episodio non si è parlato molto. Innanzitutto per la sua scarsa rilevanza. La Francia purtroppo ha subito delle aggressioni antisemite ma anche degli attacchi contro delle chiese e perfino contro dei preti. Tuttavia, questa equazione tra ebreo e cristiano sulla bocca di ragazzini di quartiere avrebbe dovuto farci riflettere, visto l’attuale contesto. Tanto più che si può pensare che questi ragazzi abbiano imparato l'odio dell'ebreo e quello del cristiano proprio in casa loro. Pochi giorni dopo, era domenica sera del 23 giugno, in Daghestan, dei terroristi hanno attaccato due sinagoghe e una chiesa nelle due città più grandi. Una sinagoga è stata data alle fiamme, ad un prete ortodosso è stata tagliata la gola. L’indomani, lo Stato islamico del Khorasan (Asia centrale) ne ha rivendicato la responsabilità. Di certo non esiste alcuna disputa territoriale tra questa repubblica russa e il Daesh e ovviamente nessun motivo per attaccare sinagoghe o chiese, se non il cieco fanatismo.
"Gli islamisti dicono sempre che dopo il sabato c’è la domenica. Attaccano prima gli ebrei, poi i cristiani. Questa è la logica della jihad…” aveva affermato Éric Zemmour in un’intervista del 2 novembre del 2023. Non sembra che i due eventi accaduti negli ultimi giorni, a poche migliaia di chilometri di distanza, abbiano fatto venire in mente agli europei questa espressione simbolica. Infatti è più comodo vederla come una manifestazione di islamofobia e nulla di più. Tuttavia, in origine si tratta di un proverbio arabo. E in Medio Oriente non ci possiamo fare illusioni sul suo significato. Durante il suo breve regno, Daesh – il Califfato islamico – ha dato fuoco agli edifici religiosi e massacrato i cristiani, che sono tuttora perseguitati. Un tempo, loro rappresentavano un quarto della popolazione del Medio Oriente, oggi sono appena undici milioni. Ne è consapevole lei, questa bella gioventù studentesca che indossa con orgoglio la kefiah e che mostra la sua solidarietà ad Hamas? Probabilmente no. Proclama il suo sostegno a una Palestina libera “dal fiume al mare” senza sapere veramente di quale fiume, e nemmeno di quale mare, si tratti. Questi studenti coraggiosi, così pieni di fervore, provengono tuttavia principalmente da ambienti cristiani – cattolici o protestanti. Sono lontani dall'immaginare che per i sostenitori dell'Islam essi sono considerati “infedeli” allo stesso modo degli ebrei. Degli individui in definitiva inferiori che, nel mondo governato dalla Sharia a cui aspirano gli islamisti di ogni genere, dovranno sottomettersi e accettare la loro condizione di dhimmi. Per quanto riguarda i membri della comunità omosessuale che marciano con orgoglio in favore della Palestina, dobbiamo aver dimenticato di dire loro che nel mondo islamico, l’omosessualità è un crimine punibile con la morte.