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Libero Rassegna Stampa
24.06.2024 Macron resta, i voti vanno a Le Pen
Analisi di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 24 giugno 2024
Pagina: 11
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «Macron non molla, ma Le Pen lo fa tremare»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/06/2024, pag. 11, con il titolo "Macron non molla, ma Le Pen lo fa tremare", l'analisi di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

Le Pen sta erodendo consensi a Macron. Il presidente annuncia già da ora che, comunque vadano le elezioni per il parlamento, lui non darà le dimissioni fino alla scadenza del mandato nel 2027. Però il suo partito si prepara a ricevere una batosta storica alle urne.

«Agirò fino a maggio 2027 come vostro presidente, protettore della nostra Repubblica, dei nostri valori, rispettoso del pluralismo e delle vostre scelte, al vostro servizio e a quello della Nazione» ha scritto Macron in una lettera pubblicata su diversi quotidiani francesi rispondendo a quanti, tra i suoi oppositori, sostengono che sarà costretto a dimettersi in caso di sconfitta. Le prossime elezioni, ha detto, non sono «né un’elezione presidenziale né un voto di fiducia al presidente della Repubblica», ma la risposta a «un’unica domanda: chi governerà la Francia». Un tentativo di rassicurare i francesi. Ma che non fa i conti col clima che si respira nel Paese. Due sondaggi, ad appena una settimana dal voto, inchiodano Macron al suo destino. Il primo (Ipsos) attesta che Rassemblement National insieme agli alleati supera il 35%, mentre il campo presidenziale di Ensemble pour la République non arriva al 20%. Il secondo (sempre Ipsos) indica invece che i francesi affiderebbero più volentieri l’economia del Paese alla coppia Le Pen e Bardella piuttosto che a Macron. Si tratta nel dettaglio del 25% degli intervistati contro il 20% del presidente, un dato clamoroso dal momento che la destra in Francia non ha mai governato e che Ensamble viene superato su questo punto anche dal Nuovo Fronte Popolare (22%). Il minestrone di sinistra ottiene un discreto risultato anche in termini di voti attestandosi a ridosso del 30%. Percentuali che la dicono lunga sull’insoddisfazione dell’elettorato francese nei confronti di Macron e del suo governo diretto da Gabriel Attal, lasciando prefigurare una batosta storica per un capo di Stato in carica. Il primo ministro ha confermato che «qualunque sia il risultato delle elezioni, il presidente sarà sempre presidente», ovvero non darà le dimissioni, come suggerito da Marine Le Pen. «La sola questione in ballo» ha precisato Attal «è quella di sapere chi sarà primo ministro e quale maggioranza governerà».
Attal ha aggiunto che «Marine Le Pen vorrebbe trasformare le elezioni legislative in presidenziali». Il giovane premier evoca dunque la possibilità di quella che in Francia viene definita “cohabitation”, ovvero un capo dello Stato e un governo che appartengono a due schieramenti opposti, un caso avvenuto nella Quinta Repubblica solo tre volte e tutte piuttosto lontane nel tempo. La prima (1986-1988) fu una disastrosa coabitazione tra François Mitterrand e il primo ministro Jacques Chirac, dalla quale dopo due anni ne uscì vincitore il socialista con la rielezione a presidente. È forse questo a cui punta Macron, lasciare che Bardella o chiper esso governi e si logori raccogliendone i frutti politici ed elettorali alle prossime presidenziali. L’esperimento si ripetè più tardi tra lo stesso Mitterand e Édouard Balladur, tra i quali tuttavia i rapporti erano migliori. La terza (1997-2002) coabitazione vide presidente lo stesso Chirac e primo ministro il socialista Lionel Jospin, una condivisione del potere lunga e forzata anche per via del contemporaneo passaggio all’euro.
Non è detto tuttavia che sia proprio la destra di Rassemblement a guidare il nuovo governo. Bardella ha già fatto sapere che lui sarà primo ministro solo se insieme agli alleati raggiungerà la maggioranza assoluta. Un’eventualità non semplice anche se il suo partito risulta primo nel 93% dei comuni.
«Senza maggioranza assoluta» ha detto il segretario di Rassemblement, «credo che nessun francese pensi che si possa cambiare la situazione in maniera permanente». «Senza maggioranza assoluta» ha ribadito «sarei alla mercé di qualsiasi mozione di censura e dovrei lasciare dopo qualche giorno. Accetterò di essere nominato soltanto se avrò potere di agire e la legittimità democratica e istituzionale per farlo». Bardella ha comunque ripetuto ciò che Marine Le Pen aveva detto una settimana fa, e cioè che se sarà incaricato premier, formerà «un governo di unione nazionale» con il compito di arginare la minaccia che arriva da sinistra. «Il vero tema» delle elezioni, aveva detto l’attuale presidente del partito, è la lotta contro «una estrema sinistra radicale e violenta che oltraggiale libertà individuali e pubbliche». Dopo aver definito il blocco della sinistra «estremamente preoccupante», la candidata di Rn ha promesso che il nuovo eventuale governo riunirà «tutti gli uomini e le donne di buona volontà che sono consapevoli della situazione catastrofica del Paese». In ogni caso se i numeri dei sondaggi dovessero trovare conferma, la figura di Macron in ambito nazionale e internazionale verrebbe considerevolmente ridimensionata.
Non a caso ieri Olaf Scholz ha dichiarato di essere «preoccupato» per le elezioni in Francia e una vittoria della destra, una possibilità che secondo il cancelliere tedesco potrebbe ispirare un’ulteriore avanzata dell’Afd in Germania. A differenza che in passato tuttavia Macron sembra non voglia scendere a compromessi. Nel 2022 aveva chiesto agli elettori di sinistra di erigere una barriera contro l’estrema destra, ora non lo fa e prende di mira anche la sinistra.

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