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Libero Rassegna Stampa
21.06.2024 Le differenze tra Netanyahu e Hagari
Analisi di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 21 giugno 2024
Pagina: 16
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Solo 50 ostaggi ancora vivi. Borrell non difende Cipro»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/06/2024, a pag. 16, con il titolo "Solo 50 ostaggi ancora vivi. Borrell non difende Cipro", la cronaca di Amedeo Ardenza

Daniel Hagari e Benjamin Netanyahu, due approcci diversi. Mentre il portavoce dell'IDF afferma che Hamas non sia sradicabile (è "un'idea" e non un esercito), per Netanyahu la vittoria contro il gruppo terrorista è un obiettivo irrinunciabile della guerra. Intanto la minaccia di Hezbollah al nord è sempre più grave

L’adagio latino si vis pacem, parabellum (se vuoi la pace, prepara la guerra) ben si adatta a descrivere la situazione sui due lati del confine fra Israele e Libano. La recente missione nella regione da parte di Amos Hochstein, inviato speciale del presidente degli Usa Joe Biden, non ha sortito alcun effetto: da un lato il governo di Beirut ha confermato di non aver voce in capitolo. «Non vogliamo alcuna escalation ma solo la fine dell’aggressione israeliana», ha spiegato il primo ministro a interim Najib Miqati: impossibile dire il vero ossia chiedere che Hezbollah smetta di martellare da otto mesi e mezzo il nord d’Israele usando il sud del Libano come rampa di lancio missilistica. Gli ultimi due capi del governo libanese che hanno cercato di mettersi di traverso ai programmi della milizia sciita pedina dell’Iran hanno fatto una brutta fine: l’ex premier Rafiq Hariri saltò in aria con la sua scorta il 14 febbraio 2005; suo figlio Sa’ad si dimise da primo ministro nel 2017 durante una visita ufficiale in Arabia Saudita denunciando “interferenze dell’Iran”.

HAIFA NEL MIRINO

Hochstein da parte sua ha definito “futili” i colloqui con Hezbollah: nelle stesse ore la milizia produceva lunghi filmati della città di Haifa, nel nord d’Israele, indicandola come legittimo obiettivo se si arriverà a un conflitto con lo Stato ebraico. Un conflitto in cui Israele rischia, hanno spiegato ieri fonti militari Usa alla Cnn: Hezbollah è forte di almeno 130 mila missili che potrebbero mandare in tilt l’Iron Dome, lo scudo missilistico messo in piedi da anni dalle Israel Defense Forces con l’aiuto degli Usa.
Ieri il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha buttato altro benzina sul fuoco minacciando guerra non solo contro lo stato ebraico ma anche contro Cipro «se aprirà i propri aeroporti e basi militari a Israele».
Sempre solerte nel criticare Israele, ieri l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell si deve essre dimenticato che Cipro è un Paese membro dell’Ue: almeno fino a sera non si sono viste sue prese di posizione. Così il presidente della Repubblica di Cipro Nikos Christodoulides si è difeso da solo: «Le dichiarazioni (di Nasrallah) sono sgradevoli e non corrispondono in alcun modo a ciò che viene asserito, presentando l'immagine di Cipro coinvolta nelle attività di guerra. Non è affatto così: Cipro è parte della soluzione, non del problema».
In Israele un conflitto com Hezbollah fa molta paura: ieri Shaul Goldstein, ceo dell’operatore della rete elettrica (Noga) ha affermato che il sistema non è a prova di guerra e che Nasrallah potrebbe togliere la corrente allo Stato ebraico «con una telefonata».
Ma se il Paese è compatto nel volersi difendere dai missili del gruppo sciita, ieri il governo e le Idf si sono divisi sulla guerra a Hamas nel sud. In un’intervista televisiva il portavoce delle forze armate, Daniel Hagari, ha asserito che sradicare il gruppo terroristico non è un obiettivo realistico e che annunciare che Hamas scomparirà equivale «a gettare polvere negli occhi dell’opinione pubblica». Per Hagari il problema non è militare perché «Hamas è un’idea, è un partito. È radicato nel cuore della gente: chiunque pensi che possiamo eliminarlo si sbaglia». Quindi ha aggiunto che è impossibile liberare tutti gli ostaggi con la forza.

LO SCONTRO

Parole che gli hanno guadagnato una reprimenda da parte del premier Benjamin Netanyahu secondo cui «la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas» è un obiettivo del governo che «impegna le Idf in questo senso». Mentre Hagari e Netanyahu sottilineavano le proprie differenze, dagli Usa arrivava un rapporto del Wall Street Journal: citando fonti del governo Usa, il Wjs ha scritto che solo 50 degli oltre 120 ostaggi israeliani nella mani di Hamas sarebbero ancora in vita. Ieri, infine, la Casa Bianca ha espresso contrarietà nei confronti di un filmato in cui Netanyahu accusa gli Usa di rallentare la consegne di armi e munizioni a Israele. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale , John Kirby, si è domandato cosa abbia spinto il premier a fare questa affermazione, «visto che nessun altro Paese sta facendo di più per aiutare Israele a difendersi da Hamas e da altre minacce nella regione». La Casa Biancha ha anche smentito di aver cancellato incontri previsti con i consiglieri del premier israeliano.

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