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Libero Rassegna Stampa
15.06.2024 Caso Toti: democrazia sospesa
Editoriale di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 15 giugno 2024
Pagina: 1
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «E poi criticano i giudici ungheresi...»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 15/06/2024, a pag. 1, con il titolo "E poi criticano i giudici ungheresi...", il commento di Daniele Capezzone 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, in arresto. Resta ai domiciliari un governatore incensurato, per un'indagine che è appena agli inizi e basata su prove discutibili. In confronto, la magistratura ungherese (che è nel mirino per il caso Salis) è molto più garantista.

La storia è tutta qui, maledettamente semplice eppure sconcertante per molti italiani: Toti dentro, Salis fuori. Con una giustizia italiana che non pare affatto più rassicurante di quella ungherese.
Un governatore stravotato dai cittadini, incensurato, sottoposto a un’indagine assai discutibile su fatti di diversi anni fa e relativi a contributi regolarmente registrati, è costretto agli arresti domiciliari da oltre un mese, e un gip che pare molto schiacciato sulle tesi della procura lascia intendere che Toti non possa essere liberato per il rischio di reiterazione dei reati in vista delle regionali del 2025. Verrebbe da sorridere amaramente: perché trascurare analogo pericolo anche per le politiche del 2027 e le europee del 2029? Vogliamo dunque rinchiudere Toti per sempre e senza processo?
C’è chi teme che la triste verità sia un’altra: l’obiettivo politico di qualcuno a sinistra è indurlo alle dimissioni come prezzo per il recupero della piena libertà. E ci auguriamo che Toti abbia la forza morale di resistere, e di non dare a nessuno questa soddisfazione.
E invece Ilaria Salis, con un impressionante curriculum di illegalità alle spalle (ma nel pieno di un processo, sospeso ieri, rispetto al quale è ancora innocente), votata a sua volta dagli elettori, è stata liberata e tornerà presto in Italia, portata in processione come una madonna pellegrina, prima di accomodarsi sugli scranni di Strasburgo.
Davanti a questa contraddizione, che deve pensare un cittadino comune? Figurarsi se qui a Libero ci mettiamo a invocare galera per chicchessia: non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Anzi: ci rallegriamo per la ritrovata libertà di Ilaria (nonostante non ci stia affatto simpatica: ma la normalità è appunto che una cittadina, deputata o meno, sia processata a piede libero), e semmai ci addoloriamo della decisione su Toti.
E però non si può non rimanere sconcertati davanti a un clamoroso doppio standard: per Ilaria, suonano i violini (e i tromboni) di stampa e tv; per Giovanni, invece, silenzio di tomba.
Anche al di là delle tecnicalità legali, resta molto amaro in bocca. Il senso di giustizia di una comunità non dovrebbe mai essere calpestato.
Ovviamente, un sistema giuridico liberale non può basarsi solo su questa esigenza: ma non è saggio nemmeno ignorarla del tutto e perfino irriderla. Sfidare l’ira dei miti non è mai una buona idea.

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