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Libero Rassegna Stampa
04.06.2024 Le trattative per il ‘cessate il fuoco’
Cronaca di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 04 giugno 2024
Pagina: 15
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «Il G7 per la tregua a Gaza: Hamas accetti, Israele c'è»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/06/2024, pag. 15, con il titolo "Il G7 per la tregua a Gaza: Hamas accetti, Israele c'è", la cronaca di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

I leader del G7 (fra cui Giorgia Meloni) approvano la proposta di pace di Joe Biden. E invitano Hamas ad accettarlo, dando per scontato che Israele abbia già dato il suo assenso. Fanno i conti senza l'oste: Netanyahu ha già dichiarato che a queste condizioni, se Hamas resta al potere a Gaza, una pace sarebbe una resa.

«Noi, i leader del Gruppo dei Sette (G7), approviamo pienamente e sosterremo l’accordo complessivo delineato dal presidente Biden che porterebbe a un cessate il fuoco immediato a Gaza, al rilascio di tutti gli ostaggi, a un forte e significativo aumento dell’assistenza umanitaria da distribuire a Gaza e una fine duratura della crisi, assicurando gli interessi di sicurezza di Israele e la sicurezza dei civili di Gaza. Riaffermiamo il nostro sostegno a un percorso credibile verso la pace che conduca a una soluzione dei due Stati. Chiediamo ad Hamas di accettare questo accordo, che Israele è pronto a portare avanti, e invitiamo le Nazioni che hanno influenza su Hamas a contribuire a garantire che lo faccia».
Con questa nota, il G7 - per chi non lo sapesse, forum informale che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e la cui presidenza è italiana fino alla fine del 2024- interviene in un momento importante e delicato del conflitto di Gaza, sl tavolo per l’appunto il piano per un cessate il fuoco sponsorizzato dalla Casa Bianca e in questo momento discusso da Israele e da Hamas, con la mediazione dell’Egitto che ospita i colloqui. D’altro canto, il premier Benjamin Netanyahu ribadisce il concetto: Israele è sì possibilista sul piano, a patto che si tratta di un accordo a tempo finalizzato al rilascio degli ostaggi, e in seguito si parlerà del resto. «Lo schema presentato da Biden è parziale- ha chiarito Netanyahu, - la guerra verrà fermata per la restituzione degli ostaggi e poi si procederà con la discussione».

OBIETTIVI IRRINUNCIABILI

Il premier israeliano ha sottolineato che «l’affermazione secondo cui abbiamo concordato un cessate il fuoco senza che le nostre condizioni fossero soddisfatte è errata», e lo Stato ebraico non ha alcuna intenzione di rinunciare ai suoi tre obiettivi di guerra, che in effetti sono sempre i soliti: distruggere le capacità di governo militare e civile di Hamas, garantire il rilascio di tutti gli ostaggi e garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele. La tregua dunque potrebbe durare fino al rilascio degli ostaggi, ma non oltre le sei settimane, in quanto «l’Iran e tutti i nostri nemici stanno guardando per vedere se capitoleremo».
Tale presa di posizione, che rappresenta comunque un’apertura rispetto al passato, sebbene non del tutto favorevole al piano di Biden così come è stato presentato, è stata possibile grazie all’intervento del leader dell’opposizione Yair Lapid che ha offerto al governo, per la seconda volta in pochi mesi, «una rete di sicurezza» nel caso i partiti di estrema destra - alla cui testa si pone Itamar Ben-Gvir - ne uscissero per protesta, così come hanno minacciato. «I nostri ostaggi devono ritornare. Ci sarà tempo per eliminare Sinwar e Deif, ci sarà tempo per eliminare Hamas. Non c’è più tempo per gli ostaggi», ha affermato Lapid alla Knesset.
Durissimi tuttavia i commenti di Ben-Gvir, che ha accusato Netanyahu di aver prima «insabbiato» la proposta di accordo e poi di averla «imbiancata». Il ministro della Sicurezza Nazionale l’ha definita «stupida», mentre il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich l’ha etichettata come «pericolosa».
Quest’ultimo ha ribadito ancora ieri che se davvero «il governo decidesse di adottare questa proposta di resa, noi non ne faremo parte e lavoreremo per sostituire la leadership».
Netanyahu in queste ore sta cercando di convincere i due a non ritirare l’appoggio al governo, insistendo sul fatto che in realtà, secondo la bozza completa dell’accordo, Israele non è tenuto a porre fine alla guerra contro Hamas.

FRONTE PALESTINESE

Ridotta allo stremo dal forcing dell’esercito israeliano a Rafah, Hamas non pare invece avere altra scelta - al di là dei proclami propagandistici - se non quella di accettare la proposta di Biden, diventata di fatto l’ultima chance di sopravvivenza. Lo dimostra anche il fatto che, secondo il quotidiano Haaretz, i terroristi palestinesi avrebbero chiesto una garanzia ufficiale da parte degli Stati Uniti che Israele sia disposta ad attuare tutte le condizioni dell’accordo, sottolineando la richiesta di un cessate il fuoco duraturo. Hamas dunque preme per ottenere una tregua abbastanza lunga che gli permetta di riorganizzarsi.
D’altro canto, l’alleato e sponsor di sempre di Hamas, l’Iran, appare più interessato alla continuazione della guerra nei termini attuali, in modo che Israele risulti sempre più isolato sul fronte internazione e per questo meno difendibile.
Ieri l’ayatollah Khamenei ha sottolineato ancora una volta come gli attacchi di Hamas contro Israele abbiano rappresentato «un colpo decisivo per il regime sionista» e in questo modo aperto «una strada che si concluderà con l’annientamento del regime».
Dichiarazioni che tuttavia hanno provocato perfino la reazione del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, il quale a definito l’azione di Hamas e il relativo appoggio dell’Iran «politiche che non servono agli obiettivi nazionali palestinesi... e distruggono il popolo palestinese, allontanandolo dalla terra la cui identità ha lottato per preservare, generazione dopo generazione».

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