venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
31.05.2024 Stop armi dall’Italia
Analisi di Lorenzo Mottola

Testata: Libero
Data: 31 maggio 2024
Pagina: 3
Autore: Lorenzo Mottola
Titolo: «Conte: Ora basta armi! Ma l'Italia ne ha poche e già non ne manda più»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 31/05/2024, a pag. 3 con il titolo "Conte: Ora basta armi! Ma l'Italia ne ha poche e già non ne manda più", l'analisi di Lorenzo Mottola.

lorenzo mottola | Libero Quotidiano
Lorenzo Mottola

Giuseppe Conte fa il pacifista. E anche nel PD c'è Tarquinio (ex direttore di Avvenire) che chiede addirittura di sciogliere la NATO di fronte all'aggressione russa. Ma la richiesta "basta armi" è superflua: l'Italia, a causa delle continue politiche disarmiste, di armi non ne ha proprio più!

 “Basta armi” e “basta guerra”. A giudicare dagli slogan della campagna elettorale, si potrebbe arrivare alla conclusione che è dalle urne tricolori che passa il destino del mondo.
Poi però c’è l’amara realtà, ovvero che purtroppo questo sapido dibattito non ha alcuna importanza nel contesto internazionale. La verità è che a nessuno importa granché di dove vanno a finire le armi italiane. Questo per due ragioni semplici: ne abbiamo poche e quelle che avevamo le abbiamo già spedite a Kiev. Per non parlare di quanto sia risibile la questione vista dal punto di vista israeliano.
L’import di Gerusalemme dall’estero è un flusso a senso unico: il 98% del materiale bellico arriva dagli Stati Uniti, che agli alleati hanno sempre garantito un canale privilegiato anche per le tecnologie più moderne. L’Italia negli ultimi anni è stato in effetti il terzo partner commerciale dello stato ebraico per le armi, ma bisogna sottolineare che nella categoria “armamenti” rientrano anche dotazioni di polizia, come per esempio i manganelli.
Dall’inizio della guerra il 7 ottobre scorso, comunque, il commercio con Israele si è del tutto interrotto. O almeno questo è quanto ha spiegato a più riprese il ministero degli Esteri.
Da sinistra contestano questi dati sulla base di alcuni documenti Istat che dimostrerebbero l’opposto. Si parla di alcune centinaia di migliaia di euro al mese (233.025 euro a ottobre, 584.511 a novembre), per contratti che potrebbero essere riconducibili a componenti per aerei o elicotteri. Poco più di due milioni in tutto per l’ultimo trimestre del 2023. Per farsi un’idea di quanto sia risibile questa cifra, è sufficiente ricordare un dato: nella sola notte dell’attacco scatenato dall’Iran, si calcola gli alleati occidentali abbiano speso circa 1,3 miliardi di dollari per abbattere i droni di Teheran.

LA REAZIONE

Certo, quando l’Italia ha annunciato lo stop all’export verso Israele («la legge ci impedisce di vendere a Paesi in guerra, siamo costretti», ha spiegato il ministro Antonio Tajani) la cosa aveva avuto una certa eco tra i giornali locali.
Ma solo e soltanto per una questione di solidarietà negata. Nessuno pensa che l’Idf – l’esercito con la stella di David – rimarrà a corto di munizioni per colpa delle temibili campagne elettorali Giuseppe Conte. D’altra parte, anche prima della guerra l’Italia importava da Israele circa il triplo di quanto esportava. Al massimo può essere la Knesset a staccarci la spina.

IL CASO KIEV

Poi c’è il caso Ucraina, che invece vede delle cifre decisamente più significative e che è stato al centro del piccolo scontro al question time di martedì alla Camera tra Guido Crosetto e i Cinquestelle. Il ministro della Difesa ha sostanzialmente preso in giro i grillini, dichiarandosi pronto a modificare le norme che gli impongono il segreto sulle armi che l’Italia invia al fronte del Donbass. Norme che sono state controfirmate proprio dai seguaci di Conte. E questo perché c’è ben poco da nascondere. È passato circa un anno da quando Crosetto ha spiegato che purtroppo l’Italia non ha più riserve da impiegare per sostenere gli sforzi di Zelensky. Magazzini vuoti. E non è un caso se – come dimostra l’Ukraine Support Tracker, ovvero il database periodicamente aggiornato che traccia gli aiuti ricevuti dall’inizio della guerra da Kiev – è proprio da allora che il nostro Paese non sta praticamente più inviando bombe e cannoni. Fino a quel momento avevamo invitato materiale bellico per circa un miliardo di euro. Da allora il flusso si è sostanzialmente fermato. Lo stesso vale perla Francia, mentre Regno Unito, Germania e Paesi nordici hanno aumentato significativamente i loro sforzi. Nella classifica degli aiuti, siamo piazzati in fondo alla lista dei grandi, staccati dalla Repubblica Ceca e poco sopra Belgio e Norvegia. L’Olanda ha dato circa il quadruplo di noi. Una nota: l’ultimo scontro sulle armi da inviare dall’Italia a Kiev riguardava il sistema Samp-T, acronimo di “Superficie Aria Media Portata Terrestre”. Si tratta di contraerea. Altrimenti detto, i pacifisti a Cinquestelle ritenevano che fosse un errore cercare di impedire a Putin di bombardare comodamente gli ucraini.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT