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Libero Rassegna Stampa
28.05.2024 Due guerre: da che parte sta l’Italia?
Analisi di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 28 maggio 2024
Pagina: 15
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «Il governo Meloni in equilibrio sulle due grandi crisi mondiali»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/05/2024, pag. 15, con il titolo "Il governo Meloni in equilibrio sulle due grandi crisi mondiali", la cronaca di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

Meloni, Tajani e Crosetto: da che parte stanno nella guerra in Ucraina e in quella di Gaza? In teoria sono schierati con l'Ucraina contro l'aggressione russa e con Israele contro il terrorismo di Hamas. Ma le loro ultime dichiarazioni lasciano parecchi dubbi, soprattutto quelle di Tajani contro l'uso di armi Nato contro il territorio russo e il monito di Crosetto su Israele che sta generando un odio "anche in figli e nipoti". Per Libero, in questo articolo di Nicolato si tratterebbe solo di pragmatismo ed equilibrio, ma a noi parecchi dubbi restano comunque.

Da che parte sta il governo italiano nelle due guerre in corso a due passi da noi, quella in Ucraina e quella Gaza? Nessuna amara sorpresa, nessuna inaspettata giravolta, l’Italia sotto la guida di Giorgia Meloni è saldamente atlantica e in quanto tale difende Kiev dall’aggressione di Putin e sostiene Israele da quella dei terroristi di Hamas. Ma siccome le posizioni radicalmente ideologiche hanno sempre fatto solo danni, il governo italiano distingue a seconda del buon senso, anche nella difesa sacrosanta di un Paese o di un principio.
Fin dalla sua elezione Giorgia Meloni si è dimostrata uno dei partner occidentali più affidabili dell’Ucraina, a sostegno della quale il nostro Paese ha finora ufficialmente contribuito con 2,2 miliardi in forniture militari (compreso quelle secretate).
Ma su un’altro punto la linea del governo attuale è sempre stata chiara fin dall’inizio: non siamo in guerra con la Russia e le nostre armi devono essere utilizzate solo in territorio ucraino a scopo di difesa. Le fughe in avanti di Macron, di Stoltenberg, di vari politici baltici o polacchi e perfino di Mario Monti, non sono mai state condivise dall’esecutivo, anzi sono fortemente osteggiate.

OPINIONI PERSONALI

L’ultima, quella del segretario della Nato secondo cui dovremmo permettere a Kiev di utilizzare armi occidentali anche in territorio russo, sono state definite ieri dal ministro degli Esteri Antonio Tajani «opinioni personali di Stoltenberg». «Non siamo in guerra con la Russia, non invieremo un soldato italiano a combattere in Ucraina e non siamo assolutamente favorevoli all’utilizzo degli strumenti militari inviati dall’Italia all’Ucraina fuori dai confini dell’Ucraina» ha ribadito ieri il leader di Forza Italia, chiarendo ancora la nostra posizione su quanti vorrebbero vedere soldati della Nato sul campo di battaglia. Tajani nei giorni scorsi aveva anche sottolineato che la difesa dell’Ucraina non è in discussione, ma non lo è neanche un impegno che va oltre quello stabilito fin dall’inizio. Quanto a Stoltenberg «serve collegialità nelle decisioni», e questo vale per tutti quelli che un giorno sì e un giorno no alzano i toni dell’escalation. Il vicepremier Salvini è stato ancora più deciso, sottolineando che nessuno può «imporci di uccidere» e ha chiesto che Stoltenberg «chieda scusa, o rettifichi osi dimetta».
La linea italiana è stata poi definitivamente sintetizzata dalla premier stessa la quale rispondendo su Rai3 a una domanda in proposito ha risposto «che bisogna essere prudenti», ma che è anche giusto «che la Nato mantenga la sua fermezza». Insomma, è «controproducente il racconto allarmante di una Europa sull'orlo di un conflitto ampio» ed «irresponsabile» è chi alimenta questo racconto.
La pace e la via diplomatica sono gli obiettivi del nostro Paese, e se si parla ancora di via diplomatica, ha detto la Meloni «è perché finora si è mantenuto equilibrio tra le forze». Tenendo sempre ben presente tuttavia chi è che ha scatenato la guerra.
Quest’ultimo punto è la chiave per capire anche la posizione del governo nella guerra in Medio Oriente. La presidente del Consiglio ha detto che «bisogna sempre ricordare chi è il responsabile di questa crisi. È Hamas che ha scatenato questo conflitto» e «spaventa l’assenza di empatia verso le vittime israeliane». Questo «racconta un antisemitismo latente che sta venendo fuori» ma, ha aggiunto, c’è il rischio che Israele si infili «nella trappola costruita dai fondamentalisti, quella di una rappresaglia su Gaza molto forte». Per tale motivo è necessario «scongiurare l'ingresso israeliano a Rafah» ed è necessario che Israele «rispetti il diritto internazionale».

I RISCHI DI BIBI

Anche in questo caso la posizione del governo italiano è atlantista, assomiglia a quella di Washington senza certe cadute fondamentalmente elettorali che hanno caratterizzato l’Amministrazione Biden degli ultimi tempi. Il pieno diritto di Israele a difendersi secondo il diritto internazionale e a vivere in pace sottolineato dalla Meloni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre è più valido che mai, ma non per questo Netanyahu deve commettere errori che possano ritorcersi contro il suo Paese. Sull’attacco di Israele a Rafah il ministro della Difesa Guido Crosetto ha amaramente ribadito ieri che «ormai la crisi ha delle proporzioni difficili da gestire» e l’impressione è che «con questa scelta Israele sta radicando un odio che coinvolgerà i loro figli e i loro nipoti».

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