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Il Giornale Rassegna Stampa
11.05.2024 Ma i palestinesi hanno sempre detto no, l'obiettivo era la distruzione di Israele
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 11 maggio 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Ma i palestinesi hanno sempre detto no, l'obiettivo era la distruzione di Israele»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 11/05/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Ma i palestinesi hanno sempre detto no, l'obiettivo era la distruzione di Israele ".


Fiamma Nirenstein

Da Arafat ad Abu Mazen l'obiettivo è sempre stato quello: cancellare Israele e far nascere una Palestina araba "dal fiume al mare". Per questo i palestinesi hanno sempre rifiutato l'idea di uno Stato al fianco di Israele.

Uno Stato palestinese è il sogno di tutti, specialmente di Israele, che ha cominciato a sperare di vederlo nascere in pace sin da quando nel 1948, data della sua fondazione, accettò la partizione: due stati per due popoli. Ma i palestinesi, per i quali l’ONU ieri ha votato di riaprire la porta a una decisione del Consiglio di Sicurezza che gli regali uno Stato, hanno sempre detto di no. Perché? Perché esso avrebbe comportato secondo le regole internazionali, quelle delle risoluzioni ONU, quelle degli accordi di Oslo, di riconoscere Israele e di condividere, suddividere, accettare… invece di rifiutare, distruggere, cancellare, sostituire. Non hanno mai cambiato idea: l’ottanta per cento dei palestinesi di Fatah tiene per Hamas, e Abu Mazen per convinzione o per paura di questa maggioranza molto attiva, che pratica il suo terrorismo quotidiano contro Israele, non ha mai condannato il 7 Ottobre, non ha mai rinunciato a pagare ai terroristi in carcere o alle loro famiglie uno stipendio che cresce col crimine commesso.

Le sue scuole insegnano odio nei testi, le lezioni, le colonie in cui si esaltano gli shahid che uccidono gli ebrei colonialisti e razzisti, si propaganda una cultura di morte; la sua economia non esiste; come la libertà dei dissidenti, delle donne, dei LGTBQ+. La sua leadership è debole e corrotta. E questo è uno Stato? Ad aprile gli USA hanno impedito col veto che il Consiglio di Sicurezza approvasse uno Stato palestinese privo della clausola indispensabile del riconoscimento di Israele e della condanna del terrore e senza le discussioni bilaterali sui confini che garantiscano la sicurezza delle due parti, anche di Israele. L’intenzione di votare “Palestina” può sembrare utile a spingere i palestinesi di Fatah verso un processo storico che li responsabilizzi in una Gaza libera da Hamas. Ma questi palestinesi, se andassero a elezioni, voterebbero per il 78 per cento per Haniyeh e solo per il 16 per Abbas. Inoltre, uno Stato deve avere un territorio, un’unità, un’economia.

E qui cosa c’è invece nonostante gli enormi aiuti internazionali? Armi ovunque, e la ripetuta linea di cancellare Israele. Se adesso gli USA non bloccheranno di nuovo questa follia, si romperanno anche gli accordi di Oslo, salterebbe la strada del negoziato su Gerusalemme, i confini, gli insediamenti, la sicurezza… resterebbe la soddisfazione di Hamas, gli Hezbollah, l’Iran, la Russia...

Nella decisione di ieri c’è solo un invito, dopo che il 7 Ottobre ha mostrato di quale odio senza frontiere sono capaci i palestinesi, a infischiarsene della trattativa per fornire una risposta accattivante e ammiccante alle folle che nelle strade urlano “from the river to the sea” e picchiano gli ebrei. È un premio alla violenza, è la creazione di un evidente debito di gratitudine di Fatah verso Hamas. È la paradossale caricatura che fa di Sinwar il Ben Gurion dei palestinesi.

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