Usa: il ’68 con la Kefiah Analisi di Matteo Legnani
Testata: Libero Data: 01 maggio 2024 Pagina: 14 Autore: Matteo Legnani Titolo: «Intifadah nelle università: occupazione alla Columbia. L'Onu copia l'Iran e critica la polizia Usa»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/05/2024, a pag.14, con il titolo "Intifadah nelle università: occupazione alla Columbia. L'Onu copia l'Iran e critica la polizia Usa" l'analisi di Matteo Legnani.
È uno strano mondo, quello dei funzionari Onu all'interno del Palazzo di Vetro. Sarà proprio quel vetro a deformare la loro prospettiva? Ce lo si è chiesto più volte nei giorni successivi al 7 ottobre e viene da chiederselo anche adesso, dopo l'ennesima uscita di uno dei vertici dell'organizzazione, il responsabile per i diritti umani Volker Turk. Il quale, dopo giorni di violenze e soprusi da parte degli studenti filo-palestinesi (e dei loro fiancheggiatori) in dozzine di università statunitensi, ha espresso la sua preoccupazione per le misure adottate dai funzionari di quegli atenei e dalle forze dell’ordine per disperdere le proteste e porre fine alle illegittime occupazioni di intere aree dei campus.
«Sono preoccupato che alcune delle azioni delle forze dell’ordine in una serie di università appaiano sproporzionate nel loro impatto» ha detto il funzionario Onu, in pratica ricalcando il copione che le stesse Nazioni Unite avevano seguito relativamente allo scontro tra Israele e Hamas nella Striscia: silenzio di fronte ai soprusi, alle violenze e alle azioni illegali che da giorni infiammano gli atenei, come era stato sui fatti del 7 ottobre; e proteste a voce alta sulla reazione di coloro che sono deputati a garantire l'ordine e il regolare svolgimento delle lezioni e delle attività all'interno dei campus, così come era accaduto quando Israele aveva iniziato l'operazione di terra a Gaza per eliminare gli assassini di Hamas e liberare gli ostaggi.
«La libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica sono fondamentali per la società, in particolare quando c’è un forte disaccordo su questioni importanti, come in relazione al conflitto nei Territori palestinesi occupati e in Israele» ha aggiunto il diplomatico austriaco. Ma non vi è nulla di pacifico in quanto sta accadendo nelle università americane.
Nella notte tra lunedì e martedì, un gruppo di studenti bardati con la kefiah ha preso d’assalto la palazzina della Columbia University a New York dove ha sede il Rettorato, occupandone i locali. La polizia, ancora martedì, non aveva effettuato arresti, ma gli studenti che si sono rifiutati di evacuare l'accampamento base delle proteste hanno iniziato a essere sospesi.
La Casa Bianca ha ufficialmente condannato gli avvenimenti della Columbia definendoli «un approccio assolutamente sbagliato» e spiegando che «a una piccola percentuale di studenti non dovrebbe essere consentito di sconvolgere la vita di migliaia di altri ragazzi». Ma la verità è che Biden guardano con enorme preoccupazione a quanto sta accadendo.
PROBLEMA INTERNO
L'altro giorno, un sondaggio della CNN diceva che per l'81% dei cittadini tra i 18 e i 35 anni Biden sta completamente sbagliando strategia in Medio Oriente. E il timore in casa democratica è che a sei mesi dalle elezioni il presidente stia perdendo il sostegno proprio di quell’America giovane e con un’istruzione superiore che nel 2020 l’aveva portato alla Casa Bianca. Il caos attraversa di fatto tutta l'America, anche se ha i suoi punti più caldi sulle due coste. Lunedì ad Harvard gli studenti filo-palestinesi hanno fatto piazza pulita delle bandiere a stelle e strisce sventolanti nel campus e le hanno sostituite con quelle palestinesi. Occupazioni sono in corso in templi dell'istruzione Usa come Yale, Washington University, iL Mit, Boston College, dove sono stati arrestati 118 studenti. In tutto, si stima che occupazioni e arresti siano avvenuti in almeno 55 università del paese e che il numero degli arrestati sia intorno al migliaio di studenti. E mentre le università d’America s’infiammano, studenti palestinesi dell’Università di Birzeit, vicino a Ramallah, hanno aggredito il rappresentante tedesco presso l’Autorità nazionale palestinese, Oliver Owcza. Gli animi si sono accesi subito dopo l’arrivo del diplomatico al Museo della Palestina, situato all’interno del campus universitario, dove il diplomatico è stato minacciato, inseguito e costretto a fuggire in auto.