Antisemitismo negli atenei Usa Analisi di Carlo Nicolato
Testata: Libero Data: 23 aprile 2024 Pagina: 21 Autore: Carlo Nicolato Titolo: «Il Sessantotto antisemita negli atenei Usa»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/04/2024, pag. 21, con il titolo "Il Sessantotto antisemita negli atenei Usa", il commento di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
L’antisemitismo vale il Covid. Come durante il lockdown la Columbia University di New York ha infatti deciso di passare alle lezioni on line per motivi di sicurezza, dopo che tra proteste, minacce, accampamenti e arresti la situazione per gli ebrei del campus si è fatta insostenibile.
La mossa segue la decisione altrettanto clamorosa del direttore dell’istituto Minouche Shafik di chiamare la polizia per riportare l’ordine e far arrestare i manifestanti, cosa che non accadeva da più di 30 anni. In un clima da pogrom pre bellico molti studenti ebrei sono stati minacciati fisicamente, mentre ad altri è stato detto di «tornare in Polonia» e di smettere di «uccidere bambini».
Di fronte a queste follie antisemite, il rabbino Elie Buechler del Columbia/Barnard Hillel e del Kraft Center for Jewish Student Life, ha raccomandato agli studenti ebrei di tornare a casa e restare lì, sostenendo che è sufficientemente evidente che l'università e la polizia cittadina non possono garantire la loro sicurezza. Domenica scorsa la Columbia ha annunciato l'assunzione di 111 addetti alla sicurezza aggiuntivi che possano garantire sicurezza extra durante la Pasqua ebraica, iniziata ieri. «Il decibel dei nostri disaccordi non ha fatto altro che aumentare negli ultimi giorni. Queste tensioni sono state sfruttate e amplificate da individui non affiliati alla Columbia che sono venuti al campus per perseguire i propri programmi», ha affermato Shafik, aggiungendo che «c’è bisogno di un reset».
AGENTI ANTISOMMOSSA
A New York la polizia ha fermato in tutto 113 persone, mentre l’intervento degli agenti alla manifestazione della Yale University nel vicino Connecticut ha portato all’arresto di altri 47 studenti che protestavano da più di una settimana. La situazione è degenerata dopo che i manifestanti si sono accampati in Beinecke Plaza a New Haven, proprio di fronte al prestigioso istituto. Con puntualità fantozziana la polizia è passata alle maniere forti all’alba del terzo giorno dopo che per due volte aveva avvertito gli studenti di sgomberare. Dopo gli arresti altre centinaia di manifestanti pro Palestina si sono radunati in un incrocio poco vicino, al grido di slogan quali «From Yale to Columbia, we will not be moved».
OKKUPAZIONE
I manifestanti accampati sono accusati di violazione di domicilio, un reato di classe A nell’ordinamento penale statunitense, ma Yale ha fatto sapere che quelli di loro che risulteranno studenti dell’ateneo verranno anche sottoposti ad un'azione disciplinare interna «che include una serie di sanzioni, come il rimprovero, la libertà vigilata o la sospensione».
Nel caso di Yale le proteste hanno avuto un obiettivo specifico, ovvero la richiesta che l’istituto disinvesta dai produttori di armi che riforniscono Israele.
Nel documento redatto dal gruppo di studenti, ai quali si sono uniti 17 professori, si accusa Yale di «complicità nella guerra genocida di Israele» e si sottolinea che l’università «si rifiuta di rivelare quanta parte della sua dotazione di 40 miliardi di dollari – che vale più del PIL annuo di 90 Paesi – è investita in armi». «I documenti pubblici della SEC (Securities and Exchange Commission)» continua il documento, «mostrano che Yale detiene milioni di dollari investiti in fondi indicizzati con esposizione a produttori di armi come Boeing, Lockheed Martin, Raytheon e il gruppo Adani, che producono bombe, aerei, droni e armi utilizzate nell'assalto israeliano al Gaza».
L’istituto ha già fatto sapere la scorsa settimana di non avere alcuna intenzione di assecondare tale richiesta in quanto «la produzione di armi per la vendita autorizzata non raggiunge la soglia di grave danno sociale, prerequisito peril disinvestimento».
A MACCHIA D’OLIO
Manifestazioni contro Israele si sono verificate anche in molte altre università americane della Ivy League e in altri istituti top. La Tufts e la Emerson di Boston, nonché al Massachusetts Institute of Technology della stessa città. Per «motivi di sicurezza» la scorsa settimana la University of Southern California di Los Angeles ha cancellato il discorso di uno studente alla consegna dei diplomi in quanto il suo account sui social media aveva un collegamento a un documento che esprimeva sostegno ai palestinesi di Gaza e ad Hamas. L’Università è stata per questo criticata e accusata anche lei di complicità con il “genocidio” di Israele.
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