Gli estremisti islamici scendono in piazza con gli studenti pro-Palestina Cronaca di Fausto Carioti
Testata: Libero Data: 18 aprile 2024 Pagina: 1/2 Autore: Fausto Carioti Titolo: «Gli estremisti islamici scendono in piazza con gli studenti che tifano Palestina»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/04/2024, a pag. 1/2 la cronaca di Fausto Carioti dal titolo “Gli estremisti islamici scendono in piazza con gli studenti che tifano Palestina”
Fausto Carioti
C’è un filo rosso che parte dal terrorismo arabo che ha insanguinato Roma negli anni Ottanta e arriva all’odio contro Israele portato in piazza in questi giorni dai collettivi di sinistra. Dalla manifestazione culminata martedì negli scontri della Sapienza, organizzata dall’associazione giovanile comunista “Cambiare rotta” per chiedere al senato accademico. di boicottare Israele, è emersa una connessione con una storia di quarant’anni fa. Un uomo sulla sessantina, di sicuro non uno studente, ha preso la parola per fare un intervento in pubblico, ovviamente in difesa della cosiddetta «resistenza» palestinese e contro lo Stato di Israele. E secondo fonti qualificate, costui sarebbe collegato a uno degli episodi di terrorismo che insanguinarono la capitale negli anni Ottanta.
OMICIDIO SULLA CASSIA
Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre 1984, sulla via Cassia, nella zona di Roma nord in cui risiedono abitualmente i diplomatici arabi, un terrorista affiancò la Fiat guidata dal vice console degli Emirati Arabi Uniti, il 27enne Mohammed al Sowaidi, sparando cinque colpi per ucciderlo. La vittima designata rimase ferita in modo grave, finì in coma, ma riuscì a salvarsi. Quattro di quelle pallottole, però, uccisero all’istante la ragazza iraniana che viaggiava con lui, la 23enne studentessa universitaria Noushine Montasseri, che secondo i giornali dell’epoca era la sua fidanzata e avrebbe tentato di proteggerlo col proprio corpo. Poco dopo, a Parigi, una voce maschile telefonò all’agenzia di stampa France Press per rivendicare l’attentato a nome delle “Brigate rivoluzionarie arabe”. Disse che era stato fatto contro le «politiche filo-americane, filo-sioniste, anti-palestinesi e anti-arabe» degli Emirati Arabi Uniti, e promise: «Continueremo a colpire gli Emirati e altri stati del Golfo finché non fermeranno queste politiche». Era una sigla nota, quella delle Brigate rivoluzionarie arabe. In quegli anni si era attribuita la paternità di attentati ad altri diplomatici in Grecia, India e Spagna. Faceva capo ad Abu Nidal, il ragno al centro della grande tela del terrorismo palestinese, mandante dell’attentato all’aeroporto di Fiumicino del 27 dicembre 1985. Nei documenti delle istituzioni europee in cui si dispone il congelamento dei beni delle entità terroristiche, il nome delle Brigate è ritenuto sinonimo di «Consiglio rivoluzionario Fatah» e di «Settembre nero», il gruppo responsabile del massacro degli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco del 1972.
L’ARRESTATO
Per l’omicidio della ragazza e il tentato assassinio del diplomatico fu subito arrestato, a poca distanza dall’attentato, un palestinese di nazionalità giordana nato nel 1962, che dunque all’epoca aveva 22 anni. Era arrivato a Roma l’11 ottobre come turista e aveva prenotato un volo di ritorno ad Amman per il 27 ottobre. La pistola usata, una semiautomatica calibro nove Parabellum, fu ritrovata in un cespuglio lì vicino. Nel 1987 il palestinese, riconosciuto responsabile dell’attentato, fu condannato dalla Corte d’assise d’appello a 24 anni e mezzo di reclusione. Una vicenda che fonti informate ritengono essere legata alla storia di quell’uomo che martedì ha preso la parola per arringare gli studenti davanti al rettorato della Sapienza. Negli anni passati costui risulta aver prestato servizio, per un lungo periodo, nel Centro di primo soccorso ed accoglienza agli immigrati di Pozzallo, in provincia di Ragusa, e in seguito nel centro di prima accoglienza di Lampedusa. E' uno dei componenti dell’Udap, l’Unione democratica arabo palestinese, nata vent’anni fa per riunire gli attivisti palestinesi in Italia. E' considerato vicino a Mohammed Hannoun, Kaled El Qaisi e Soleiman Igazi, a loro volta ritenuti contigui all’organizzazione terroristica Hamas. Di costoro, Hannoun è il più noto: è presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia ed è stato filmato in compagnia di terroristi; raccoglie fondi per Gaza, anche tramite la sua onlus, appare spesso in televisione e ha definito «partigiani» i tagliagole di Hamas.
GLI ALTRI “ESTRANEI”
Quell’uomo sulla sessantina non è l’unico “elemento estraneo” ad aver partecipato alla manifestazione all’interno dell’ateneo: ce n’erano altri, lì in mezzo, che non hanno nulla a che fare con gli studenti della Sapienza. È il caso, ad esempio, dei cinque anarchici che fonti investigative assicurano essere «estranei ai contesti universitari». Che tutti costoro siano infiltrati o invitati è da capire, ma è già chiaro che la saldatura tra i movimenti filo-palestinesi studenteschi, l’insurrezionalismo anarchico, gli antagonisti dei centri sociali e i personaggi contigui al terrorismo è a buon punto. E non ci sono dubbi che chi la sta costruendo abbia l’obiettivo di alzare il livello dello scontro, cosa che alla Sapienza è riuscita. Per quanto questa strategia sia stata prevista, rappresenta un ulteriore motivo di preoccupazione per chi ha il compito di evitare che la situazione degeneri, dentro alle università e fuori.
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