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Libero Rassegna Stampa
15.04.2024 La sinistra col turbante
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 15 aprile 2024
Pagina: 1/3
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «La sinistra col turbante bersaglia ancora Israele»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 15/04/2024, a pag. 1/3, con il titolo "La sinistra col turbante bersaglia ancora Israele", il commento di Daniele Capezzone.

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Elly Schlein (PD) e Giuseppe Conte (M5S), neanche stavolta ce la fanno a lasciare una linea pregiudizialmente anti-Israele, nemmeno ad attacco iraniano in corso. Sui social non dicono una parola della Schlein nel momento più drammatico. Conte rilascia dichiarazioni che di fatto danno ragione al regime di Teheran

La storia è tanto semplice quanto triste: a sinistra non ce l’hanno fatta neanche stavolta a togliersi dalla testa il turbante. Faceva impressione, ieri mattina, ancora verso le 11, quindi ormai una mezza giornata dopo l’avvio dell’operazione militare di Teheran contro Israele, dare (...) uno sguardo ai canali social di Pd e Cinquestelle e dei relativi capipartito, Elly Schlein e Giuseppe Conte: silenzio di tomba, profili non aggiornati, nessuna nota, zero commenti, imbarazzo palpabile, nulla che denunciasse le responsabilità degli ayatollah o che testimoniasse un’immediata, chiara e inequivoca solidarietà verso Gerusalemme. Sul profilo ufficiale del Pd c’era in primo piano il solito comizietto antigovernativo sulla sanità, mentre il canale di Elly Schlein – toccando vette surreali – risultava fermo alla campagna elettorale abruzzese: «Grazie Sulmona, uniti si vince!». Un navigatore della rete distratto poteva ricavarne la convinzione che, se il Cristo di Carlo Levi si era notoriamente fermato a Eboli, la Schlein di X fosse ancora bloccata a Sulmona. Non andava meglio dalle parti dei pentastellati: sul canale ufficiale del Movimento campeggiava un’infografica di propaganda pro Conte («Un’ambizione sempre più forte», con foto filtratissima del leader, illuminato a giorno come un santo o – più laicamente – come una specie di Barbara D’Urso); sul profilo di Conte stesso, poi, tutto risultava fermo ai residui dell’ultima diretta streaming da Bari (roba di giovedì scorso). Insomma, come se non fosse successo nulla, come se Israele non fosse stata attaccata, come se il regime di Teheran non avesse provato a scatenare un’offensiva terribile.

PARLA GIUSEPPI

Poi, dopo le 11, qualcosa è successo. Conte ha parlato: e – quasi quasi – sarebbe stato meglio se fosse rimasto silente, visto il comunicato cerchiobottista partorito dall’ex premier: «La rappresaglia militare iraniana di questa notte contro Israele, in risposta all’attacco di Tel Aviv contro il consolato iraniano a Damasco, rischia di scatenare una guerra totale tra i due paesi dagli esiti imprevedibili (...). La comunità internazionale si mobiliti per scongiurare ulteriori contro-reazioni che innescherebbero un’escalation inarrestabile e senza ritorno (...)». Il che è tre volte tragicomico: una prima volta, perché Conte non riesce a esprimere solidarietà piena a Gerusalemme; una seconda volta, perché si preoccupa subito di deplorare un’eventuale futura risposta israeliana; una terza volta, perché evoca il rischio di “escalation”, come se il 7 ottobre non si fosse già materializzata l’escalation peggiore, la più crudele e disumana.

SALVARE LA FACCIA

Il riferimento all’escalation compare anche nella reazione di Elly Schlein, arse dell’Italia». Decisamente meglio del leader pentastellato, non c’è dubbio. Tant’è vero che nel pomeriggio a Conte non è parso vero di polemizzare contro la sua vittima preferita – la Schlein, ovviamente – aggrappandosi proprio a questa telefonata tra la segretaria dem e la Presidente del Consiglio: «Non c’è nulla da condividere se Schlein chiama la Meloni». Solito format già ampiamente sperimentato sull’Ucraina: quelli del Pd camminano sulle uova, e i grillini li scavalcano a sinistra. ELLY SCAVALCATA Il guaio è che la povera Elly si trova nella solita pomas avrebbe il dovere di re stituire; fonti della stessa Hamas hanno confessato di non essere in grado di rintracciare i 40 ostaggi vivi richiesti come minimo da Gerusalemme, e i terroristi fanno perfino trapelare di averli smarriti; la stima che il Wall Street Journal ha at tribuito tre giorni fa a Israele è che nelle mani di Hamas ci siano 129 ostaggi (34 dei quali morti), ma si teme ovviamente che il nu mero delle persone decedute sia ancora superiore.

MUTI SUGLI OSTAGGI

Ecco, se si eccettua una meritoria dichiarazione di Piero Fassino, la sinistra anche ieri è rimasta muta su questo tema degli ostaggi. Così come – da quelle parti – nessuno commenta quanto sostiene il Mossad, e cioè che sia stata sempre Hamas a rifiutare l’ultima proposta di tregua, pretendendo (peraltro, come abbiamo visto, senza una contropartita credibile) nientemeno che una cessazione totale delle operazioni militari israeliane a Gaza. Eppure a sinistra si continua ad avere un solo bersaglio fisso: Israele. Si pensi alle università in fiamme, con i collettivi che reclamano (e ottengono!) la cessazione perfino delle collaborazioni accademiche con gli atenei israeliani; si pensi agli insulti e alle intimidazioni contro le personalità che hanno recentemente animato l’iniziativa “Sinistra per Israele”; si pensi alla lunga teoria di omaggi e inchini di esponenti progressisti (donne incluse!) verso i rappresentanti del regime di Teheran; e si pensi infine – proprio nei minuti che precedevano l’attacco iraniano, l’altra sera – all’incredibile performance televisiva su La7 di Massimo D’Alema, protagonista di un’aspra invettiva contro Gerusalemme che ha suscitato pesanti reazioni sui social. Inutile girarci intorno: la sinistra ha un problema con Israele e con il mondo ebraico. Per anni, ha amato raccontare a se stessa, per consolarsi e autoassolversi, che la mala pianta dell’ostilità contro Gerusalemme – se mai fosse ricomparsa in Italia – sarebbe spuntata a destra. E invece non è stato e non è così: quell’erba velenosa cresce rigogliosa nel campo progressista.

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