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Il Giornale Rassegna Stampa
15.04.2024 Israele e il dilemma sulle mosse dopo il successo
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 15 aprile 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele e il dilemma sulle mosse dopo il successo»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 15/04/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: " Israele e il dilemma sulle mosse dopo il successo".


Fiamma Nirenstein

Israele, gabinetto di guerra in sessione. Il massiccio attacco iraniano è stato sventato  grazie alle solide difese israeliane, oltre che all'aiuto di paesi occidentali e arabi venuti in soccorso, formando una sorta di "Nato del Medio Oriente". Ora i dilemma: rispondere all'attacco o seguire la volontà di Biden e stare fermi?

Evento storico ieri, mai un Paese è stato preso di mira da più circa 300 missili in poche ore salvo l’Ucraina il 22 marzo del 2022 da un attacco di Putin. E mai un Paese attaccato ha reagito distruggendo il pericolo per il 99 per cento, combattendo in aria una battaglia straordinaria, spengendo come stelle morenti missile per missile e raccogliendo il consenso e l’aiuto di tutto il mondo civile. Certo: l’Iran ha comunque festeggiato nel suo parlamento l’attacco al Piccolo Satana gridando “morte a Israele”, come avesse vinto la guerra occupando il cielo degli Ebrei per qualche ora: è un segnale dell’estasi messianica che il regime degli Ayatollah annette alla questione israeliana, la sua bandiera d’odio per l’Occidente. E deve suonare come una sirena d’allarme che quel Paese agisca e parli secondo una logica aliena alla mente occidentale, come Hamas che ha compiuto le sue atrocità scambiandole per una vittoria e preparando così il disastro del suo popolo. Cioè, praticare l’odio per l’Iran è sufficiente, lo è perseguire la morte anche senza risultati, senza rispetto neppure per il concetto di vittoria.

Adesso Israele si trova di nuovo a scelte fondamentali. La notte scorsa ha visto un gran bel successo militare perché ha distrutto le armi iraniane, e strategico perché ha riformato una grande alleanza occidentale dopo mesi di continuo acuto dibattito con tutti. Per la prima volta, oltre che utilizzando i suoi “proxy” per lanciare attacchi a Israele, l’Iran, che della distruzione di Israele ha fatto il suo scopo, ha avuto invece un disastro strategico. Il 99 per cento dei missili sono stati distrutti dagli scudi di difesa Hetz e Kipat Barzel, la grande invenzione israeliana, ma anche dall’aviazione in volo tutta la notte con gli aerei americani e francesi mentre il mondo degli accordi di Abramo e della pace, specie la Giordania, ricostruiva un fronte di difesa comune. L’Egitto teneva i suoi cieli aperti. Mentre dall’altra parte i soliti terroristi legati all’Iran intervenivano in supporto dal Libano, l’Iraq, la Siria, lo Yemen... dalla Giordania all’Arabia Saudita all’Egitto agli Emirati, tutto l’arco sunnita (escluso Erdogan che ha proibito di usare il suo spazio aereo) ha dato segni vari di sostegno a Israele.

Una sorta di Nato del Medio Oriente non ha permesso all’Iran di andare oltre il disastro che ha portato al 7 di ottobre Hamas col suo sostegno. Fidando sull’assedio a Israele sulle tracce della strategia di Suleimani di conquista del Medio Oriente, l’Iran ha compiuto il grande passo. Un esperimento in vivo. La mattina, dopo una giornata di tensione, di preoccupazione, di chiusura degli aeroporti per parte della serata, dopo una nottata di sirene in cui i missili volavano senza riguardo a dozzine sulla Moschea di Al Aqsa solo una povera bambina beduina di sette anni è stata colpita ed è in gravi condizioni. L’ aeroporto ora è aperto, l’allarme è finito. Netanyahu dopo i giorni di difficoltà con Biden, ha parlato con lui al telefono per 25 minuti recuperando il senso di quello che è un rapporto corazzata, di acciaio, di fronte alle minacce selvagge del fronte islamista estremo soprattutto sciita, ma in cui brilla oggi la presenza palestinese. Israele ora si dibatte nei dilemmi posti dal fortissimo rapporto con Biden, che spera di recuperare una situazione di pace nell’area. Solo Israele probabilmente capisce che se non si taglia la testa alla piovra essa seguiterà a nutrire tutti i peggiori incendiari per strangolare il mondo occidentale. Israele dunque che cosa deve fare dopo l’attacco? Contentarsi della fortuna in battaglia, o finalmente cercare di porre fine alla grande minaccia degli Ayatollah, che certo si rinnoverà sempre più aggressiva, e dei loro proxy? Ieri su questo è iniziata al Gabinetto una discussione che non finirà in un giorno.

Seguire il desiderio di Biden, quello classico degli USA, di non dare seguito all’attacco iraniano con una risposta sul territorio degli ayatollah o rispondere con un attacco diretto al Paese che da mille strategie indirette passa adesso a un’aggressione che può ripetersi, se incoraggiata dal silenzio, in termini peggiori fino alla minaccia atomica? Israele ha di nuovo interessi diversi da Biden, ma una maggiore condivisione di scopi col mondo sunnita. Che dice il G7? Che avrebbe detto la Giordania se un missile iraniano fosse caduto su al-Aqsa? Che cosa l’Arabia Saudita o l’Egitto? 

 

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