Israele non perderà mai la sua anima e non smetterà di danzare, di cantare, di vivere Diario di guerra di Deborah Fait
Testata: Informazione Corretta Data: 13 aprile 2024 Pagina: 1 Autore: Deborah Fait Titolo: «Israele non perderà mai la sua anima e non smetterà di danzare, di cantare, di vivere»
Israele non perderà mai la sua anima e non smetterà di danzare, di cantare, di vivere Diario di guerra di Deborah Fait
Da un paio di giorni è caduto il silenzio su Gaza e questo non fa presagire nulla di buono. Dicono che l’Iran ci attaccherà fra 24/48 ore, ma questo lo dicono da giorni. Il 22 del mese sarà Pesach (Pasqua ebraica) e potrebbe essere l’occasione che il nemico aspetta per farci del male. Loro pretendono rispetto per le loro festività, l’Occidente pavido e molliccio arriva addirittura ad annullarsi perché i musulmani non si sentano offesi, ma loro non sono capaci di dare alle altre fedi la stessa considerazione. L’Islam ha colpito gli ebrei a Kippur, a Purim, a Pesach, i palestinesi hanno colpito persino in Italia la sinagoga di Roma, era Sukkot del 1982, hanno ammazzato Stefano Tachè e ferito gravemente altre 40 persone. Il 7 Ottobre, il Sabato Nero, 6 mesi fa, ancora Sukkot, ancora la festa dei bambini, Sheminì Atzeret, hanno compiuto l’orrore di cui nessuno si dimenticherà nella storia futura, bambini bruciati, terrore e disperazione. Morte, morte, morte fra le risate sguaiate degli assassini. I nostri fratelli e sorelle, i nostri bambini, ammazzati e rapiti mentre i mostri urlavano Allahu Akhbar.
Però Israele vive! Ricordo la mia prima visita in questo paese, ricordo l’emozione. Era il 1967, appena finita la guerra dei sei giorni. Una guerra che avrebbe dovuto, nella mente degli arabi, spazzare via l’intera Nazione. Ci avevano invasi, Nasser esultava, “ammazzateli tutti” urlava alla radio. In sei giorni gli abbiamo ricacciato quelle parole in gola, talmente in profondità che gli è venuto un infarto dalla rabbia. Io vivevo in Kibbutz, passavamo le giornate a lavorare, le serate a cantare intorno al fuoco. Non si sentiva la guerra, c’era serenità in giro, si faceva l’autostop per andare a Gerusalemme. Nessuna paura. Solo qualche tempo dopo, durante la prima intifada, gli arabi palestinesi avevano incominciato a travestirsi da ebrei religiosi o da soldati per ingannare i giovani autostoppisti e ammazzarli. Da allora l’esercito ha raccomandato alla popolazione di viaggiare in autobus, in treno, in macchina. Allora gli scagnozzi di Arafat hanno inventato i kamikaze e hanno incominciato far saltare gli autobus. Inutilmente perché la gente continuava a viaggiare e i genitori mandavano i bambini a scuola con autobus diversi.
Niente piega gli israeliani e questa è la rabbia che mangia l’anima nera dei nostri nemici. Come si può non amare Israele? Non è solo una nazione, è il destino degli ebrei, è la loro casa circondata da chi la vuole distruggere. È un paese libero, è una democrazia nonostante sia in un continuo stato di guerra. È un paese che fino al 7 Ottobre 2023 era tra i primi cinque paesi più felici del mondo. Adesso tutto è cambiato, il peso di quello che è accaduto lo sentiamo sulle spalle, le orecchie sono sempre tese per catturare, prima ancora di sentirlo chiaramente, il suono delle sirene che avvisa di correre in rifugio. Un piccolo paese circondato da milioni di nemici che vorrebbero mangiarselo in un boccone e che tentano di farlo da decenni, senza riuscirci. Lo 0,02 dell’umanità intera che tutti odiano per il suo coraggio, perchè se ne frega altamente delle risoluzioni dell’Onu che vorrebbero vederlo sparire e annegare nel mare di sangue dell’islam. Piccolo, circondato, odiato, orde di mentecatti che invadono le piazze del mondo urlando che dobbiamo morire, ma, come dice il titolo del libro che Giulio Meotti ha scritto subito dopo la strage dell’intera famiglia Fogel a Itamar: Non smetteremo di danzare. Non smetteremo di cantare, non smetteremo di sperare. Non smetteremo di vivere!