Intervista a Kobi Michael, esperto militare israeliano Intervista di Andrea Nicastro
Testata: Corriere della Sera Data: 04 aprile 2024 Pagina: 10/11 Autore: Andrea Nicastro Titolo: «La nostra risposta è proporzionale al 7 ottobre, i civili muoiono? Colpa di Hamas»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/04/2024, a pag. 10/11, con il titolo "La nostra risposta è proporzionale al 7 ottobre, i civili muoiono? Colpa di Hamas" l'intervista di Andrea Nicastro a Kobi Michael.
Kobi Michael, lei ha dedicato la sua vita a studiare come risolvere i conflitti. L’ha fatto all’Inss, l’Istituto per la sicurezza nazionale di Israele, e all’Istituto Misgav (per la strategia sionista).
È stato ascoltato da diversi governi e lo è da quello di Benjamin Netanyahu. Posso dire che non ha avuto molto successo?
«Può dirlo forte e chiaro».
Si è dato una spiegazione?
«Da anni ormai i problemi non sono lo Stato palestinese, i Territori e neppure Gerusalemme, ma la leadership e la società palestinesi. Rifiutano il diritto ad esistere dello Stato di Israele. Questo architrave ideologico è stato evidente dopo il massacro del 7 ottobre con l’ondata di festeggiamenti. Se il capo di Hamas nei tunnel di Gaza, Sinwar, ai loro occhi non ha niente di meno del Saladino e se neppure i vertici di Fatah hanno condannato la strage del 7 ottobre, be’: i miei studi devono prenderne atto».
Un palestinese risponderebbe citando la volontà egemonica di Israele.
«Certo. E anche la vecchia lamentela sull’occupazione israeliana. Parlerebbe persino di “due Stati”, ma attenzione al tranello. Loro intendono uno Stato per i palestinesi e un altro per l’Israele attuale, non per la Nazione ebraica. Vuol dire che in qualche decennio di crescita demografica araba si troverebbero palestinesi a capo di Israele e palestinesi a capo della Palestina, così il sogno di espellere gli ebrei dal Giordano al mare potrebbe realizzarsi».
Veniamo all’invasione di Gaza. Pensa che quella di Israele sia una reazione proporzionata all’attacco del 7 ottobre?
«La proporzionalità è un concetto scivoloso. Se loro hanno assassinato 1.200 israeliani noi possiamo ammazzare 1.200 palestinesi? Credo che la risposta debba essere proporzionale al danno militare subito e la nostra lo è. Se il problema sono gli ospedali, le scuole, le moschee allora ribatto che quegli edifici sono usati come basi militari o per lanciare razzi contro la popolazione civile e quindi diventano obbiettivi legittimi. Sempre a proposito di proporzione questa guerra ha un record positivo. Nelle battaglie urbane degli ultimi trent’anni, Raqqa, Aleppo, Falluja, Mosul, dove hanno combattuto anche gli americani, il rapporto tra vittime combattenti e civili era di 1 a 5 oppure di 1 a 7. Noi siamo riusciti a contenerlo nel peggiore dei casi in 1 a 3».
Due obiezioni: mancanza di accesso ai media indipendenti per verificare quel che dite e la morte dei sette operatori umanitari di World Central Kitchen.
«Sul primo punto ha ragione. Quando però i giornalisti hanno accesso, subito accolgono la narrativa di Hamas. Perché? Sul secondo ho poco da dire. È stato un terribile errore che va investigato».
Mi spieghi le regole d’ingaggio. È consentito sparare su un gruppo di persone tra cui bambini se tra loro c’è un uomo armato?
«È il dilemma di ogni battaglia urbana. Israele avvisa i civili dei bombardamenti con volantini, megafoni e addirittura li chiama al cellulare. In alcune occasioni però il terrorista utilizza dei civili come scudi umani. Noi colpiamo se c’è il rischio di perdere l’obbiettivo. E sfortunatamente dei civili vengono uccisi. Non ci sono altre opzioni. Il problema è che Hamas vuole questa intervista, vuole che i civili muoiano e che lei mi chieda perché. La guerra è brutale, crudele, ma non abbiamo cominciato noi».
Come può finire questa guerra?
«Una volta smantellate le capacità militari e amministrative di Hamas, si dovrà ricostruire sotto l’ombrello di una nuova alleanza regionale tra Israele e Paesi arabi, in particolare l’Arabia Saudita. In cinque anni i palestinesi impareranno a governarsi da soli e in parallelo l’Autorità palestinese di Cisgiordania verrà rivitalizzata. Allora potremo parlare di una federazione palestinese composta da Gaza e Cisgiordania che magari confluirà in una più grande Confederazione con la Giordania».
È un’idea sul tavolo del governo?
«Penso sia la strada che vogliamo percorrere».
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