Hezbollah attacca Israele ma uccide un islamico Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 28 marzo 2024 Pagina: 16 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Hezbollah attacca Israele ma uccide un islamico»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/03/2024, a pag. 16, con il titolo "Hezbollah attacca Israele ma uccide un islamico", la cronaca di Amedeo Ardenza
Un cittadino druso israeliano, il 25enne Zahar Bashara, è rimasto ucciso mercoledì mattina in un attacco missilistico lanciato dalla milizia libanese Hezbollah sul nord d’Israele.
Tre dei 30 missili sparati contro la città di Kiryat Shmona non sono stati intercettati dal sistema di difesa antimissile Iron Dome provocando un incendio nel quale Bashara ha perso la vita.
Hezbollah, che dallo scorso 8 ottobre ha aperto un conflitto a bassa intensità con Israele per non essere da meno di Hamas, ha affermato di aver sparato in risposta a un attacco aereo israeliano della notte precedente contro Habbariyeh nel sud del Libano nel quale sette persone – sette terroristi di una milizia palestinese, hanno poi spiegato le Israeli Defense Forces (Idf) – sono rimaste uccise. La guerra al nord riaccende una delle polemiche in seno al governo d’Israele: sono 80mila i cittadini israeliani del nord sfollati per timore di finire uccisi in un attacco di Hezbollah.
BEIRUT IN MANI SCIITE
Tre giorni fa Benny Gantz, ministro del gabinetto di guerra ed ex capo di stato maggiore delle Idf, ha ricordato l'impegno del governo a mettere in sicurezza del nord del Paese. «È nostra responsabilità farlo», ha affermato accusando indirettamente il premier Benjamin Netanyahu di frenare sul piano per il nord. «E questo non danneggia solo i residenti, ma anche la sicurezza dello Stato».
Ma la pace col Libano non è a portata di mano: Israele non ha un contenzioso territoriale con il paese dei Cedri, con il quale, ha anzi siglato pochi mesi fa un accordo per il riconoscimento delle rispettive frontiere marittime.
Israele si è ritirato dal sud del Libano nel 2000 ma nel 2006 ci fu un mese di durissimi scontri fra le Idf ed Hezbollah dopo che il gruppo terrorista rapì e uccise due soldati israeliani di pattuglia lungo il confine di terra. Il governo di Beirut non ha alcun interesse a una guerra con Israele ma non ha alcun potere su Hezbollah che è molto più armato delle forze regolari libanesi (come anche di Hamas) e risponde solo a Teheran.
Anche i ripetuti tentativi delle cancellerie occidentali di ottenere che Hezbollah si ritiri a nord del fiume Litani, come previsto da alcuni risoluzioni Onu, si sono rivelati vani.
In Israele, intanto, i media si sono concentrati sul caso di Amit Soussana, una giovane avvocata rapita da Hamas lo scorso 7 ottobre e liberata a novembre.
In un colloquio con il New York Times, Amit ha avuto il coraggio di denunciare gli abusi fisici e sessuali subiti ad opera dei suoi carcerieri. Amit ha rivelato di essere stata incatenata alla caviglia sinistra nella camera di un bambino a Gaza.
Il suo carceriere la palpeggiava regolarmente e solo una volta le ha permesso di usare il bagno per lavarsi.
Quel giorno le ha puntato la pistola contro una tempia, obbligandola a compiere atti sessuali. Amit ha spiegato la difficoltà di accettare del cibo dal proprio violentatore. «Non ce la fai neppure a guardarlo, Eppure sai che potrà farlo di nuovo e dipendi completamente da lui».
NESSUN ACCORDO
Fra i 136 ostaggi ancora nelle mani di Hamas (ma meno di 100 sarebbero ancora in vita) ci sono ancora 19 donne. Tutte in ottime mani secondo Basem Naim: il portavoce di Hamas, organizzazione responsabile della mattanza dello scorso 7 ottobre, ha affermato che le parole di Amit sono state dettate da agenti israeliani perchè «per noi, il corpo umano, e in particolare quello della donna, è sacro».
«Amit Soussana», ha invece reagito il presidente d’Israele Isaac Herzog, «parla per tutte le vittime degli spregevoli crimini e abusi sessuali di Hamas. Parla per tutte le donne del mondo intero, che ha il dovere morale di stare dalla parte di Amit nel condannare il brutale terrore di Hamas e nel chiedere l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi».
La loro liberazione, ha osservato parlando al canale israeliano 103FM Rami Igra, ex responsabile del Mossad per le persone rapite, non può però passare da un accordo con Hamas: «Con tutto il dolore, ed è davvero enorme, lo Stato di Israele non ha la possibilità di fare l'accordo che Hamas sta chiedendo. Dobbiamo ricordare una cosa: il prezzo che paghiamo, alla fine, non sono i prigionieri che rilasciamo, ma il futuro verso cui stiamo marciando».
Perché ottenere la libertà dei civili scarcerando migliaia di terroristi oggi in carcere in Israele come richiesto da Hamas, ha spiegato Igra, riporterebbe le lancette della storia a prima del 7 ottobre.
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