Testata: L'Osservatore Romano Data: 19 luglio 2003 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «Medio Oriente: gruppi palestinesi chiedono lo scioglimento del governo di Abu Mazen»
Non ci sarebbe nulla da stupirsi del tono del servizio dell'Osservatore Romano. Si direbbe scritto con la vaselina. Estrema attenzione nel non chiamare mai le cose con il loro nome, via quindi la parola terroristi sostituita con i vari eufemismi che ben conosciamo (ma qui il quotidiano della Santa Sede è in buona compagnia), ampie citazioni dall'ANSA (quale sublime identità di vedute !). Lo pubblichiamo per intero perchè ci fa capire quanto la politica vaticana verso il Medio Oriente sia fatta solo di cautele, quindi sostanzialmente negativa. Ogni tanto si riprende, è vero, ma questo avviene solo quando si presenta l'occasione per una critica aperta allo Stato ebraico. Altrimenti tutto è circonfuso da una pesante cortina di fumo che impedisce al lettore di capire quel che sta avvenendo realmente. Il tono può apparire "obiettivo", in realtà, annacquando il linguaggio per renderlo accettabile a tutti, il risultato dell'operazione è altamente ambiguo. Appare sempre più difficile per il Premier palestinese, Abu Mazen, poter contare su un ampio consenso alla sua opera negoziale con Israele. Ieri, le Brigate dei martiri di Al Aqsa, gruppo armato legato ad Al Fatah, hanno addirittura chiesto al Presidente dell'Autorità palestinese (Ap), Yasser Arafat, di sciogliere il Governo del Primo Ministro - accusato di essere "troppo accondiscendente" verso il Governo Sharon - e di terminare la cooperazione con Israele nel campo della sicurezza. Hamas e la Jihad islamica - che insieme con le Brigate dei martiri di Al Aqsa si sono impegnati in una tregua temporanea degli attacchi contro obiettivi israeliani - dal canto loro criticano Abu Mazen per aver accettato la visita ufficiale a Washington, annunciata per il prossimo 25 luglio, che in precedenza lo stesso Abu Mazen aveva condizionato alla "liberazione" di Arafat, isolato da 19 mesi nel suo quartier generale di Ramallah, in Cisgiordania. Abu Mazen, il leader palestinese di più alto livello ad entrare nella Casa Bianca nel periodo dell'Amministrazione Bush, spera - secondo quanto segnala l'"Ansa" - di riuscire a convincere gli Usa a fare pressioni su Israele per risolvere in particolare la questione degli insediamenti e della liberazione dei prigionieri palestinesi. Israele, secondo fonti di Tel Aviv, appare incline a venire incontro a parte delle richieste palestinesi. Il Governo Sharon sembrerebbe infatti intenzionato a riconsiderare il precedente rifiuto di rilasciare detenuti di Hamas e della Jihad islamica tra i 350 prigionieri, condannati per reati minori, che si è già impegnato a liberare. Le fonti hanno anche riferito che il numero dei detenuti che saranno rilasciati potrebbe aumentare e che tra questi ci potrebbero essere anche alcune centinaia di uomini dei movimenti radicali islamici. L'Autorità palestinese insiste per la scarcerazione di un numero molto più alto di prigionieri e afferma che la questione è di cruciale importanza per il consolidamento della tregua in atto. Intanto arrivano novità da Damasco: il Presidente siriano, Bashar Assad, ha dichiarato di essere pronto a riprendere negoziati di pace diretti con Israele. È quanto ha riferito l'inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente, Terje Roed-Larsen, in un'intervista ripresa dall'"Ansa". Roed-Larsen ha confermato anticipazioni del quotidiano israeliano "Maariv" che riferiva sui colloqui da lui avuti con Assad una settimana fa nella capitale siriana. Pur essendosi espresso a favore della ripresa del negoziato con Tel Aviv, il Presidente siriano si è detto contrario all'applicazione della "road map" alla Siria stessa e al Libano.
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