Riprendiamo da LIBERO del 23/03/2024, a pag. 1/5, con il titolo "Gli intolleranti pro-Gaza criticano i geni di Israele" l'analisi di Claudia Osmetti.
Claudia Osmetti
Università di Tel Aviv, una delle eccellenze mondiali che si vorrebbe boicottare. Secondo le classifiche mondiali delle università, gli atenei israeliani battono quelli italiani.
Nel maggio del 2019 i ricercatori dell’università di Tel Aviv, in Israele, hanno stampato un cuore intero in 3d, usando solo il materiale biologico di un paziente, per sopperire a qualsiasi incompatibilità immuno-istochimica in vista di un eventuale trapianto. Nel febbraio del 2022, altri ricercatori dello stesso ateneo, per la prima volta, sono riusciti a far camminare dei topi paralizzati usando, di nuovo, degli innesti in 3d del midollo spinale: nessun rigetto e un recupero, per le paralisi acute, del 100%.
La Scuola di chimica, ancora una volta di Tel Aviv, nel gennaio del 2019 ha creato una “plastica biodegradabile” partendo da un’alga (inquina zero ed è efficiente come quella tradizionale); è stato uno scienziato dell’università di Gerusalemme (era il maggio del 2007) a osservare, cosa che non era mai stata fatta, la nascita e lo sviluppo di alcune cellule celebrali in un mammifero, fenomeno importantissimo per lo studio delle malattie nervose; e infatti i colleghi dell’università di Haifa, nell’ottobre del 2022, usando tecniche di riprogrammazione cellulare, sono riusciti a capire i processi neuronali del morbo di Parkinson (la loro ricerca è il primo tassello per bloccare l’avanzamento della malattia).
Potremmo andare avanti e riempire, non tutta questa pagina, ma l’intera edizione di Libero di oggi con gli studi rivoluzionari, le intuizioni innovative, le applicazioni della scienza che arrivano, ogni mese, dagli atenei dello Stato ebraico. O potremmo ricordare che in Israele viene redatto l’1% delle pubblicazioni scientifiche mondiali (dato che è già impressionante di per sé, ma che lo diventa ancora di più se si pensa che lo Stato ebraico è grande quanto la Lombardia e che le università israeliane sono circa una ventina, nove quelle pubbliche) o potremmo aggiungere che il 22% dei premi Nobel è stato insignito a ebrei o a persone di origine ebraica (parliamo di 193 onorificenze, nessuno riesce a eguagliarle).
Potremmo. E basterebbe questo a spiegare, ai professori che raccolgono petizioni contro le collaborazioni italo-israeliane, agli studenti che assaltano le aule magne al grido di «fuori i sionisti dalle università», alle comunità accademiche che cancellano i bandi se dall’altra parte c’è Gerusalemme, a chi è pronto alla rivolta a Torino o a Bologna o a Roma o a Napoli o a Cagliari, che il “boicottaggio”, con premesse del genere, non boicotta un accidenti.
Ma c’è di più. Che le università israeliane siano eccellenti non lo diciamo noi che da sempre ci professiamo filo-israeliani (qualsiasi insulto questo comporti ricevere), lo attestano le classifiche internazionali. Il Cwur, il Centro per la graduatoria mondiale delle università, che peraltro ha sede negli Emirati arabi uniti e quindi è difficile tacciarlo di simpatie sioniste, nel suo elenco del 2023, mette l’università ebraica di Gerusalemme al 70esimo posto, l’istituto Weizmann delle Scienze di Rehovot all’87esimo e l’università di Tel Aviv al 154esimo.
I corrispettivi italiani (con la sola eccezione della Sapienza di Roma, che però arriva 116esima, ossia batte solo Tel Aviv) fanno peggio. L’ateneo di Bologna è 180esimo, quello di Torino è 227esimo, la Normale di Pisa è 549esima, l’università di Cagliari è addirittura 626esima.
Nessuno sta insinuando che i nostri centri studio non offrano un buon livello d’istruzione, il contrario: tuttavia in ogni settore, e quello accademico non fa differenza, per progredire occorre raffrontarsi con chi è più avanti, non con chi sta indietro. A meno che, oltre al paradosso, non c’entri qualcosa di diverso, cioè quel “problemino” di un antisemitismo crescente che non ha niente a che vedere con la ricerca universitaria e molto a che spartire con l’ideologia anti-ebraica.
Le università israeliane, nei mesi antecedenti al 7 ottobre, col premier Benjamin Netanyahu non sono mai state tenere: le proteste delle tende (poi replicate anche da noi) degli studenti per il caro affitto sono nate a Tel Aviv, la riforma della giustizia è stata criticata aspramente anche dall’ambiente accademico.
Eppure al maremagnum dei pro-palestinesi di casa nostra ciò sfugge. Chiede di interrompere i rapporti e basta, senza nemmeno conoscere chi sta dall’altra parte. E a proposito di “boicottaggio”: Omar Barghouti, il co-fondatore del Bds, il movimento per il boicottaggio anti-israeliano, recentemente accolto in pompa magna (guarda il caso) proprio a Bologna, ha conseguito un master in Filosofia etica all’università di Tel Aviv. Poi vaglielo a spiegare, a quelli che impartiscono lezioncine sul genocidio senza aver mai aperto un libro di storia.
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