Riprendiamo da LIBERO di oggi 18/03/2024, a pag.1/8, con il titolo "Antisemiti padroni dell'università", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Più o meno nell’indifferenza generale e senza apprezzabili reazioni, i collettivi universitari di sinistra, oltre a ritenersi sovranamente depositari del diritto di stabilire chi abbia libertà di parola e chi no, stanno facendo avanzare la loro agenda, che prevede – come punto prioritario – la cancellazione degli eventuali accordi esistenti tra le università italiane e quelle israeliane. Alcuni rettori tacciono imbarazzati; altri – incredibilmente – assicurano che il tema sarà affrontato dagli organi accademici; altri ancora – con notevole viltà – fanno informalmente sapere che attendono la scadenza degli accordi esistenti con gli atenei israeliani, intese che dunque non verranno rinnovate.
E così, nella distrazione dei più e nel silenzio quasi completo della politica e dei media, siamo in presenza di un clamoroso salto di qualità (verso il basso) di una campagna che già era opaca e indifendibile dopo il 7 ottobre.
Non solo non si è manifestata vera solidarietà agli ebrei aggrediti attraverso il pogrom messo in atto dalle belve di Hamas; non solo si è via via equiparata la posizione degli israeliani a quella dei terroristi palestinesi autori dei massacri e dei rapimenti; non solo si sono prese come oro colato le dichiarazioni (e le cifre!) fornite dall’ufficio stampa e dal ministero della sanità di Hamas. No, ora si va perfino oltre, e si punta a colpire istituzioni culturali che – per loro stessa natura – non dovrebbero essere confuse con l’esercito israeliano o con il governo pro tempore al potere a Gerusalemme.
Riflettiamoci, anche per evitare di essere complici – per inerzia – di atti dei quali le università italiane potrebbero doversi vergognare tra qualche anno: se si accetta di interrompere rapporti culturali con qualcuno, se si decide di “punire” anche enti educativi e di istruzione, di tutta evidenza – più o meno implicitamente, più o meno velatamente – si sta transitando da un dissenso di merito nei confronti dell’esecutivo Netanyahu a un rifiuto indistinto di tutto ciò che porti la bandiera di Israele. È il caso di chiamare le cose con il loro nome: ci si sta spostando a lunghe e rapide falcate dall’antisionismo all’antisemitismo. O meglio: la foglia di fico antisionista è ormai totalmente inadeguata a mascherare, a coprire la vergogna antisemita.
Vogliamo sperare che ancora vi siano margini di distrazione e di parziale inconsapevolezza della gravità della cosa. Ma qui siamo a un passo dagli orridi termini coniati dal nazismo: “Judenfrei” (libero dagli ebrei) e “Judenrein” (pulito dagli ebrei).
Naturalmente già sento le voci indignate che rifiuteranno l’accostamento, che leveranno alti lai, che reciteranno le tristi e ipocrite giaculatorie che ben conosciamo. Ma non riusciranno a occultare il cuore della questione: solo un approccio di odio anti-israeliano e anti-ebraico può “giustificare” misure sanzionatorie e interruzioni di collaborazioni accademiche e scientifiche con istituzioni culturali legate a Gerusalemme.
Del resto, è sufficiente scorrere le agenzie di stampa fino allo scorso novembre per ritrovare testimonianze inequivocabili: alla Sapienza, al termine di un’occupazione, davanti al rettorato e nel momento in cui era in corso una riunione del senato accademico, attivisti di sinistra arrivarono a bruciare copie cartacee delle intese con gli atenei israeliani. Un rogo: chiaro, no?
Ecco, su tutto questo, che dicono intellettuali e politici di sinistra? Perché tanta afasia? Avevano costruito per anni una prigione linguistica e mentale certi di potervi rinchiudere i loro avversari: erano sicuri – secondo i loro schemi – che un eventuale pericolo antisemita non potesse che provenire da destra. E invece – ahiloro – si è manifestato con tutt’altra matrice: rendendo tragicamente ridicole le loro formulette sul “razzismo delle destre”. Il problema, a questo punto, è tutto loro: con un’esplosione di sentimenti e parole scopertamente anti-ebraiche nel loro campo, nei loro salotti, nelle loro piazze, nel loro associazionismo, nei loro gruppi parlamentari, sui loro giornali, nei loro programmi tv e nelle loro riviste. E pure tra i loro giovani virgulti.
E allora che si fa a sinistra?
Ci si può attorcigliare invocando la “complessità” delle questioni: è il rifugio degli ormai mitici “complessisti”.
Ma il disagio resta, e resta pure una scomoda verità: l’ondata anti-ebrei è tutta vostra, cari compagni. Ci sarà qualcuno (in altra circostanza accadde, molti decenni fa, a proposito di terrorismo e Brigate Rosse, da parte di Rossana Rossanda sul Manifesto) che avrà il coraggio di riconoscere che tutto ciò fa parte del vostro “album di famiglia”?
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