Riprendiamo da LIBERO del 08/03/2024, a pag. 9, con il titolo '«Ignoranti, odiano pure Golda Meir»' l'intervista di Chiara Pellegrini a Elisabetta Fiorito.
Elisabetta Fiorito
Il libro di Elisabetta Fiorito "Golda. Storia della donna che fondò Israele". Dopo le contestazioni, abbiamo un motivo in più per comprarlo.
Razzista e islamofoba» ma sopratutto «sionista», come se continuare a garantire uno Stato agli ebrei fosse un peccato da estirpare. Slogan lanciati contro Elisabetta Fiorito, giornalista di Radio24 e autrice del saggio edito da Giuntina “Golda, storia della donna che fondò Israele”, cui mercoledì sera a Firenze un gruppo di manifestanti filopalestinesi, tra cui la scrittrice Flavia Carlini, l’influencer Carlotta Vagnoli, e Karem Rohana, attivista per la causa palestinese noto sui social con il nome di Karem From Haifa, voleva boicottare la presentazione del libro.
Fiorito, lei si sente più razzista o islamofoba?
«Non so quale delle due accuse sia più sciocca se razzista - le persone che mi conoscono sanno quanto poliedriche siano le mie frequentazioni - o islamofoba, considerando che prima di incontrare il mio attuale marito, Gerard, un ebreo tripolino, sono stata fidanzata con un iraniano, musulmano sciita. Provengo da una famiglia cattolica perciò accusarmi di razzismo è quanto di più stupido potessero fare».
Cosa è accaduto a Firenze?
«Eravamo stati preallertati dalla Digos che sarebbero venuti a disturbare, perché era partito un tam tam sui social, perciò si è deciso, diversamente a quanto accaduto nelle altre città, che la presentazione sarebbe stata circoscritta unicamente al tema storico, senza toccare temi di attualità, Golda come primo e unico primo ministro dello Stato di Israele.
Ad un certo punto è entrata una ragazza gridando “Free Palestine” ed è stata accompagnata fuori. Durante la presentazione vedevo la mia relatrice, Silvia Guetta, che per altro insegna Pedagogia della pace, che mi faceva segno di stringere, ci hanno detto che non ci sarebbero state domande e abbiamo chiuso in fretta».
Quindi non ha scelto lei di evitare l’incontro con gli attivisti filo palestinesi lasciati fuori dalla Digos?
«Ma figuriamoci, sono una cronista parlamentare, che ha seguito decine di manifestazioni ben più a rischio, figuriamoci se mi faccio irretire da quattro ragazzini che conoscono poco la storia e vivono di slogan.
Sarei andata molto volentieri a parlare con loro per ribattere a tutte le inesattezze storiche che affermano, gli avrei detto di tornare a studiare sui libri. Ma ho rispetto delle forze di polizia, che ci hanno chiesto di andare via, senza creare ulteriori difficoltà e degli organizzatori che nonostante le premesse hanno deciso di non cancellare l’evento».
Nelle altre città era andato tutto liscio?
«A Torino, Bologna, Roma non ci sono stati problemi, tutto nella norma. Solo a Milano un medico, che ha raccontato di essere stato cinque anni a Gaza, si è messo ad urlare solo perché ho affermato che a Gaza le donne non sono libere e non per colpa degli israeliani, che tra l’altro da Gaza sono usciti nel 2005. Ho provato a spiegargli che le donne palestinesi non hanno la possibilità di uscire liberamente con un’amica come possiamo fare noi, perché viene vietato loro dai mariti, dai padri. Mi scuso, ma io sono una femminista vera, non alla Boldrini. E combatto per le sorelle palestinesi e quelle iraniane che ancora devono tenere il velo e non come scelta personale».
In quanti di coloro che sono venuti a contestarla conoscono Golda Meir?
«Pochi. Non è concepibile che una persona come Golda possa essere divisiva, una premier che si è battuta contro il terrorismo e che ha sempre cercato il dialogo con i leader arabi, in primis Sadat. Golda era guidata dal sogno socialista. Sosteneva posizioni che potrebbero essere molto più vicine a questi ragazzini di sinistra, che non Hamas e che gridano “Free Palestine“ e “From the river to the sea“, celando una profonda intolleranza antisemita. Non vogliono che lo Stato di Israele esista».
Percepisce una recrudescenza dell’antisemitismo?
«Le dittature iniziano con i roghi dei libri. In Italia c’è un antisemitismo che non si vedeva del 1938, voglio ricordare a questi influencer che fu l’anno delle Leggi Razziali.
L’odio cresce in rete. La polizia postale dovrebbe aumentare i controlli. Ho ricevuto decine di insulti. Bloccavo i contatti e arrivavano altri troll.
Sono una boomer e ci ho messo una giornata per capire come si potesse fare su Instagram. Ma vado avanti, lavoro. Non ho tempo da perdere, la famiglia, la radio. In cantiere c'è un tour nei teatri del monologo “La matta di piazza Giudia”, interpretato da Paola Minaccioni, tratto dal libro di Gaetano Petraglia, di cui scritto la drammaturgia».
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