Ecco gli uomini di cui l’Ucraina ha bisogno Analisi di Gianluca Di Feo
Testata: La Repubblica Data: 28 febbraio 2024 Pagina: 12 Autore: Gianluca Di Feo Titolo: «L’Eliseo ha rotto il tabù. Ecco gli uomini di cui l’Ucraina ha disperatamente bisogno»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/02/2024, a pag. 12, con il titolo "L’Eliseo ha rotto il tabù. Ecco gli uomini di cui l’Ucraina ha disperatamente bisogno" l'analisi di Gianluca Di Feo.
I potenti tank americani Abrams sono entrati in azione solo la scorsa settimana, ben 5 mesi dopo l’arrivo in Ucraina. Il Pentagono aveva avvisato: i militari di Kiev faranno fatica a gestirli, perché sono troppo sofisticati e troppo diversi dai mezzi sovietici a cui sono abituati. E così è stato: nonostante il lungo addestramento, dopo poche ore i russi ne hanno distrutto uno e danneggiato un altro. Più i materiali consegnati dall’Occidente sono moderni, più diventa difficile per gli ucraini non solo imparare a manovrarli, ma soprattutto apprendere le tattiche per usarli e il modo di fare manutenzione. L’esordio dei caccia F-16 - attesi come l’arma della speranza per risollevare le sorti del conflitto - è ipotizzato per l’estate, dopo nove mesi di preparazione. Un tempo ritenuto ottimistico, non tanto per i piloti quanto per il personale che si occuperà di tenerli efficienti: qualunque aeronautica ne prevede il doppio. Inoltre, molti dei veicoli più efficaci donati dalla Nato – come i lanciarazzi Himars o i cannoni semoventi Pzh – ogni volta devono essere portati per le riparazioni nelle fabbriche statunitensio tedesche, rimanendo cosìfuori uso per mesi. Dietro le parole di Macron c’è proprio il dilemma che sta prendendo corpo in molte cancellerie europee. Se si vuole permettere a Kiev di resistere alla superiorità della massa bellica russa, l’unica strada è battere la quantità con la qualità e dotarla quindi di equipaggiamenti tecnologicamente avanzati. Strumenti che però gli ucraini possono imparare a utilizzare dopo molti mesi: troppo tardi per fronteggiare la crisi segnalata lungo tutte le trincee. E l’unica maniera per rendere i difensori capaci subito di impiegare missili a lungo raggio, caccia, elicotteri, radar, sistemi contraerei e apparati di disturbo elettronico è mandare militari occidentali sul campo. Non combattenti di prima linea, né piloti di tank o jet, ma tecnici che si occupino di farli funzionare e ufficiali che suggeriscano le tattiche migliori per sfruttarne le prestazioni, rimanendo sempre nelle retrovie. Dietro il coro di no che ha replicato alla dichiarazioni di Macron c’è una cortina di ipocrisia e riservatezza. Sin dai primi giorni dell’invasione sono circolate notizie – mai confermate – sulla presenza di “consiglieri” impegnati sul terreno. In molti casi si trattava di contractor britannici, statunitensi e francesi ingaggiati tramite società private: istruttori delle forze speciali, che ogni tanto accompagnavano in azione i loro allievi. In altre situazioni, però, questi inviati senza bandiere nonI potenti tank americani Abrams sono entrati in azione solo la scorsa settimana, ben 5 mesi dopo l’arrivo in Ucraina. Il Pentagono aveva avvisato: i militari di Kiev faranno fatica a gestirli, perché sono troppo sofisticati e troppo diversi dai mezzi sovietici a cui sono abituati. E così è stato: nonostante il lungo addestramento, dopo poche ore i russi ne hanno distrutto uno e danneggiato un altro. Più i materiali consegnati dall’Occidente sono moderni, più diventa difficile per gli ucraini non solo imparare a manovrarli, ma soprattutto apprendere le tattiche per usarli e il modo di fare manutenzione. L’esordio dei caccia F-16 - attesi come l’arma della speranza per risollevare le sorti del conflitto - è ipotizzato per l’estate, dopo nove mesi di preparazione. Un tempo ritenuto ottimistico, non tanto per i piloti quanto per il personale che si occuperà di tenerli efficienti: qualunque aeronautica ne prevede il doppio. Inoltre, molti dei veicoli più efficaci donati dalla Nato – come i lanciarazzi Himars o i cannoni semoventi Pzh – ogni volta devono essere portati per le riparazioni nelle fabbriche statunitensio tedesche, rimanendo cosìfuori uso per mesi. Dietro le parole di Macron c’è proprio il dilemma che sta prendendo corpo in molte cancellerie europee. Se si vuole permettere a Kiev di resistere alla superiorità della massa bellica russa, l’unica strada è battere la quantità con la qualità e dotarla quindi di equipaggiamenti tecnologicamente avanzati. Strumenti che però gli ucraini possono imparare a utilizzare dopo molti mesi: troppo tardi per fronteggiare la crisi segnalata lungo tutte le trincee. E l’unica maniera per rendere i difensori capaci subito di impiegare missili a lungo raggio, caccia, elicotteri, radar, sistemi contraerei e apparati di disturbo elettronico è mandare militari occidentali sul campo. Non combattenti di prima linea, né piloti di tank o jet, ma tecnici che si occupino di farli funzionare e ufficiali che suggeriscano le tattiche migliori per sfruttarne le prestazioni, rimanendo sempre nelle retrovie. Dietro il coro di no che ha replicato alla dichiarazioni di Macron c’è una cortina di ipocrisia e riservatezza. Sin dai primi giorni dell’invasione sono circolate notizie – mai confermate – sulla presenza di “consiglieri” impegnati sul terreno. In molti casi si trattava di contractor britannici, statunitensi e francesi ingaggiati tramite società private: istruttori delle forze speciali, che ogni tanto accompagnavano in azione i loro allievi. In altre situazioni, però, questi inviati senza bandiere non potevano essere forniti dalle compagnie mercenarie, perché le loro specializzazioni erano troppo particolari. Sono stati evocati nel caso dei missili francesi Scalp e britannici Storm Shadow, che hanno permesso di infliggere i colpi più clamorosi contro le basi russe. Ogni missione di questi ordigni hi-tech richiede l’inserimento di mappe satellitari nel computer di guida e altre attività che il personale di Kiev non viene ritenuto in grado di svolgere. La scelta che diverse nazioni europee stanno cominciando a valutare è se incrementare questi soldati fantasma che si prendano cura dei nuovi armamenti e tamponino l’emergenza al fronte. Una decisione ad alto rischio, perché nonostante l’assenza di un coordinamento della Nato esporrebbe concretamente al pericolo di un’escalation con la Russia. E segnerebbe comunque un altro innalzamento del coinvolgimento dell’Occidente.
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