Israele, guerra al terrorismo Commento di Carlo Nicolato
Testata: Libero Data: 24 febbraio 2024 Pagina: 9 Autore: Carlo Nicolato Titolo: «Il piano di Bibi per Gaza: via Hamas, l'Anp e l'Onu»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/02/2024, pag.9, con il titolo "Il piano di Bibi per Gaza: via Hamas, l'Anp e l'Onu", il commento di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
“The day after Hamas”, quello che sembra il titolo di un film di fantascienza è in realtà il documento presentato giovedì sera dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu riguardante la gestione di Gaza dopo il più grande attacco terroristico mai subito da Israele e la guerra che ne è seguita. La realtà non va poi così lontano dalla fantasia hollywoodiana, la catastrofe in effetti c’è stata e il programma israeliano, già bocciato dai più, è l’unico serio, realistico e realizzabile a breve e medio termine, l’unico che garantisce la sicurezza di Israele e quella dello stesso popolo palestinese. L’obiettivo e punto cruciale del piano è quello di far amministrare la Striscia di Gaza da «funzionari locali» con «esperienza amministrativa», che siano completamente scollegati da Hamas e da qualsiasi altra autorità che abbia avuto in qualche modo a che fare con i terroristi.
Anche se non viene mai fatto alcun riferimento alla cosiddetta Autorità Palestinese il documento sembra dunque escluderla, dal momento che la stessa, oltre a non aver mai condannato l’attacco del 7 ottobre, si avvale tra le altre cose di un programma welfare che aiuta economicamente i terroristi condannati e le loro famiglie.
COERENZA
In realtà nel “day after” non c’è nulla che Netanyahu non abbia già detto in questi mesi, si fa presente che l’Idf continuerà la guerra fino al raggiungimento dei suoi obiettivi, che sono la distruzione delle capacità militari e delle infrastrutture di Hamas e della Jihad islamica, la restituzione degli ostaggi, e la rimozione di qualsiasi minaccia alla sicurezza dalla Striscia di Gaza.
Al fine di prevenire la ripresa del terrorismo nel documento si dice chiaramente che l’Idf manterrà a medio termine una libertà indefinita di intervenire in tutta la Striscia, e verrà istituita una zona cuscinetto nel lato palestinese che rimarrà in vita zfinché ce ne sarà la necessità.
Quest’ultimo punto sembra andare contro uno dei principi espressi dall’Amministrazione Biden secondo cui non deve esserci una riduzione del territorio dell’enlcave.
Il piano prevede anche una chiusura protettiva dei confini meridionali, il cosiddetto “Philadelphi corridor” (o route), con l’aiuto degli Usa e dell’Egitto, «per quanto possibile». Ufficialmente il Cairo si era già opposto alle richieste israeliane di prendere il controllo del corridoio ma in privato avrebbe dimostrato maggiore flessibilità. Israele invece si occuperebbe direttamente della sicurezza dell’area a ovest della Giordania.
Il piano di Netanyahu prevede poi la «completa smilitarizzazione di Gaza oltre quanto necessario per il mantenimento dell’ordine pubblico». Aggiunge che Israele sarà responsabile della realizzazione di questo obiettivo nel prossimo futuro, lasciando potenzialmente la porta aperta ad altre forze per finire il lavoro su tutta la linea. Si parla anche di «deradicalizzazione di tutte le istituzioni religiose, educative e assistenziali di Gaza», portata avanti «con il possibile coinvolgimento e assistenza dei Paesi arabi che hanno esperienza in proposito».
Arabia Saudita? Emirati Arabi? I governi di questi due Paesi hanno già fatto sapere di non volersi impegnare direttamente a meno che non sia prevista la cosiddetta soluzione a due Stati, cosa che non viene affatto citata.
NO ALLA RICOMPENSA
Questo non significa che il governo israeliano non la preveda a lungo termine, ma è ovvio che tale soluzione non verrà affrontata alla fine della guerra. La concessione unilaterale per la creazione di uno Stato plestinese assomiglierebbe troppo a una vittoria di Hamas, o a «una ricompensa per il terrorismo», come dice il documento. E poi nel caso venisse concesso chi potrebbe garantire il non ritorno di Hamas? Non certo l’Onu ovviamente, che ha già dimostrato tutta la sua inutilità se non addirittura di essere stata ampiamente connivente con i terroristi stessi. Non a caso nel suo piano Netanyahu prevede la chiusura futura dell’Unrwa, specie dopo che si è scoperto che 12 membri del suo staff hanno partecipato all’assalto terroristico. Giustamente Netanyahu non vuole che una «soluzione permanente» con i palestinesi venga dettata dall’estero, specie da Paesi che non sono in nessun modo coinvolti nella disputa (la Ue prenda nota). Lo si dice chiaramente nel documento sottolineando che questa dovrebbe essere raggiunta solo attraverso negoziati diretti tra le parti, senza precondizioni. Questo si chiama sensato realismo, se qualcuno ha un piano migliore e più efficace si faccia avanti.
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