Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/02/2024, a pag. 4, con il titolo "Vannacci da Mosca a Bruxelles il regalo della Lega al Cremlino", il commento di Giuliano Foschini e Antonio Fraschilla.
Giuliano Foschini Antonio Fraschilla
Il generale Vannacci, ammiratore del terrorista Putin, probabile candidato per la Lega alle elezioni europee. Salvini non è cambiato da quando portava la faccia di Putin sul petto, anzi, è peggiorato: non si è accorto di due anni di crimini con l'invasione russa in Ucraina. Fino a quando il Capo del governo sopporterà un alleato simile?
Nella storia tra la Lega e la Russia di Vladimir Putin ci sono diversi punti che guardano al passato (l’ affaire Metropol, le fotografie di Matteo Salvini sulla piazza Rossa, le dichiarazioni sue e di molti altri parlamentari sul governo di Mosca, eccetera eccetera), ma ce n’è uno che guarda al futuro. E si chiama Roberto Vannacci. Non è un mistero che il generale sia uno dei possibili candidati della Lega alle prossime elezioni europee: il partito lo vuole, lui chiede garanzie in caso di mancata elezione, si sta discutendo, ma dalle parti di Salvini sono ottimisti che la partita si chiuda.
A Mosca in molti lo sperano. Perché, se così fosse, avrebbero un amico a Bruxelles. Nella carriera di Vannacci ci sono circa 18 mesi di vita e di lavoro in Russia, da novembre 2020 quando arrivò come addetto militare in ambasciata e maggio del 2022 quando fu espulso insieme con gli altri funzionari di ambasciata: fu la risposta russa all’espulsione dell’omologo di Vannacci a Roma. Nulla di personale, quindi. Anche perché non ce ne sarebbe stato alcun motivo. Anzi. Arrivato in Russia con una chiara connotazione — quella di militare con posizioni molto critiche nei confronti della Nato — si era mosso con grande disinvoltura con i suoi omologhi e con alcuni think tank vicini a Putin. Frequentazioni, condivisioni, mossi anche da un comune punto di vista sull’alleanza atlantica. Da quello che risulta, il generale aveva ottime relazioni sia con alcuni vertici militari sia con il giro italiano vicino al Cremlino: «Si è sempre offerto ai suoi interlocutori russi come assolutamente dialogante» racconta oggi una fonte a Repubblica. Spiegando però che «quello era un momento storico diverso: anche a livello diplomatico la Russia era considerata un paese amico». I report di Vannacci — finiti poi nell’indagine interna che il ministero della Difesa ha aperto dopo la pubblicazionedel suo libro — erano sempre teneri nei confronti della Russia: non solo non aveva lanciato alcun alert su un possibile attacco all’Ucraina, ma al contrario aveva sminuito gli allarmi lanciati da alcuni servizi stranieri. Un errore, sicuramente. E forse niente più. «Io da Putin sono stato cacciato», ha risposto Vannacci in questi mesi a chi gli contestava una sua vicinanza a Putin. Ma, certo, non ha potuto smentire quello che aveva scritto su “madre Russia” nel suo libro- scandalo, “Il mondo al contrario”. Parole di elogio per un modello che, per il generale, andava preso ad esempio. Per dire: tema immigrazione. «In Russia — scrive Vannacci — nonostante l’incredibile estensione del territorio e l’impossibilità di gestirne e controllarne le frontiere, l’immigrazione clandestina non esiste. Il clandestino in Russia non lo vai a fare perché sai che non avrai vita facile. Per immigrare le candidature dei potenziali lavoratori sono vagliate nel paese di origine e, a chi viene accettato, è garantito il contratto di lavoro ed il contratto per la casa prima ancora dell’ingresso nella terra degli Zar». E ancora sulla sicurezza: «In Russia, e in particolare a Mosca, incontravo, ben dopo l’imbrunire nei grandissimi e bellissimi parchi cittadini, donne sole e mamme con bambini che assaporavano il fresco delle sere estive senza il benché minimo timore di essere molestate da qualcuno». Vannacci ama la Russia, poi, perché non cede alle politiche ambientaliste. Che, per il generale, sono cavolate. Mosse da altri interessi. «Le proteste sono sostenute dal Climate Emergency Fund, con sede nella ricchissima ed esclusiva Beverly Hills, in California. L’organizzazione elargisce mazzette di bigliettoni per mobilitare gli attivisti soprattutto nel Vecchio Continente e nel civilizzato “Occidente”, perché in Cina, Russia e India tali espedienti non funzionano. Nazioni intere come Iraq, Iran, Qatar, Nigeria, Russia, Emirati Arabi, Libia, Azerbaijan e molti altri, basano essenzialmente la sopravvivenza sull’estrazione di combustibili fossili ed è semplicemente impensabile che i rispettivi governi rinuncino a questa unica ricchezza per perorare le cause dei seguaci di Greta». Un programma chiaro per arrivare in Europa.
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