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Il Foglio Rassegna Stampa
20.02.2024 Anne Applebaum: perché Putin ha ucciso Navalny
Intervista di Paola Peduzzi

Testata: Il Foglio
Data: 20 febbraio 2024
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Anne Applebaum ci dice che il navalnysmo continuerà e ricorda: il putinismo in occidente è minoranza»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 20/02/2024, a pag. 6, con il titolo "Anne Applebaum ci dice che il navalnysmo continuerà e ricorda: il putinismo in occidente è minoranza", l'intervista alla storica Anne Applebaum di Paola Peduzzi.

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Paola Peduzzi

Anne Applebaum e quell'estremismo che distrugge l'amicizia e la democrazia  – La Voce di New York
Anne Applebaum, nel 2004 vinse il Premio Pulitzer con il libro Gulag

Milano. “La squadra di Navalny sopravviverà”, dice al Foglio la scrittrice Anne Applebaum, autrice dell’imprescindibile “Gulag”, di altri libri sull’Holodomor e sulla deformazione dell’autoritarismo, nei regimi e nei partiti occidentali. Applebaum parla mentre a Bruxelles Yulia Navalnaya raccoglie l’eredità di suo marito Alexei, morto in un gulag russo in condizioni ancora non chiare: il corpo, unica testimonianza di quel che è accaduto mentre le autorità russe cambiano versione sulle ultime ore di Navalny contando come sempre sul fatto che il loro terrorismo resterà impunito, ancora non è stato mostrato. Il navalnysmo continuerà, dice Applebaum, in controtendenza rispetto ai necrologi di Navalny che hanno sancito anche la fine del dissenso: la squadra dell’oppositore di Vladimir Putin più famoso del mondo, morto a 47 anni, continuerà “a gestire i canali youtube al di fuori della Russia, manterrà i suoi legami con le molte persone all’interno della Russia che ancora credono che il loro può essere un paese diverso”. Applebaum ha scritto sull’Atlantic un articolo dal titolo “Perché la Russia ha ucciso Navalny” in cui spiega che “il contrasto enorme tra il coraggio civile di Navalny e la corruzione del regime di Putin rimarrà”. Semmai per la saggista americana naturalizzata polacca, è necessario che al di là del cordoglio si imparino le lezioni che Putin, con il sostegno del putinismo occidentale, ci continua a impartire. L’occidente – l’America e l’Europa allo stesso modo – è “bloccato da una piccola e determinata minoranza pro russa”, dice Applebaum, e il compito è evitare che questa diventi mainstream. “L’America non sta tentennando”, ribadisce, c’è una parte del Partito repubblicano che non considera Putin una minaccia globale (o che volutamente ignora che lo sia, il che è più grave) e che tratta la politica di sostegno all’Ucraina, il fronte est della democrazia che ci difende tutti, come se fosse una voce di bilancio da eliminare per ragioni elettorali e non di sicurezza. Donald Trump, ex presidente che vuole riprendersi la Casa Bianca, ieri ha fatto il suo primo commento sulla morte di Navalny, dopo tre giorni. Il silenzio era comunque meno sciagurato: “La morte improvvisa di Alexei Navalny mi fa sempre più pensare a quello che sta succedendo nel nostro paese”, ha scritto Trump, che invece di citare Putin come responsabile dell’uccisione del dissidente avvelenato e incarcerato con condanne pretestuose se la prende con “i politici corrotti di estrema sinistra, procuratori che giudici che ci portano sul cammino della distruzione. Confini aperti, elezioni truccate e decisioni grossolane e ingiuste stanno distruggendo l’America”. Il collegamento tra Putin che ammazza il dissidente più pericoloso per lui e l’America “in declino” e “in fallimento” dovrebbe far dubitare della stabilità mentale di Trump, ma al contrario reitera il meccanismo con cui il trumpismo spezza l’unità del Partito repubblicano – tradizionalmente deciso nel difendere l’ordine liberale – e quella dell’America, quindi di tutta l’Alleanza atlantica. Applebaum insiste: questa tendenza, che ormai è la politica decisa da Trump, faremmo bene a non covare troppe illusioni, riguarda una minoranza, sta a noi non farla diventare popolare. “E’ una lezione che anche l’Europa deve imparare, perché anche qui ci sono piccole minoranze filorusse. Il più importante è il leader ungherese, Viktor Orbán, che è disposto a rischiare la stabilità militare del continente in cambio degli investimenti corrotti di russi e cinesi”. Nel funzionamento europeo, il peso specifico di un Orbán, che guida un piccolo paese che ha una dozzina di eurodeputati, è molto più alto e ovviamente il premier ungherese è il primo a saperlo e a utilizzarlo per mettersi di traverso rispetto alle decisioni europee. Applebaum dice che l’obiettivo è far sì che ciò che è marginale resti marginale. In Europa finora è successo, almeno nelle decisioni importanti: l’Ue ha aperto ai negoziati per l’ingresso dell’Ucraina facendo uscire Orbán dalla stanza e ha poi stanziato i fondi per finanziare la ricostruzione ucraina, convincendo anche il premier ungherese. Naturalmente ci sono state concessioni e la retorica di Budapest si fa sempre più ostile, quindi il problema interno è soltanto contenuto. Lo stesso sta avvenendo in America, dove il Senato, grazie a quattordici senatori repubblicani che non hanno seguito il diktat trumpiano di abbandonare gli ucraini, ha votato a favore di 60 miliardi di dollari in armi per la difesa dall’aggressione russa. Ora al Congresso, dove il trumpismo ha attecchito di più, si deve discutere. Il tempo non è senza costo, ogni ucraino ne dà un dettaglio tragico, ma l’ostruzionismo deve restare minoritario. L’Europa sembra aver capito che questo significa investire nella Nato e nella difesa comune per poter essere reattiva e decisa contro le minacce senza dover dipendere eccessivamente dall’America in campagna elettorale. Applebaum dice da tempo che Trump ha intenzione di sfasciare l’Alleanza atlantica e anche se tecnicamente non è una cosa semplice lo è dal punto di vista psicologico, perché sono soprattutto i nemici, l’Urss una volta e oggi la Russia, a essere convinti “dell’impegno americano alla difesa collettiva”. Con Trump ogni convinzione crolla, ma il punto è per la saggista questo: non farsi illusioni, ricordarsi che stiamo ancora parlando di minoranze.

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