Riprendiamo da LIBERO di oggi 19/02/2024, a pag.1/7, con il titolo "Ghali premiato dai fans di Hamas va da Fazio a farci il sermone", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Qui sopra, il logo della Associazione dei Palestinesi in Italia che il cantante Ghali appoggia. Il simbolo svela chiaramente il loro progetto: cancellare Israele.
Gentile Elly Schlein, illustri intellettuali di sinistra, egregi compagni progressisti, l’affaire Ghali è maledettamente semplice da riassumere: ma davvero intendete mettervi nelle mani di uno così? O comunque inseguirlo e farvi dettare da lui agenda e linguaggio? Mettiamola così: c’è da dubitare che Ghali sia un leader, ma c’è da temere che voi siate dei perfetti follower.
Qui a Libero vogliamo offrirvi una consulenza disinteressata e gratuita, ricompitando nozioni talmente elementari che speravamo vi fossero già ben presenti: e cioè la differenza tra un cantante in cerca di successo (diciamocelo: fino a poche settimane fa, chi lo conosceva?) e un partito che dovrebbe ambire a sfidare il centrodestra per la guida del paese.
Lui – Ghali – non ha vincoli di responsabilità: ha un legittimo interesse a spararla grossa e a far casino. Più casino uguale più like, più canzoni scaricate, più concerti, più ospitate. Ci aveva provato tempo fa, quando inveì allo stadio contro Matteo Salvini, ma non se l’era filato nessuno. Ha ritentato all’inizio del Festival di Sanremo con la storia della cittadinanza, ma pure in quel caso l’eco era stata modesta. E allora – tenta e ritenta, pensa che ti ripensa – s’è buttato a far polemica contro Israele. Prima l’evocazione del “genocidio” (naturalmente invece gran silenzio sulla mattanza del 7 ottobre e sul sequestro degli ostaggiisraeliani da parte di Hamas); poi lo scontro a distanza con l’ambasciatore di Gerusalemme a Roma; infine ieri sera la consacrazione ufficiale come “icona” da Fabio Fazio. Trattamento Soumahoro (prima della caduta, si capisce): applausi, sorrisi estasiati, tutti a pendere dalle labbra dell’ex scappato di casa immediatamente transitato nella condizione di Profeta.
Ora, lui i suoi conti li ha fatti fin troppo bene: onore al merito. Deve solo stare attento, povero figlio, perché il generatore automatico di idoli della sinistra funziona a ritmo incessante sia nel senso della creazione che in quello della rottamazione dei “nuovi eroi”. Alla prima buccia di banana, gli stessi che ti avevano portato in processione come una madonna pellegrina sono pronti a far finta di non averti mai visto neanche in fotografia. In caso di dubbio, basta chiedere informazioni al già citato Soumahoro.
AMICIZIE PERICOLOSE
Di più: Ghali ha compiuto una precisa scelta di campo, che rende la sortita sanremese un gesto tutt’altro che estemporaneo. Nel weekend, su Instagram, è comparso un suo video di saluto ad Api Italia (l’associazione dei palestinesi in Italia): alla fine del clippino è anche ben visibile una busta con la scritta Abspp (l’onlus fondata dal discusso Mohammad Hannoun). Insomma, Ghali si colloca fianco a fianco con i militanti più accesi della causa palestinese, che infatti – si legge nella pagina Instagram di Api Italia – lo ringraziano: «La tua coraggiosa decisione di pronunciare la parola ‘genocidio’ ha avuto un impatto straordinario». E ancora: «Con la speranza di incontrarci in una Palestina libera». Libera da chi, verrebbe da chiedere? E la risposta non è difficile da immaginare, purtroppo.
Ecco, tutto questo ci riporta alla testa politica del Pd. Gli strateghi del Pd (nella versione di greco al liceo c’erano “oi strategoi”), che pensano di fare?
Delegheranno a Ghali la definizione della linea di politica estera? Organizzeranno un karaoke e un fan club? E poi – per completare il dream team – punteranno su Dargen D’Amico per immigrazione e sistema pensionistico? Su Geolier per i giovani e le periferie? Su Simba La Rue e Baby Gang per l’integrazione dei ragazzi di seconda generazione? Fuori di battuta e senza polemica, la domanda da porre ai vertici dem è tanto diretta quanto inquietante: vi farete trascinare a condurre una campagna elettorale di fatto contro Israele? Inutile far finta che non sia così: anche facendo salva la vostra buona fede e le vostre ottime intenzioni, voi direte “pace” ma tanti intenderanno “fermare Netanyahu”; voi direte “cessate il fuoco” ma molti capiranno “salviamo l’osso del collo ai capi di Hamas”; voi direte di “preoccuparvi per i palestinesi” ma non pochi comprenderanno che – alla fine della storia – il pogrom del 7 ottobre deve svanire e rimanere offuscato nella memoria collettiva.
IL BIVIO
La comunicazione vive di regole ferree: se ti metti sul binario dell’ambiguità, poi è complicatissimo uscirne o comunque correggere il tiro. Anzi, la forza delle cose – a maggior ragione nel pieno di una campagna elettorale – ti porta ad alzare l’asticella, ad arroventare i toni, altro che attenuare-rettificare-smentire. Di più: in mancanza di una prospettiva politica praticabile, di uno sbocco realistico di una campagna, il rischio è che tutto si risolva in un’escalation comiziale e comiziante. A maggior ragione se la speranza è quella di cementare il famoso “campo largo” con i grillini, o comunque di non concedere spazio a Giuseppe Conte alla propria sinistra. Questo tipo di dinamica è pericolosa sempre. Ma diventa letteralmente ingestibile se applicata al tema delicatissimo della politica estera. Chi ha meritoriamente cercato di farlo notare a sinistra – un nome per tutti: Piero Fassino – è stato oggetto di un impietoso tiro al bersaglio sui canali social. Un altro brutto segnale. C’è da sperare che qualche mente lucida nell’area progressista ci rifletta, e aiuti la sinistra a sottrarsi a una deriva che non promette nulla di buono.
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