Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/02/2024, a pag. 1, con il titolo 'Tutte le iniziative per la difesa dell’Ucraina che dicono: l’Europa fa sul serio', l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Volodymyr Zelensky sta firmando accordi con diversi Paesi europei per garantirsi una difesa adeguata dall'invasore russo.
Milano. “E’ nell’interesse degli Stati Uniti avere una Nato solida perché nessun’altra grande potenza ha qualcosa di simile alla Nato – più di trenta amici e alleati, e questo li rende più forti”, ha detto ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dopo aver ribadito che per il 2024 sono previsti 380 miliardi di dollari di stanziamenti, cioè il 2 per cento del pil complessivo dei paesi alleati. Stoltenberg vuole spazzare via i dissapori che si sono creati dopo le parole dell’ex presidente americano Donald Trump – ha invitato Vladimir Putin a invadere i paesi della Nato che non contribuiscono abbastanza all’Alleanza. In realtà Trump ha ripetuto più o meno le stesse cose (non l’invito all’invasione) mercoledì sera in un comizio in Carolina del sud, ma l’obiettivo degli alleati è tirare dritto.
Stoltenberg ha detto che la difesa transatlantica è “sulla giusta strada” per respingere la minaccia più insistente ai suoi confini, la Russia.
Il 2024 sarà un anno diverso dai due che sono ormai passati dall’invasione su larga scala dei russi in Ucraina, non soltanto perché l’occidente è in scombussolamento politico essendo in campagna elettorale, ma perché mancano le munizioni sul fronte e l’economia di guerra che l’Unione europea aveva annunciato fin da subito in realtà non è stata costruita. Allo stesso tempo continuano a prendere forma iniziative diverse. Oggi Volodymyr Zelensky è atteso a Parigi da Emmanuel Macron per siglare un accordo bilaterale di cooperazione che è il frutto di quanto si era deciso al vertice della Nato di Vilnius, l’estate scorsa. Kyiv ha già firmato un accordo simile con il Regno Unito e sta parlando anche con altri paesi per iniziative simili. La Germania, che negli ultimi mesi si è rivelata decisiva nel mantenere l’unità europea nell’impegno politico e finanziario nei confronti dell’Ucraina, era arrivata a dire, nei momenti di difficoltà, che il format bilaterale avrebbe potuto prendere più forza fino a compensare le deficienze dei paesi che vogliono ridimensionare gli aiuti a Kyiv. Ieri il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha detto che l’European Sky Shield Initiative, un gruppo di paesi che vuole costruire una difesa aerea per l’Europa, si è allargata a ventuno paesi.
Nelle stesse ore, il Regno Unito e la Lettonia hanno annunciato “un’alleanza dei droni” che porterà al trasferimento di droni Fpv all’Ucraina. Il ministro della Difesa inglese, Grant Shapps, ha definito “vitali” questi droni e ha detto: “Insieme daremo all’Ucraina le capacità che le servono per difendersi e vincere questa guerra per sconfiggere le ambizioni barbare e illegali di Putin”. A gennaio il premier britannico, Rishi Sunak, aveva annunciato lo stanziamento di 200 milioni di dollari per la produzione di questi droni (che sono dello stesso tipo di quelli utilizzati dall’Ucraina per colpire nel Mar Nero la flotta russa). Un paio di settimane fa, il magazine britannico Economist aveva messo in copertina i droni come simbolo della trasformazione della guerra che si compierà quest’anno. Londra ha anche siglato un accordo con altri 13 paesi della Nato per aumentare la produzione di missili e di munizioni.
Sul fronte europeo, si è parlato nelle scorse ore della possibilità di dotare la Commissione che uscirà dalle elezioni di inizio giugno di uno “zar per la Difesa”, un supercommissario che si occupi delle questioni di sicurezza e della economia di guerra. Alcuni pensano che si tratti più di una idea che altro, necessaria oggi per dimostrare all’America che gli europei non sono degli scrocconi – come è noto, senza l’impegno americano non ci sarebbe la difesa che possiamo garantire oggi, ma è anche vero che gli stanziamenti europei per quel che riguarda l’Ucraina stanno, almeno nelle promesse, superando quelli americani, in parte bloccati dall’istinto antiucraino del trumpismo. Altri invece sono convinti che uno “zar” sia necessario per rendere gli investimenti europei efficaci e cercare di superare i nazionalismi che sulla difesa continuano a permanere. Il ministro degli Esteri polacco, il determinatissimo Radoslaw Sikorski, ha detto che sarebbe pronto a ricoprire questo incarico.
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