Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/02/2024, a pag. 1, con il titolo “Ue, ingerenze russe nel voto” l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Putin muove le sue marionette in Europa
Con il messaggio di Dmitry Medvedev a favore delle “forze politiche europee anti-sistema” la Federazione russa è entrata nella campagna elettorale per il prossimo Parlamento Ue con il dichiarato intento di trasformare il voto di giugno in una sconfitta dei “partiti tradizionali” e del “globalismo liberale”. Medvedev è l’ex presidente e l’ex premier russo, fedele alleato politico di Vladimir Putin, che dall’inizio dell’aggressione militare all’Ucraina ha spesso incitato il Cremlino ad assumere posizioni ancora più dure nei confronti dell’Europa e più in generale dell’Occidente. Se il testo che a inizio mese Medvedev ha affidato a Internet non è formalmente riconducibile al governo russo, riflette però le intenzioni che circolano fra gli stretti collaboratori del presidente Putin. È un documento che è giusto conoscere perché la Storia insegna che le autocrazie fanno ciò che dicono e dunque le loro parole non devono essere sottovalutate. Il messaggio di Medvedev è un appello a votare l’“opposizione anti-sistema” descritta così: “Sia a sinistra che a destra”, vede “una nuova strada per lo sviluppo” e “si oppone al globalismo americano”, è presente “nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo” ed è guidata da “nuovi politici” che comprendono “tutti i vizi del globalismo liberale e dell’ordine mondiale incentrato sugli Stati Uniti”. Da qui l’impegno e l’appello di Medvedev a “sostenere in ogni modo”, “segretamente ed apertamente”, questi “politici e partiti” perché “si trasformeranno da oppositori anti-sistema in una nuova parte dell’establishment politico”. Parole inequivocabili da parte dell’unico leader russo con cui Putin ha accettato di coabitare, che giustificano la preoccupazione per il rischio di “interferenze russe” nella campagna elettorale europea che ha spinto il Parlamento di Strasburgo a adottare giovedì una risoluzione per esprimere, nero su bianco, “grave preoccupazione per i continui tentativi della Russia di indebolire e distruggere la democrazia europea”. Dalla creazione dell’Unione Europea con il Trattato di Roma del 1957 è la prima volta che la campagna per le elezioni europee inizia con Mosca protagonista diretta, interessata e impegnata a far vincere le “forze anti-sistema” avversarie dell’Occidente. Per comprendere di chi si tratta basta leggere il testo approvato dal Parlamento Europeo perché le enumera con chiarezza: le forze di estrema destra in Germania e Francia impegnate a rovesciare il sostegno popolare per l’Ucraina; i movimenti secessionisti in più nazioni Ue, come la Catalogna in Spagna; il Fronte Nazionale in Francia, gli austriaci del Fpo e la Lega in Italia accusati di aver ricevuto facilitazioni finanziarie e commerciali. Ma non è tutto, perché lo stesso Parlamento Europeo vede un’escalation nelle interferenzerusse a causa di un sempre più evidente ruolo del Fsb, l’ex Kgb: dall’interferenza nelle elezioni slovacche di settembre scorso, quando tentò di delegittimare le urne, ai legami scoperti in Germania con un affiliato all’estrema destra dell’Afd fino alle più recenti rivelazioni sul presunto reclutamento dell’eurodeputata lettone Tatjana Zdanoka. Il timore, insomma, è che dopo le “interferenze maligne” in più Paesi attraverso campagne sui social network, più volte denunciate da Ue e Nato dopo il 2016, Mosca sia ora protagonista di azioni assai più strutturate, al fine di far prevalere nelle urne le “forze anti-sistema” per far implodere le democrazie europee dal di dentro. Con l’obiettivo strategico di far venir meno il sostegno all’Ucraina e dunque riuscire ad imporsi nella guerra che Putin iniziò unilateralmente quasi due anni fa. Non a caso la vicepresidente ceca della Commissione Europea, Vera Jourova, descrive il rischio di una Russia impegnata in una “campagna multimilionaria per diffondere disinformazione sulle piattaforme digitali” al fine di “avvelenare il nostro mondo dell’informazione” con l’obiettivo di “far leva su bugie e mezze verità per avvalorare la falsità che la democrazia non è migliore dell’autocrazia”. La denuncia di Jourova si basa sul fatto che la documentazione sulle interferenze russe aumenta a vista d’occhio: fra gennaio e aprile dello scorso anno YouTube ha oscurato almeno 400 canali tesi a diffondere propaganda russa, Google ha chiuso circa 100 siti per lo stesso motivo e perfino Tik Tok — la cui tecnologia è cinese — ha bandito 211 video perché portatori di disinformazione. Tutto questo evidenzia che la guerra ibrida di Putin alle democrazie è in pieno svolgimento, Mosca sente di avere il vento a favore, ritiene possibili le affermazioni di forze antisistema nei Paesi Ue — che siano di destra o sinistra poco importa — e tutto ciò è parte integrante della decisione strategica del Cremlino di aggredire l’Ucraina per riuscire a ridefinire a proprio vantaggio l’architettura di sicurezza sul Vecchio Continente, ridimensionando Nato e Ue. È uno scenario che deve far riflettere anche qui in Italia dove il fattore-Russia è troppo spesso ignorato nella narrativa delle forze politiche. E dove i maggiori leader politici — dalla premier Giorgia Meloni alla segretaria del Pd Elly Schlein — hanno all’interno dei rispettivi schieramenti voci favorevoli ad indebolire il sostegno militare ed economico all’Ucraina illudendosi di poter così mietere sostegni nelle ali più estreme dell’elettorato, contagiate da sovranismo e populismo. Cedere a tali sirene sarebbe l’errore più grave perché la sfida su Kiev diventa ogni giorno più centrale nel braccio di ferro fra le democrazie e Mosca che ha in palio la sicurezza dell’Europa intera.
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