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La Repubblica Rassegna Stampa
02.02.2024 La linea Zelensky
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 02 febbraio 2024
Pagina: 7
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Mine e denti di drago sulla 'linea Zelensky' dove gli ucraini si difendono dai russi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/02/2024, a pag. 8, con il titolo “Mine e denti di drago sulla 'linea Zelensky' dove gli ucraini si difendono dai russi" il commento di Paolo Brera.
 

Paolo Brera
 

Volodymyr Zelensky. Ormai gli ucraini sono costretti a difendersi (invece che contrattaccare) a causa degli scarsi rifornimenti occidentali.

KUPIANSK — Ci siamo. «I russi sono a un chilometro», dice il capitano Maxym tirando dritto verso il ciglio della carrareccia. Tra i campi innevati, nel brulichio di stoppie che ne buca il manto, ecco le cuspidi di cemento dei denti di drago, le lame d’acciaio del nastro spinato. È l’avamposto della “linea Zelensky”, la risposta ucraina alla “Surovikin” con cui i russi, l’estate scorsa, hanno respinto in un bagno di sangue la controffensiva di Kiev. «Attenzione, lì. Il campo è minato — avverte Maxym — vi do tre minuti per scattare foto, poi andiamo. È pericoloso restare fermi qui». Kupiansk, bombardata ogni giorno dall’artiglieria russa ma saldamente in mano ucraina, l’abbiamo lasciata alle spalle da un po’. Insieme ad Avdiivka è uno dei distretti più difficili del fronte. I russi sono all’assalto e cercano di sfondare. Era una cittadina industriale di 69mila anime, uno snodo ferroviario vitale con un importante centro logistico, fabbriche di trasformazione del pesce e lo zuccherificio, la centrale del latte e una fonderia; ora ci vivono seimila anziani barricati in casa, taciturni, assistiti porta a porta. Di rado mettono il naso fuori, camminando veloci tra strade percorse da soldati e mezzi militari. «C’è anche qualche bambino — dice Maxym, che appartiene al 123esimo battaglione di Difesa territoriale — ogni tanto li vediamo sbucare in strada». Negli ultimi giorni i russi hanno centrato l’auto di un poveraccio, arso vivo mentre guidava nelle vie squinternate da mesi di bombardamenti. Altri due civili invece sono morti in casa loro. Eppure non è un inferno, Kupiansk, rispetto a ciò che c’è più avanti: «Abbiamo il gas, la luce e perfino il telefono», racconta un anziano procedendo lesto per gli affari suoi. Nei villaggi dei dintorni affacciati verso il fronte, oltre la ferrovia e il fiume Oskil, ci sono quasi solo spettri in divisa. I civili se ne sono andati, solo in alcuni paesi resta qualche irriducibile. I soldati hanno occupato case libere, ma sono costretti a spostarsi continuamente per evitare le spie. Forniscono ai russi le coordinate da colpire, è una piaga in tutto il fronte del Donbass: una parte dei paesani “aspetta”, più o meno dichiaratamente, i russi; e collabora per aiutarli ad avanzare. I ponti sull’Oskil sono saltati, per attraversarlo si fa un lungo giro mentre l’artiglieria continua a borbottare chissà dove. Alcuni di questi paesi, soprattutto Sinkivka, sono sotto tiro diretto e costante. I gruppi d’assalto russi stanno provando a conquistarli per avvicinarsi a Kupiansk. «Da metà ottobre sono all’attacco: lanciano cicli di assalti con artiglieria, droni e piccoli gruppi di incursori. Ogni giorno distruggono qualcosa della nostra difesa, e noi ogni giorno lo ricostruiamo», dice Maxym. La strategia ucraina poggia sul piano annunciato dal presidente Zelensky a fine novembre: «Accelerare la costruzione di strutture difensive in tutte le direzioni principali». Lo stanno facendo qui a Est, a Kupiansk come a Liman e Avdiivka, ma anche nei confini al Nord con Russia e Bielorussia, a Chernihiv e Chernobyl. Dopo il fallimento della controffensiva, con l’enorme problema del ricambio dei soldati esausti e meno aiuti finanziari e militari dai partner occidentali (anche i 50 miliardi stanziati dalla Ue per i prossimi 5 anni sono un bel calo rispetto agli oltre cento dei primi due anni di guerra), la «difesa fortificata» è l’unica strategia possibile per il 2024. Kiev la vuole affiancare ai colpi a distanza per rendere pan per focaccia a Mosca, colpendo in profondità le sue infrastrutture energetiche. Ma la declinazione ucraina della Surovikin è una «difesa attiva»: che lasci aperta, in situazione favorevole, la possibilità di contrattaccare. La ricetta di base, comunque, è la stessa: tre linee costituite da trincee, trappole per carri armati e casematte fortificate, con aggiustamenti tecnici nei singoli battaglioni. «Noi siamo territoriali, il nostro compito non è avanzare ma difendere le postazioni, ed è quello che facciamo », dice “Lince”, un altro capitano del 123esimo. Prima della guerra era un camionista, ma è stato addestrato dalla Nato e dirige il gruppo deigenieri che stanno costruendo la loro “linea Zelensky” a Kupiansk. «Siamo a buon punto — racconta — ma dobbiamo migliorarla, ripristinare i danni e completare le strutture. Facciamo tutto di notte, con i visori a infrarossi. Le escavatrici però usano faretti bassi, e qualche notte fa i russi ci hanno identificati e ne hanno abbrustolita una». Amen, ce ne sono altre. «Andiamo avanti per 4 o 5 ore di lavoro, a volte tutta la notte; a volte si comincia all’imbrunire ». Ogni notte il cantiere si sposta, per non dare punti di riferimento. A fine turno, gli attrezzi sopravvissuti tornano al sicuro nelle retrovie. La prima sezione della “linea”, la più avanzata, è quella che il capitano Maxym ci dà solo il tempo di fotografare. Quando torniamo meno esposti spiega: «Sono cinque linee ravvicinate e parallele di tetraedri di cemento, i cosiddetti “denti di drago”, con due linee di nastro spinato rinforzato da funi d’acciaio; il tutto in un sandwich di campi minati ». Tornando indietro per alcune centinaia di metri, tra i campi innevati ci vuole occhio per accorgersi della seconda sezione: sono «le roccaforti sottoterra, i bastioni fortificati da cui si accede a una rete di trincee e bunker». È in questo dedalo che ci aspetta Evgeny, un soldato che combatte dal 2014. «Volete un tè?», domanda come se non sentisse anche qui, attutito dalla terra, il borbottio inquietante che in superficie ti scava i nervi. «Abbiamo tutto. Il fornelletto, la stufa, la luce. I turni durano 24 ore, ogni due ore si esce lungo le trincee e poi per due riposiamo. Quando si gela, accorciamo i turni a 20’». Ha due figli di 8 e 17 anni, lo hanno ferito a Bakhmut «a testa e spalla, ho perso il timpano ed è un miracolo se hanno salvato il braccio. Ma sono vivo grazie al mio elmetto tedesco, è fantastico», sorride. La stanza sotterranea, chiusa con un porta di legno e riscaldata dalla stufa, l’hanno costruita i genieri: tetto di legno con strato di plastica anti umidità, e sopra tre strati di tronchi con la terra in mezzo. Qui hanno le cuccette, 4 in uno spazio come la cella dei monaci. ma non c’è neanche un millimetro di cemento per difenderli. Vi sentite al sicuro, Evgeny? «Abbastanza. Dipende da cosa ci arriva in testa. È la fortuna del soldato, però almeno ci copre dai droni e dai frammenti». Tornando indietro, ecco la terza sezione della “linea Zelensky”: «Sono le posizioni di isolamento con filo spinato e campi minati», vere e proprie trappole in cui convogliare e imprigionare i nemici che superassero la linea di difesa iniziale: serve a metterli in condizioni sfavorevoli sotto il fuoco di Evgeny e commilitoni: da trincee, feritoie e bunker «hanno armi per abbattere droni e sparare ai fanti, distruggere blindati e abbattere velivoli». A Kupiansk la difesa fortificata è nelle immediate retrovie della «linea zero», dove sono assestati i fanti sotto protezione dell’artiglieria. Ad Avdivka è «a circa 16 km dalla città». Al confine con Bielorussia e Russia, dove non serve immaginare controffensive, Kiev vuole le fortificazioni più solide. Una vera Surovikin, un divieto di passo per entrambi: lì bisogna solo evitare sorprese.

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