Gaza, Israele diviso sullo stop Commento di Mirko Molteni
Testata: Libero Data: 01 febbraio 2024 Pagina: 15 Autore: Mirko Molteni Titolo: «Il piano della tregua tenta anche Hamas»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/02/2024, a pag. 15 con il titolo "Il piano della tregua tenta anche Hamas" il commento di Mirko Molteni.
A Gaza aumentano le proteste contro Hamas.
La trattativa fra Israele e Hamas per il rilascio degli ostaggi prosegue. In serata NBC News ha riportato indiscrezioni di «un ufficiale israeliano» secondo cui «ci sono forti indicazioni che l’accordo sugli ostaggi progredirà», anche se il governo israeliano ancora non concorda ufficialmente col piano scaturito dal vertice di Parigi fra Israele e gli stati mediatori: USA, Egitto e Qatar. Le bozze sono all’esame del gabinetto di guerra e il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito ai parenti degli ostaggi «l’impegno a riportarli a casa».
La proposta emersa dal vertice di Parigi fra il capo della CIA William Burns, il capo del Mossad David Barnea e il capo dei servizi segreti egiziani Abbas Kamel prevederebbe tre fasi. Nella prima fase, rilascio di donne, bambini e anziani israeliani; nella seconda tutti i militari ebraici rapiti; nella terza la restituzione delle salme degli ostaggi morti.
Secondo il Wahington Post, la durata della tregua sarebbe di 6 settimane, prolungabile, e verrebbero liberati tre detenuti palestinesi per ogni ostaggio ebraico. Il giornale americano ha inoltre ipotizzato che verrebbe chiesto all’esercito israeliano di «ritirarsi dalle città della Striscia di Gaza», compromesso fra opposte posizioni.
Un responsabile di Hamas, Muhammad Nazal, ha ribadito la richiesta a Israele di «ritiro totale da Gaza», ma Netanyahu si oppone: «Non ci ritireremo». Un ritiro parziale dai centri abitati, ma non da tutta la Striscia, potrebbe metter d’accordo entrambi. Il Dipartimento di Stato USA starebbe valutando il riconoscimento americano di uno stato palestinese alla fine della guerra, per accelerare la «soluzione a due stati». Secondo la tivù Kan, Hamas vorrebbe per far rilasciare anche tutti i miliziani delle forze Nukhba catturati il 7 ottobre. Sono le formazioni d’elite del movimento impiegate nelle infiltrazioni che hanno scatenato la guerra. Israele non s’è ancora espressa su tale spinosa condizione. L’oltranzista ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha minacciato di uscire dal governo se verrà accettato il piano di tregua, ma il capo dell’opposizione Yair Lapid s’è detto pronto a rimpiazzarlo.
Anche Hamas pare tentata dall’accordo, per avere ristoro dopo mesi di bombardamenti. Ieri una delegazione del movimento s’è recata al Cairo, pare guidata dal capo politico Ismail Haniyeh, che vive al sicuro tra Qatar e Turchia, per parlare con Kamel, reduce da Parigi. Frattanto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu s’è riunito, su richiesta dell’Algeria, per parlare della sentenza della Corte dell’Aja, che chiede a Israele di «prevenire atti di genocidio a Gaza». Ma i civili palestinesi iniziano a individuare in Hamas la loro disgrazia. Dopo le proteste popolari dei giorni scorsi contro il movimento, ieri è stato diffuso un video in cui uno sfollato palestinese urla che «i capi di Hamas vanno al ristorante, noi mangiamo proiettili». Ripreso tra Khan Yunis e Rafah, il profugo dice: «La gente è stupida, non capisce niente. Noi non abbiamo nulla a che fare con tutto ciò. Sono stati Sinwar e Haniyeh. Haniyeh è in un ristorante in Turchia e Sinwar è sotto terra a mangiar carne, mentre noi siamo qui a mangiare proiettili in testa». Yahya Sinwar, capo militare di Hamas, è rintanato nei tunnel di Khan Yunis, dove l’esercito ebraico avanza metro su metro. Per il portavoce militare Avichay Adraee «sono stati smantellati due dei quattro battaglioni di Hamas nella città». Inoltre «è stata distrutta una fabbrica della Jihad Islamica in cui venivano prodotti razzi, missili anticarro, mine ed ordigni esplosivi, oltre a un tunnel». Intanto l’Unrwa, l’agenzia Onu dei rifugiati di cui membri palestinesi sarebbero stati complici di Hamas negli attacchi del 7 ottobre, ha fatto sapere di «essere costretta a lasciare Khan Yunis a causa dei combattimenti»
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