Parole chiare su Edward Said Tutta colpa dell'Occidente e di Israele
Testata: Il Foglio Data: 26 giugno 2003 Pagina: 1 Autore: Christian Rocca Titolo: «America anti America»
Riportiamo un interessante articolo di Christian Rocca pubblicato su Il Foglio giovedì 26 giugno 2003. New York. Il Congresso di Washington sta indagando sull’antiamericanismo nelle università americane. Non tra gli studenti, ma tra i professori. Questo, del resto, è il paese dove il moderno sentimento antiamericano è cresciuto, dai movimenti pacifisti dei tempi del Vietnam fino al popolo no global di Seattle. L’antiamericanismo è una presenza costante nella vita politica e intellettuale degli Stati Uniti. Sono nate qui le idee antagoniste che piacciono agli europei, nelle strade arabe e ai reduci dell’impero sovietico. Ora, però, il Congresso vuole capire che cosa sta succedendo in alcune delle più importanti università, in particolare alla Columbia di New York e alla New York University (NYU). Non c’è in atto alcuna caccia alle streghe e nessuno crede che la democrazia e la libertà di parola siano in pericolo. Di mezzo c’è un’altra cosa, l’utilizzo dei fondi federali e i soldi di chi paga le tasse. Il Congresso deve decidere come rinnovare l’Higher Education Act, una legge che al titolo VI prevede il finanziamento di programmi di studi internazionali. L’obiettivo del titolo VI è quello di aiutare la classe dirigente americana a capire il mondo esterno e a conoscere la percezione che gli altri hanno dell’America. Secondo Daniel Pipes, uno degli esperti convocati dalla Commisione, Washington finanzia 118 centri nazionali di ricerca universitaria con oltre 86 milioni di dollari l’anno. Grazie al riconoscimento ufficiale di Washington, ciascuno di questi centri riesce ad attrarre altri donatori privati, per cui l’importanza del contributo federale va oltre il finanziamento. Da mesi c’è chi sostiene che questi soldi siano utilizzati per insegnare agli studenti che la colpa di tutti i problemi del mondo, e in particolare quelli del Medio Oriente, sia dell’America. Il più feroce critico dell’uso del titolo VI è Stanley Kurtz, della Hoover Foundation ed editorialista di National Review e di Policy Review. Il Congresso lo ha chiamato per ascoltare la sua tesi e con lui ha convocato anche Pipes, esperto di Medio Oriente ed editorialista del New York Post, e il saggista Martin Kramer. Nell’analisi di Kurtz, il cui saggio sull’"Imperialismo democratico" sarebbe dovuto uscire in un libro sulla nuova politica estera americana che la Bruno Mondadori aveva programmato e poi cestinato, il padre fondatore del sentimento antiamericano diffuso nelle università grazie ai soldi dei contribuenti è Edward Said, professore della Columbia e autore di numerosi saggi sul Medio Oriente, il principale dei quali è "Orientalismo" del 1978. Le tesi di Said, che in Italia pubblica Il Manifesto, sono centrate sul fatto che lo sconquasso mediorientale sia dovuto alle politiche neocoloniali dell’America e dell’Occidente. La teoria post coloniale di Said si basa sul fatto che chiunque appoggi la politica estera americana, qualunque essa sia, è paragonabile a quegli intellettuali che nel XIX secolo sostenevano gli imperi coloniali basati sulla diversità della razza. Gli Stati Uniti, ha scritto Said nella sua rubrica sul settimanale egiziano Al-Ahram, "sono noti per trascinare interi popoli, paesi e anche continenti verso niente altro che l’olocausto". Kurtz ricorda anche i consigli di Said ai lettori egiziani di smetterla di pensare ingenuamente che l’America difenda la libertà e la democrazia, quando invece la realtà è quella di un impero che esporta genocidi. Sul piano accademico, ha spiegato Kurtz al Congresso, la teoria di Said si basa sull’immoralità di quei professori che mettono la propria conoscenza delle lingue e delle culture straniere al servizio di questo criminale potere americano. Liberissimo di dirlo, hanno detto Kurtz e gli altri davanti ai deputati, ma almeno che lo dica senza il contributo finanziario del medesimo potere genocida.
L’accusa di collaborazionismo La più autorevole eccezione alle teorie post coloniali di Said è quella di Bernard Lewis, professore a Princeton, la cui più recente critica a "Orientalismo" si può leggere nel libro di Fiamma Nirenstein "Islam - La guerra e la speranza" (Rizzoli). Ma Said ha molti seguaci, alcuni dei quali accusano di collaborazionismo i professori che partecipano al National Security Education Program (NSEP), il programma federale di studi di lingue e culture straniere, tra cui l’arabo, il persiano, l’hindi e il cinese, varato nel 1991 e volto a formare quegli esperti poliglotti che mancano alle varie agenzie governative di difesa e d’intelligence. Secondo i seguaci di Said il programma va boicottato perché questo tipo di collaborazione tra il governo e gli studiosi dà l’impressione che il mondo accademico sia direttamente coinvolto nelle attività americane in Medio Oriente. Gli esempi di pregiudizi antiamericani forniti da Kurtz sono numerosi, ciascuno dei quali è stato considerato irrilevante dai suoi critici, anch’essi invitati alla House. In Commissione si è aperto il dibattito, dove è emersa la posizione di chi dice che la grandezza dell’America sta nel finanziare anche chi critica il governo. Verissimo. Ma il paradosso resta: Washington, con il titolo VI, finanzia professori che rifiutano di insegnare perché temono che gli studenti apprendano così bene da poter essere utili allo stesso governo che li finanzia. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere alla redazione del Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.