Se una istituzione nata per servire a un certo scopo viene posta al servizio di uno scopo opposto a quello originario, si può parlare di «eterogenesi dei fini». È possibile che ciò sia accaduto alle Nazioni Unite? Era stata creata allo scopo di sorreggere un ordine internazionale con certe caratteristiche. Oggi è un palcoscenico in cui i contestatori di quell’ordine trovano visibilità, stipulano alleanze, catturano consensi. Non sembra un incidente di percorso ma, piuttosto, il simbolo di quella avvenuta eterogenesi dei fini il fatto che l’Iran presieda oggi il Forum dell’Onu sui diritti umani.
All’origine delle Nazioni Unite, nate nel 1945, c’è il progetto di un nuovo ordine internazionale ideato dal presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt. Il modello è la Società delle Nazioni nata alla fine della Prima guerra mondiale sotto l’impulso del presidente Woodrow Wilson. L’idea, che deriva dalla tradizione liberale, è quella secondo cui per pacificare il mondo bisogna sostituire un sistema di sicurezza collettiva al vecchio equilibrio di potenza. La Società delle Nazioni, per un insieme di ragioni, fallì, non conseguì l’obiettivo. Le Nazioni Unite furono il secondo tentativo di ottenere lo stesso risultato. Ma erano anche, nelle intenzioni americane, una colonna portante dell’ordine internazionale che si stava costituendo dopo la sconfitta del nazismo. Un ordine che, nelle intenzioni, doveva reggersi su due pilastri, uno materiale (la potenza americana) e uno culturale (la tradizione liberal-democratica occidentale).
Nel caso delle Nazioni Unite, però, i principali limiti del progetto apparvero chiari non appena finì la collaborazione fra i vincitori del conflitto mondiale e scoppiò la Guerra fredda. Un sistema di sicurezza collettiva affidata al governo delle grandi potenze (tali avrebbero dovuto essere i membri permanenti del Consiglio di sicurezza) può funzionare solo a due condizioni: la prima è che esistano fra le grandi potenze in questione valori condivisi; la seconda è che non avvengano drastici cambiamenti nella distribuzione del potere tali per cui chi è una grande potenza oggi non lo sia più domani. La Guerra fredda paralizzò il sistema di sicurezza collettiva (l’intervento in Corea del 1950 fu reso possibile dalla assenza temporanea del rappresentante sovietico nel Consiglio di sicurezza). Inoltre, diventò subito evidente che alcuni dei membri permanenti, con diritto di veto, ossia Gran Bretagna e Francia, non erano più grandi potenze. Assenza di valori condivisi e mutamenti nella distribuzione della potenza resero impossibile al sistema di sicurezza collettiva di funzionare. L’Onu venne piegato alla logica della competizione bipolare, fra le due superpotenze nucleari. Finita la Guerra fredda, nel periodo detto «unipolare» quando gli Stati Uniti erano ormai l’unica grande potenza rimasta, le Nazioni Unite sembrarono riacquistare la capacità di contribuire alla sicurezza collettiva. Per l’Onu si trattò di una sorta di età dell’oro. Alcuni lo immaginarono, addirittura, come l’embrione di un futuro governo mondiale. Negli anni Novanta si moltiplicarono, sotto le bandiere Onu, le missioni di peace-keeping (di mantenimento della pace)e di peace-enforcing (costruzione della pace in luoghi di guerra). L’Onu registrò, accanto ad alcuni successi, anche alcuni cocenti fallimenti. Il più grave: non avere bloccato i massacri in Ruanda (1994). Nel XXI secolo l’Onu è entrato in una nuova fase. Riflettendo, ancora una volta, i mutamenti negli equilibri di potenza: declino relativo della potenza americana, ascesa cinese, ripresa della antica ostilità russa verso l’Occidente, ricerca di autonomia da parte di varie potenze regionali. Oggi le Nazioni Unite sono il più visibile dei luoghi istituzionali in cui si manifesta il conflitto fra i sostenitori occidentali (che sono sulla difensiva) dell’ordine internazionale a guida statunitense nato dopo la Seconda guerra mondiale e le potenze che vogliono imporre un ordine alternativo.Chi ricorda che la vicenda Onu è fatta di chiari e scuri ha ragione. L’Onu, anche tramite le sue agenzie specializzate, ha svolto compiti importanti e preziosi in molte situazioni. Le sue tante iniziative in materia di sviluppo hanno registrato insuccessi ma anche successi. Le missioni di peace-keeping , quando e se sono state possibili, hanno spesso contribuito a circoscrivere i focolai di violenza. Inoltre, dopo la de-colonizzazione, ottenendo un seggio all’Assemblea delle Nazioni Unite, tanti nuovi Stati, originariamente fragili, vi hanno trovato sostegno e legittimazione. Insomma, sbaglia chi pensa che il bilancio sia solo negativo.
Ma sbaglia anche chi non vede la trasformazione di una istituzione, nata dai lombi della tradizione liberale occidentale, in qualcosa d’altro. Ho citato il caso dell’Iran alla testa del Forum sui diritti umani. Cosa significa? Significa che l’idea di diritti umani, una idea occidentale (la sua origine è il giusnaturalismo cristiano) è stata totalmente stravolta, significa che coloro che hanno messo l’Iran in quel luogo si servono di idee occidentali svuotandole del significato originario, se ne servono per difendere modi di organizzazione del potere e prassi politiche che, dal punto di vista occidentale, sono, dei diritti umani, la negazione. Di quella stessa trasformazione, in senso anti-occidentale, è anche testimonianza la singolare posizione di Stato-paria nella quale l’Onu ha (per la verità, da molto tempo) relegato — ed è l’unico caso — un suo Stato membro, ossia Israele. Senza ripercorrere la lunga storia del rapporto conflittuale fra Israele e l’Onu, è sufficiente confrontare l’attivismo dell’attuale Segretario generale, António Guterres, in difesa di Gaza con i suoi silenzi e la sua inerzia nella vicenda ucraina.
Le Nazioni Unite non sono, naturalmente, né mai saranno, l’embrione di alcun governo mondiale. Sono una tribuna e un’arena. Poiché vi prevalgono, in questa fase, umori e retorica anti-occidentale, gli occidentali dovrebbero coordinarsi meglio per contrastarli. Per il resto, l’Onu serve per misurare i rapporti di forza, per mostrare all’opinione pubblica mondiale chi sia alleato con chi, di volta in volta sia in grado di accaparrarsi i maggiori consensi fra i tanti Stati del mondo. Serve a rendere visibili i cambiamenti degli equilibri di potenza. In questo senso, svolge un’utile funzione. Basta non fingere che sia qualcosa di più.