Le tre manager sono accusate di essere state «evasive». «Alla domanda se invocare il genocidio degli ebrei avesse violato il condice di comportamento - continuano i rappresentanti del Congresso - avrebbero dovuto fornire una sola risposta: sì». Kornbluth, per il Mit, aveva risposto di considerarle un atto di persecuzione se «fossero stati presi di mira individui, non attraverso dichiarazioni pubbliche» e solo nel caso in cui le azioni fossero state «gravi ». Magill, di UPenn, aveva parlatodi «decisione legata al contesto». Alle continue richieste di rispondere con un “sì” o un “no”, aveva aggiunto: «Se il messaggio diventa condotta, può essere persecuzione, sì». Anche Gay, di Harvard, aveva risposto «dipende dal contesto». «Se invocare il genocidio del popolo ebraico non è considerata una violazione al codice - avevano risposto alcuni membri della commissione - allora le vostre università stanno operando con un doppio standard».
Il caso è scoppiato in un momento in cui negli Stati Uniti si registrano centinaia di episodi di antisemitismo, molti dei quali nei campus universitari.
Un miliardario, Bill Ackman, ha sospeso le donazioni ad Harvard. Le tre dirigenti hanno provato a fare marcia indietro. Gay ha definito «vile » invocare il genocidio degli ebrei, e giovedì in un’intervista ha chiesto scusa. «Le parole contano», ha aggiunto. Il board di UPenn ha ribadito la fiducia nella presidente Magill, che però ha deciso di dare le dimissioni, forse anche dopo che un donatore aveva congelato una donazione da cento milioni di dollari.
Alcuni costituzionalisti avevano definito le risposte date in commissione «non scorrette» dal punto di vista del principio della libertà d’espressione, ma i rappresentanti del Congresso hanno deciso di non fermarsi.