Pio XII e papa Francesco David Elber risponde a un lettore
Testata: Informazione Corretta Data: 19 ottobre 2023 Pagina: 1 Autore: David Elber Titolo: «Pio XII e papa Francesco»
Pio XII e papa Francesco
David Elber risponde a un lettore
Papa Francesco
Riporto di seguito la lettera del Sig. Vittorio Colella Albino inviata alla redazione di Informazione corretta, alla quale ha risposto Deborah Fait il 18/10/2023.
Cari amici, da grande amico di Israele, seguo da tempo il vostro sito ed apprezzo davvero i vostri articoli ed il vostro modo di fare informazione. Mi permetto di segnalare il mio stupore a fronte di qualche affermazione contenuta negli ultimi articoli di D. Elber. In particolare, paragonare i presunti silenzi di Pio XII (cui migliaia di ebrei italiani devono la vita) a quelli del mondo palestinese è gravemente sbagliato ed offensivo, anche verso quei cattolici, come il sottoscritto, che da sempre sostengono Israele. Inoltre, Papa Bergoglio, non ha mai nominato Abu Mazen "Angelo della Pace" ma espresse nel lontano 2015 l'auspicio che potesse diventare "Angelo della Pace"; cosa che evidentemente non è accaduta. Con immutata stima
Vittorio Colella Albino
In risposta al Sig. Vittorio Colella Albino:
Essendo stato citato, mi permetto di chiarire alcuni punti relativi al mio articolo intitolato “L’orrendo teatrino della sinistra progressista”, apparso su Informazione Corretta il 14/10/23, nel caso specifico alcune frasi in merito al comportamento di Papa Pio XII e Papa Francesco. Qui riporto le frasi in questione: « […]questa maggioranza è così silente che nessuna organizzazione islamica ha trovato il tempo di scrivere due righe di condanna: silenzio totale. Questo silenzio, ricorda molto da vicino quello di Papa Pio XII, che, come ci è stato spiegato in seguito, è stato fatto per il bene degli ebrei.». Poi, più avanti nell’articolo affermo: «[…] Oppure avrà influito la nomina di Abu Mazen ad “Angelo della pace”, titolo conferitogli da Papa Bergoglio. Essendo questo un titolo a vita, ha di fatto abrogato la necessità di nuove elezioni. La democrazia non è certo a rischio con l’Angelo della pace al governo. ». Qui, ora, mi occuperò, per ragioni di spazio, solamente, della questione relativa a Pio XII e del suo silenzio.
Per prima cosa voglio sottolineare che non fu un “presunto silenzio”, quello di Pio XII, ma fu un “vero silenzio”, e per vero silenzio mi riferisco ad una presa di posizione ufficiale della Chiesa per mezzo di documenti ufficiali o dichiarazioni ufficiali, le quali, in considerazione del peso morale e politico del pontefice, hanno una rilevanza politica molto forte. Se in camera caritatis abbia espresso sostegno per gli ebrei o sdegno per lo sterminio in corso, non ne sono a conoscenza, ma sicuramente non ebbero un impatto politico.
Perché posso affermare che si trattò di un vero silenzio? Perché comparo il suo comportamento con quello del suo predecessore Pio XI. Pio XI, nell’Enciclica “Mit Brennender Sorge” del 1937 fece una dura condanna della politica razzista della Germania di Hitler. Levò duramente la sua voce, è fu l’unico a farlo, contro un razzismo antisemita che aveva ormai abbracciato ogni ambito dello Stato e della società tedesca. Inoltre, Pio XI, poco prima della sua morte, all’inizio del 1939, aveva elaborato e quasi concluso una nuova enciclica, la “Humani Generis Unitas”, con la quale condannava, fermamente, le leggi razziali approvate dalla Stato italiano nel 1938 e il suo antisemitismo. Papa Pio XII non ebbe il coraggio, o la volontà di finirla e di promulgarla per non scontrarsi con il regime fascista e decise così di insabbiarla. Il testo di tale enciclica rimase segreto negli archivi vaticani fino al 1995.
Come si può capire la voce “ufficiale” di Pio XI fu sostituita dal silenzio altrettanto “ufficiale” di Pio XII. A quanto detto, si può aggiungere un’altra importante voce della Chiesa cattolica. Mi riferisco alla lettera pastorale dei vescovi cattolici tedeschi del 26 giugno del 1941. Questa lettera fu una dura accusa contro il regime nazista (si citava anche l’Enciclica Mit Brennender Sorge) per il programma di eutanasia applicato dai nazisti contro i disabili, gli invalidi e i malati di mente. Tale disumano programma si chiamava Aktion T4. La dura posizione assunta dai vescovi cattolici tedeschi creò delle serie preoccupazioni nelle alte sfere del regime, tanto è vero che, il 24 agosto 1941, tale programma fu ufficialmente chiuso (segretamente continuò con numeri ridotti nei campi di sterminio). Questo episodio indica che qualche cosa si poteva fare se una voce forte e autorevole si fosse levata.
Per quanto concerne il fatto che a Papa Pio XII “alcune migliaia di ebrei devono la vita”, bisogna specificare alcuni punti. Per prima cosa, è vero che i conventi e altri istituti religiosi diedero rifugio ad alcune migliaia di ebrei, ma non ci fu mai un ordine “ufficiale” del Papa in tal senso. Si è accertato che Pio XII diede il suo assenso affinché ogni istituto religioso decidesse, in maniera autonoma, su come comportarsi in base alla situazione contingente e di pericolo. Fu più una politica di “non respingimento” più che un’opera di salvataggio vera e propria. E di questo il popolo ebraico è sempre stato grato ai religiosi che a rischio della propria vita salvarono la vita di molti ebrei. Molti sono onorati allo Yad Vashem. Però, è da sottolineare un altro aspetto meno nobile e mi riferisco alla conversione di molti bambini ebrei che dopo la fine della guerra non furono più consegnati ai familiari superstiti. Di questi casi non si conosce il numero esatto, però, si sa che non furono pochi. Di queste vicende se ne occupò anche il rabbino capo di Israele, Isaac Herzog, che dopo molte insistenze e pressioni politiche fu ricevuto, mal volentieri, da Pio XII. Il Papa rimase trincerato sugli stessi principi addotti da Pio IX nel caso Mortara: i bambini ebrei convertiti dovevano rimanere in seno alla Chiesa cattolica. Ma vi fu il caso, ad esempio, di alcuni familiari di due bambini ebrei francesi che non si diedero per vinti. Iniziò, così, un’odissea di processi, tribunali e scontri giudiziari che durarono 8 anni. Anche in seguito a un ordine del tribunale di restituire i due fratellini, il clero francese non solo si oppone, ma per nasconderli, fece cambiare loro il nome e li fece espatriare nella Spagna franchista. Questo atto portò all’arresto di una direttrice di un istituto religioso nel sud della Francia. L’affaire cominciò ad interessare la stampa, la politica e la giustizia francese, creando molto scalpore: vennero coinvolti anche altri Stati, compresa la Spagna e lo Stato d’Israele. Alla fine (nel 1953) i fratellini Finaly furono restituiti ai familiari. Molti altri non furono così fortunati.
Un’ultima breve annotazione, per far comprendere il “clima” dell’epoca, va fatta in merito alla posizione di molte figure ecclesiastiche relativamente alle leggi razziali. Nel 1943, dopo la caduta del regime fascista e l’istaurazione di un governo provvisorio, anche il Vaticano si interessò alla decisione del nuovo esecutivo che decise per l’abrogazione delle leggi razziali. La questione fu affrontata dal Cardinale Luigi Maglione, allora Segretario di Stato vaticano, e dal gesuita Pietro Tacchi Venturi. Tacchi Venturi riteneva che alcuni articoli delle leggi razziali avrebbero dovute essere abolite solo per gli ebrei convertiti al cristianesimo e si sarebbero dovute mantenere, invece, le restrizioni per coloro che appartenevano ancora all’ebraismo. Il carteggio tra i due non chiarisce in maniera inequivocabile la posizione di Pio XII a tal proposito, ma è chiaro che per molti in Vaticano alcune restrizioni antiebraiche sarebbero dovute rimanere in vigore nel nuovo Stato.
Per quanto esposto, a mio avviso, un silenzio da parte di Pio XII c’è stato ed è stato doloroso.