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Bet Magazine Rassegna Stampa
14.07.2023 Kundera e gli ebrei
Analisi di Marina Gersony

Testata: Bet Magazine
Data: 14 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: Marina Gersony
Titolo: «Addio a Milan Kundera, il romanziere e dissidente ceco che amava Israele e gli ebrei»

Riprendiamo da BET Magazine-Mosaico, con il titolo "Addio a Milan Kundera, il romanziere e dissidente ceco che amava Israele e gli ebrei", l'analisi di Marina Gersony.

https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/personaggi-e-storie/addio-a-milan-kundera-il-romanziere-e-dissidente-ceco-che-amava-israele-e-gli-ebrei/

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Marina Gersony

Ester Moscati, Autore presso Mosaico
Milan Kundera

È morto Milan Kundera, il prolifico romanziere ceco naturalizzato francese. La notizia del suo decesso è stata annunciata mercoledì da un portavoce della Biblioteca di Milan Kundera a Brno, capoluogo della Moravia meridionale e città natale dello scrittore spirato a Parigi all’età di 94 anni. «Purtroppo, posso confermare che il signor Milan Kundera è deceduto martedì 11 luglio dopo una lunga malattia», ha dichiarato il portavoce. Noto per la sua vasta produzione letteraria che include poesie, saggi, spettacoli teatrali e romanzi, tra cui l’universalmente acclamato L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984), è stato riconosciuto come uno dei più grandi scrittori del XX secolo e uno dei principali esponenti del romanzo europeo contemporaneo. Le sue opere hanno scandagliato l’enigma della condizione umana nella società moderna e indagato l’amore, la libertà individuale, l’identità e la memoria. Nelle pagine de L’arte del romanzo (1986), ha dipinto la vita come una trappola insidiosa fin dal momento della nascita: «una trappola che abbiamo sempre conosciuto: nasciamo senza averlo chiesto, imprigionati in un corpo che non abbiamo mai scelto, e destinati alla morte». Una delle ultime volte in cui si è presentato in pubblico risale al gennaio 1984, quando è stato ospite di Bernard Pivot, conduttore del programma Apostrophes. Ribelle e difficilmente incasellabile, Kundera è noto per il suo stile penetrante e tagliente e le trame celebrali. Le cronache lo descrivevano come un uomo schivo, scettico, che detestava le luci dei riflettori e non sopportava i cliché, uno fra tutti quello del dissidente. Prediligeva la discrezione, l’ironia e lo scherzo. Insieme alla consorte Věra Hrabanková, erano considerati la coppia più riservata di Parigi (la sua prima moglie era la cantante di operetta Olga Haasová). Nonostante le candidature al Nobel, non cercava riconoscimenti e onorificenze. E, come qualcuno ha osservato, per quel Premio era probabilmente troppo bravo. L’erotismo emergeva nei suoi romanzi, rivelando situazioni complesse e provocatorie. Sebbene abbia iniziato a scrivere in ceco, successivamente si è dedicato esclusivamente al francese, arricchendo così il suo bagaglio letterario. Kundera ha espresso più volte pubblicamente la sua simpatia per gli ebrei e per Israele. A Brno, la sua città natale, gli ebrei avevano vissuto periodi di ascesa e periodi bui nel corso della Storia. Durante l’occupazione tedesca negli anni 1939-1945, i nazisti ne assassinarono 12.000. Kundera aveva una profonda conoscenza e ammirazione per gli ebrei, riconoscendo il loro significativo contributo economico e culturale alla società morava. Allo stesso tempo, era consapevole delle terribili persecuzioni che avevano subito. Nel momento in cui ritirò il prestigioso Jerusalem Prize for the Freedom of the Individual in Society, conferitogli nel 1985, disse: «La circostanza che il premio più importante di Israele sia destinato alla letteratura internazionale non è una coincidenza, bensì riflette una lunga tradizione. Le grandi personalità ebraiche, distanti dalla loro terra d’origine e libere dalle passioni nazionaliste, hanno sempre manifestato un sentimento straordinario nei confronti di un’Europa transnazionale, un’Europa concepita non come un territorio ma come una cultura». Ha quindi aggiunto: «Nonostante l’Europa li abbia delusi in modo così tragico, gli ebrei hanno mantenuto saldamente la loro fede in quel cosmopolitismo europeo. Israele, la loro piccola patria finalmente riconquistata, mi sembra il vero cuore dell’Europa – un cuore stranamente situato al di fuori del corpo». (In fondo alla pagina l’articolo originale del New York Times dal titolo “Kundera accetta il Jerusalem Prize”, pubblicato il 10 maggio 1985). Come riporta Alliancefr.com, nel saggio Un Occident kidnappé: ou la tragédie de l’Europe centrale, Gallimard, uscito in Italia per Adelphi con il titolo Un Occidente prigioniero o la tragedia dell’Europa centrale – Kundera parlò degli intellettuali ebrei ai quali rese omaggio senza il minimo riserbo: «E tutti quelli che ho appena nominato sono ebrei… Ecco perché li amo e conservo la loro eredità con passione e nostalgia, come se fosse la mia eredità personale. Un’altra cosa mi rende così cara la nazione ebraica; è nel suo destino che mi sembra concentrato il destino mitteleuropeo… Infatti, che cosa sono gli ebrei, se non una piccola nazione, la piccola nazione per eccellenza, l’unica tra tutte le piccole nazioni di tutti i tempi che ha sopravvissuto agli imperi e alla devastante marcia della storia?». In Israele, Kundera è tutt’ora un autore molto popolare e molto letto. Alcune delle sue opere sono state pubblicate anche in arabo. Tuttavia, durante la Fiera del libro al Cairo nel 2007, lui e altri autori erano stati banditi dalla censura. Stesso trattamento per i libri che parlavano di sessualità e di politica. Milan Kundera nacque il 1° aprile 1929 a Královo Pole, un quartiere di Brno, nella Cecoslovacchia (ora Repubblica Ceca), da una famiglia colta e borghese. Suo padre, Ludvík Kundera, era un importante musicologo e pianista, mentre sua madre, Milada Kunderová, lavorava come insegnante. Fin dalla giovinezza, il futuro scrittore coltivò la sua passione per la letteratura e la musica. Studiò a Praga, dove sviluppò le sue abilità al pianoforte, una melodia che avrebbe continuato a risuonare nelle pagine delle sue opere. Dopo aver completato gli studi di letteratura presso l’Univerzita Karlova, prestigioso istituto universitario ceco con sede a Praga, Kundera si dedicò alla sua carriera letteraria. Tuttavia, il suo spirito indipendente e la sua scrittura lo portarono presto a scontrarsi con le autorità del regime, nonostante la sua professione di fedeltà al comunismo. Insegnò anche presso una scuola di cinema, contando tra i suoi studenti il futuro regista premio Oscar Milos Forman. La sua vita politica fu caratterizzata da alti e bassi. Dopo essersi iscritto al Partito Comunista nel 1948, venne espulso due anni dopo a causa del suo coinvolgimento con il movimento letterario «Il gruppo di Brno» e delle sue critiche al regime. Tuttavia, nel 1956, venne riammesso, diventando un punto di riferimento per le discussioni dell’epoca. Il suo sostegno alla Primavera di Praga nel 1968 ebbe gravi conseguenze: perse il suo incarico di docente e subì una seconda espulsione dal partito nel 1970, in seguito alla violenta repressione dell’invasione delle truppe del Patto di Varsavia. Kundera, simbolo del movimento e delle sue idee di apertura e libertà, fu sottoposto a stretta sorveglianza e la pubblicazione delle sue opere fu limitata nel suo Paese. Nel 1975, fu privato della cittadinanza cecoslovacca e si trasferì in Francia, dove ottenne la cittadinanza francese nel 1981 (sebbene la sua cittadinanza cecoslovacca fosse stata revocata nel 1979, gli è stata concessa la cittadinanza ceca nel 2019). A Parigi, il romanziere trovò la libertà di esprimere le sue idee e continuò a scrivere con grande successo. Insegnò anche presso le università di Rennes e Parigi, immergendosi nella vibrante scena letteraria francese. Le sue opere, caratterizzate da profonde riflessioni e audaci narrazioni, suscitarono controversie e critiche nel suo Paese natale, ma allo stesso tempo attrassero ammirazione a livello internazionale. Dopo la Primavera di Praga, le opere di Kundera furono vietate in patria, solo nel 2006 l’autore concesse il permesso di pubblicare il suo celebre romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere nella Repubblica Ceca, il luogo che amava profondamente. Tra i numerosi premi e onorificenze, spicca il prestigioso Jerusalem Prize for the Freedom of the Individual in Society, conferito a Kundera nel 1985, in riconoscimento della sua lotta per la libertà, espressa attraverso la sua scrittura. Nonostante le difficoltà incontrate durante il periodo del regime comunista in Cecoslovacchia, Kundera ha perseverato e ha continuato a offrire una voce coraggiosa e indipendente attraverso le sue opere letterarie. Il Jerusalem Prize, fondato nel 1963, è un riconoscimento letterario biennale assegnato a scrittori il cui lavoro sia connesso con i temi della libertà dell’uomo, della società, della politica e del governo.

Di seguito l’articolo originale del 10 maggio 1985, apparso nella Sezione C, a pagina 28, dell’edizione nazionale del The New York Times con il titolo: «Kundera accetta il Jerusalem Prize»:

Milan Kundera ha ritirato mercoledì il Jerusalem Prize per la Letteratura con un intervento in cui ha definito il romanzo «il paradiso immaginario degli individui» e «il territorio dove nessuno possiede la verità», ma dove «tutti hanno il diritto di essere compresi». Allo scrittore ceco, ora cittadino francese, è proibito per motivi politici vivere o pubblicare nel proprio Paese. Andò in esilio nel 1975 dopo che la breve libertà della Primavera di Praga del 1968 fu soffocata dall’invasione sovietica della Cecoslovacchia. I romanzi più recenti di Mr. Kundera, Il libro del riso e dell’oblio e L’insostenibile leggerezza dell’essere, hanno portato i critici a collocarlo ai massimi livelli della letteratura internazionale. Nel suo discorso, ha attaccato uomini privi di senso dell’umorismo, idee convenzionali e kitsch, o arte sentimentale popolare, come il «nemico a tre teste» del romanzo. Il fatto che «il premio più importante di Israele venga assegnato alla letteratura internazionale», ha affermato Kundera, non è dovuto al caso, ma a una lunga tradizione: «Sono le grandi figure ebraiche che, lontane dalla loro terra d’origine e quindi al di sopra passioni nazionaliste, hanno sempre manifestato un sentimento eccezionale per un’Europa sovranazionale, un’Europa concepita non come territorio ma come cultura». Ha quindi proseguito: «Anche dopo che l’Europa li ha delusi così tragicamente, gli ebrei hanno comunque mantenuto fede a quel cosmopolitismo europeo; e Israele, la loro piccola patria finalmente riconquistata, mi sembra il vero cuore dell’Europa – un cuore stranamente situato fuori dal corpo». Il premio, formalmente intitolato Jerusalem Prize for Literature on the Freedom of Man in Society, è stato assegnato, tra gli altri, a Bertrand Russell, Graham Greene e Eugene Ionesco. È stato presentato alla 12a Fiera Internazionale del Libro di Gerusalemme, che si è aperta questa settimana con la partecipazione di oltre 1.000 editori provenienti da 40 Paesi. «È come romanziere» piuttosto che come «scrittore» che ha accettato il premio, ha detto Kundera, perché «il romanziere è colui che, secondo Flaubert, cerca di scomparire dietro la propria opera». Il Sig. Kundera ha aggiunto che «non è facile di questi tempi, quando qualsiasi cosa di minima importanza deve entrare nell’intollerabile bagliore dei mass media», facendo sì che l’opera «scomparisca dietro l’immagine del suo autore». Citò una massima ebraica, «L’uomo pensa, Dio ride», per illustrare la sua affettuosa idea che «Francois Rabelais udì un giorno la risata di Dio, e così nacque l’idea del primo grande romanzo europeo». Pensare, diceva, «che l’arte del romanzo sia venuta al mondo come l’eco del riso di Dio». Ha parlato di una parola che Rabelais ha preso dal greco – «agelaste» – e ha detto che significa «un uomo che non ride, che non ha senso dell’umorismo». Kundera ha detto: «Nessuna pace è possibile tra il romanziere e l’agelaste. Non avendo mai sentito il riso di Dio, gli agelasti sono convinti che la verità sia ovvia, che tutti gli uomini pensino necessariamente la stessa cosa. . . Ma è proprio perdendo la certezza della verità e il consenso unanime degli altri che l’uomo diventa un individuo». («Agelaste» è una parola di derivazione greca che indica coloro che non ridono, quelli che non hanno il senso dell’umorismo, quegli individui che, come ci ricorda Milan Kundera, «sono persuasi che la verità sia chiara, che tutti gli uomini dovrebbero pensare la stessa cosa e che loro sono esattamente ciò che immaginano di essere», cit. Javier Cercas, La Stampa, 2011).

La stupidità è «non pensiero»
Il romanziere è tornato a Flaubert, dicendo che è stato lui a descrivere la stupidità non solo come una semplice mancanza di conoscenza correggibile con l’educazione, ma come «un aspetto integrale dell’esistenza umana». Il non pensiero delle idee convenzionali». Negli anni Trenta, ha detto Kundera, un altro nemico dell’arte del romanziere – «kitsch», parola tedesca nata nel XIX secolo – fu aggiunto al vocabolario della letteratura da un altro grande romanziere, il viennese Hermann Broch. Broch ha detto che il romanzo moderno è stato sopraffatto dal kitsch. Mr. Kundera ha detto che «Kitsch traduce la stupidità delle idee convenzionali nel linguaggio della bellezza e del sentimento». Il romanziere ceco ha aggiunto: «L’agelaste, il non pensiero delle idee convenzionali e del kitsch è lo stesso nemico a tre teste di quell’arte nata come eco del riso di Dio, l’arte che è riuscita a creare l’affascinante regno dell’immaginazione dove non c’è uno è il possessore della verità e dove ognuno ha il diritto di essere compreso». Il signor Kundera ha sottolineato che è stata la «saggezza del romanzo» che ha voluto onorare nel suo discorso di ringraziamento, «Ma è ora che mi fermi», ha detto. «Stavo dimenticando che Dio ride quando mi vede pensare».

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